Il test del Dna ha fugato ogni dubbio: è di Massimo Bochicchio il corpo carbonizzato nell’incidente avvenuto domenica lungo via Salaria, a Roma. La procura della Capitale aveva disposto l’esame per confermare che la vittima dello schianto in moto fosse proprio il broker accusato di aver truffato per almeno 70 milioni di euro diversi personaggi del mondo del calcio e persone della “Roma Bene”. A confermare che il corpo sia il suo ci sono anche i resti del braccialetto elettronico trovato sul luogo dell’incidente. Bochicchio era infatti agli arresti domiciliari e aveva il permesso di uscire due ore al giorno.
I pm hanno aperto un fascicolo in cui si ipotizza, a carico di ignoti, il reato di istigazione al suicidio. Una scelta obbligata per poter svolgere tutti gli accertamenti sui resti del broker casertano a iniziare dall’autopsia. L’esame del medico legale sul cadavere è iniziato martedì mattina e dovrà ricostruire la causa della morte. Dai primi risultati dell’esame effettuato alla Sapienza, emerge che sarebbe morto a causa dei traumi dovuti all’incidente, mentre non ci sono segni macroscopici di eventi cardiaci. Tuttavia per capire se Bochicchio abbia avuto un malore prima dell’incidente saranno necessari ulteriori accertamenti che richiederanno almeno 60 giorni. Le fiamme sprigionate dalla moto potrebbe essere stata una concausa della morte. Come da prassi sono stati effettuati anche prelievi tossicologici.
Bochicchio era ai domiciliari nella sua casa nella Capitale, ma domenica mattina è uscito con la sua moto – una Bmw – grazie al permesso di circolare liberamente, grazie al braccialetto elettronico, per due ore ogni giorno. Stava percorrendo la Salaria quando si è schiantato contro un muro all’altezza dell’aeroporto dell’Urbe: la moto si è incendiata e Bochicchio è morto carbonizzato. Tra le persone ritenute truffate da Bochicchio ci sono diversi personaggi del mondo dello sport, da Marcello Lippi a Stephan El Shaarawi fino a Patrice Evra e Antonio Conte. Dopo una fuga durata diversi mesi tra Hong Kong e Singapore, il broker era stato arrestato in un’operazione dell’Interpol a Giacarta.
In base a quanto emerso dalle indagini, il broker, attraverso due società inglesi a lui stesso riconducibili e prive della necessaria autorizzazione ad operare, avrebbe prestato abusivamente servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio. Gli investitori sono stati attirati, tra l’altro, dalla promessa di rendimenti elevati – a fronte di un profilo di rischio sostanzialmente nullo – e dall’esibizione di documenti attestanti che una di queste società era controllata da una primaria banca internazionale. Dopo le iniziali promesse di rendere indietro quanto investito, l’indagato – secondo quanto emerge dalle denunce – avrebbe interrotto ogni tipo di comunicazione coi clienti, che si sono rivolti all’Autorità giudiziaria.