Un anno di amministrazione giudiziaria perché – attraverso “reiterate condotte estorsive” con metodo mafioso – alcuni uomini di ‘ndrangheta erano riusciti ad “assoggettare” dirigenti e dipendenti al loro “volere”. Per i giudici della Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano la Spumador, storica azienda comasca di bevande gassate, stava vivendo una “grave situazione di infiltrazione mafiosa” almeno dal 2018 e ancora “perdurante”. Il nome della società comasca – fatturato da 200 milioni di euro all’anno – era comparso in una maxi-inchiesta della Dda di Milano, coordinata dai pm Sara Ombra e Pasquale Addesso, che nel novembre 2021 portò a 54 arresti.

Per la prima volta la Sezione misure di prevenzione del Tribunale ha preso questo tipo di decisione nei confronti di un’azienda che è stata sì vittima delle intimidazioni dei clan, ma che, anche dopo gli arresti di fine novembre, avrebbe continuato ad avere rapporti contrattuali “con ulteriori soggetti, a loro volta legati” agli arrestati. Una delle società riconducibili a soggetti vicini agli arrestati che proprio da novembre in poi ha avuto un “aumento esponenziale” degli importi fatturati alla Spumador.

Secondo i giudici Roia, Tallarida e Pontani, tra il 2018 e il novembre 2021 (data degli arresti) c’è stato un “totale assoggettamento” di Spumador alle “pretese estorsive avanzate dagli esponenti della famiglia Salerni con modalità tipicamente mafiose”. E la “direzione della società” sarebbe stata “pienamente consapevole”, ma per lungo tempo è “rimasta inerte”. Adesso l’amministratore giudiziario Alberto Dello Strologo, si legge nel decreto che ha disposto l’amministrazione, dovrà “analizzare i contratti in corso nel precipuo settore di infiltrazione”, il trasporto merci, da parte della ‘ndrangheta e “a rimuovere” quei rapporti con persone legate direttamente o indirettamente alle cosche.

Come era già emerso mesi fa dagli atti, Attilio Salerni, col fratello Antonio, due dei fermati a novembre nella tranche lombarda dell’indagine, sarebbero stati gli esecutori materiali “di violenze e minacce nei confronti dei dirigenti” della Spumador. Attraverso intimidazioni i due avrebbero acquisito “il controllo e la gestione delle commesse di trasporto ‘conto terzi'” dell’azienda comasca “per il tramite di Sea Trasporti”, società a loro riconducibile. E avrebbero partecipato “al ‘cartello’ di imprese”, insieme anche alle famiglie della ‘ndrangheta Palmieri e Stillitano, con le quali avrebbero monopolizzato “le commesse di Spumador” utilizzando pure altre due aziende e “continuando a ripartire i profitti complessivamente ottenuti (dal 2015 al 2019)” di oltre 1,1 milioni di euro.

“Faccio 400mila euro all’anno (…) ho chiuso con 4 milioni e 8 … di fatturato … stavo arrivando a 5 milioni”, così parlava Salerni nel maggio 2020 mentre era intercettato. Parole che per i giudici evidenziano il “suo ruolo di forza all’interno di Spumador” nel “monopolio” delle commesse, anche attraverso “‘padroncini’ fatti entrare da lui, garantendogli un considerevole aumento di fatturato”. Tramite le intercettazioni e le testimonianze di dirigenti e dipendenti, i giudici hanno accertato una “oggettiva agevolazione” da parte di Spumador “in favore” di presunti affiliati alla ‘ndrangheta, che ricorrevano sistematicamente “all’intimidazione e alla violenza fisica”, instaurando così un “grave regime di sopraffazione” nei confronti della stessa azienda.

Si va dal “guarda che adesso vengo lì e sparo” all’”accendiamo un po’ di fuoco a uno là”, dal “gli devo far passare un brutto quarto d’ora” al “gli faccio una faccia quanto un pallone”. Nel decreto i giudici dedicano un ampio capitolo agli “episodi estorsivi ai danni di Spumador” partendo dalla denuncia di quattro anni fa dei vertici della azienda in cui si parlava di “comportamenti intimidatori” e di aggressioni fisiche, come quella a un magazziniere, da parte dei fratelli Salerni, per “ottenere l’assegnazione di alcune tratte a discapito” di altre ditte concorrenti. “Si tratta – scriveva l’ad della Spumador – di minacce di morte e di fare stragi all’interno dell’ufficio”.

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