Continuano gli interrogatori a Martina Patti, 23 enne accusata dell'omicidio della figlia di 5 anni. Il gip di Catania: "Deve essere stata necessariamente nel pieno delle sue facoltà" anche se la donna racconta di non ricordare molto
Altre dichiarazioni da parte di Martina Patti sull’omicidio della figlia di 5 anni, Elena Dal Pozzo. La donna al momento si trova in una cella del carcere di Piazza Lanza, a Catania, accusata di aver ucciso la bambina con 11 coltellate. Come riportato dal Corriere della Sera e da La Sicilia, Martina nonostante il tentativo di “lasciar credere di avere agito senza una piena consapevolezza”, è “lucida e calcolatrice” e se non arrestata “potrebbe darsi alla fuga” ha affermato il gip di Catania, Daniela Monaco Crea tra le pagine dell’ordinanza cautelare in carcere emessa nei confronti della 23enne. La piccola Elena, “vittima di una morte violenta particolarmente cruenta e anche lenta”, è stata uccisa da una donna che in tutte le fasi dell’omicidio “deve essere stata necessariamente nel pieno delle sue facoltà”, trovandosi “in condizioni fisiche e psichiche idonee all’agire”.
Al gip la donna ha confessato di ricordare di aver portato “Elena in un campo” e di averle fatto del male, ma “non ricordo altro”, se non di avere “una cosa lunga, una specie di coltello” con sé. La 23enne afferma di non ricordare dove e in che modo se lo sia procurato. Arma del delitto che non è ancora stata trovata dagli agenti. Sul momento in cui colpisce la piccola rivela di avere ricordi offuscati “perché ero girata e non volevo guardare”. “Perché uccidere un figlio in tenera età – scrive il gip – e, quindi indifeso, oltre a integrare un gravissimo delitto, è un comportamento innaturale, ripugnante, eticamente immorale, riprovevole e disprezzabile, per nulla accettabile in alcun contesto, indice di un istinto criminale spiccato e di elevato grado di pericolosità”. Inoltre il giudice sottolinea che Martina non ha manifestato segni di pentimento: “ha inscenato il rapimento con estrema lucidità e non ha manifestato segni di ravvedimento”. “Tutti elementi che denotano una particolare spregiudicatezza, insensibilità, assoluta mancanza di resipiscenza” ha aggiunto Crea.
Nell’ordinanza sono riportati i pensieri estremamente confusi della 23enne. I diversi “non ricordo” pronunciati dalla donna: “non ricordo cosa sia passato nella mia mente quando ho colpito mia figlia, anzi posso dire che non mi è passato nessun pensiero, come se in quel momento fossi una persona diversa”, “non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ma ho un ricordo molto annebbiato”, “non ricordo di aver sotterrato la bambina, ma sicuramente sono stata io”. L’unico pensiero ancora in mente, quando si è recata al campo dove è stato rinvenuto il cadavere della piccola: “avevo con me una busta di plastica di colore nero che ho strappato dal rotolo prima di uscire di casa”, ha dichiarato.