di Stefania Rotondo
L’Ue, il ventre molle del mondo, si trova nel bel mezzo di una ‘non dichiarata’ terza guerra mondiale, ma con una serie di dossier da guerra mondiale da gestire e risolvere. La recessione economica alle porte, la dipendenza energetica con la Russia, le conseguenze alle sanzioni sul petrolio in parte adottate, le decisioni che andranno prese sulle sanzioni al gas da attuare nel prossimo Consiglio Europeo, la crisi del grano bloccato nei porti ucraini che se non risolta affamerà mezza Africa con la certezza di una nuova ondata emigratoria verso il vecchio continente, la mancata importazione in Occidente dei fertilizzanti, la transizione ecologica, l’inflazione che galoppa. Una tempesta perfetta che farebbe tremare le gambe a qualunque governante.
Carisma, intelligenza, leadership. Queste le caratteristiche di cui ora hanno bisogno i vertici delle istituzioni europee. Adesso, come nel periodo pandemia, sarebbe necessario un nuovo Recovery Fund ad hoc per gli aiuti di Stato, che consenta alle famiglie, alle imprese più fragili, a quelle ad alta intensità di gas e a quelle esposte alla concorrenza internazionale, di poter affrontare lo shock dei prezzi. “Dobbiamo prendere decisioni. L’Ue cambierà più con la guerra che con la pandemia”, disse Macron al Consiglio Europeo di marzo, parlando di un piano straordinario per la ripresa. Ma del Recovery ‘war’ non si hanno più notizie.
Dunque, leadership e intelligenza. Gli elementi chiave della gestione Bce di Super Mario, che dal 2011 al 2019 avviò il Quantitative easing per aumentare la moneta a debito in circolazione facendo acquistare alla Banca Centrale titoli di Stato dell’eurozona per 60 miliardi di euro, permettendo di fronteggiare la crisi del debito europeo in seguito alle turbolenze del subprime e del mercato immobiliare Usa. E così Super Mario salvò l’euro.
‘Whatever it takes’ sono considerate le parole più potenti della storia delle banche centrali. Ma ormai i tempi di ‘a ogni costo’ paiono finiti. Oggi la personalità più influente per le scelte della Bce non è Lagarde a Francoforte, ma una persona che sta al Cremlino, che con l’efferata invasione dell’Ucraina ha fatto schizzare i prezzi di fonti energetiche e di materie prime. Il conseguente aumento dell’inflazione e la possibile stagflazione ha costretto la Bce e la Fed ad aumentare il costo del denaro, con la speranza di spingere i piccoli investitori verso una minore predisposizione al rischio. In poche parole, ad un’inferiore domanda corrisponderebbe una correzione al ribasso dei prezzi. Ma l’avanzare dell’inflazione ha anche aumentato il rendimento dei titoli di Stato. Ciò significa che gli Stati dovranno pagare di più al momento della restituzione del prestito. Ecco perché Super Mario, in una fase di crisi differente per alcuni aspetti, ma simile per altri, ha sostenuto emissioni attraverso il Qe, che finiranno di essere acquistati dal 1° luglio. La Lagarde ha chiuso il bazooka di Draghi, e senza un acquirente forte come la Bce i bond europei, e soprattutto italiani, stanno perdendo valore. Il rendimento sta aumentando con uno spread di nuovo sulla soglia di allarme.
‘Non siamo qui per chiudere gli spread’, dice Lagarde. In queste parole c’è tutta la differenza con il Draghi del whatever it takes, capace di rassicurare con una frase le sale operative della finanza mondiale. Super Mario ha avuto la leadership di forzare i limiti dello statuto Bce, che ha l’ossessione della stabilità, sconfinando spesso nel sostegno alla crescita e all’occupazione e richiamando all’ordine i governi. Una politica economica estensiva, conquistata con battaglie in Consiglio, oggi inimmaginabili.
Il mandato del segretario generale Nato scadrà nel 2023. Quello della Commissione Ue nel ‘24, e forse la Lagarde verrà richiamata da Macron come primo ministro. Super Mario sta ricompattando il versante franco-tedesco-italiano, in Europa e non solo. Quali dei tre incarichi all’Occidente converrà che Super Mario (ri)conquisti ‘a ogni costo’?