Società

‘La scelta di Enea’ di don Luigi Maria Epicoco: un viaggio attraverso le diverse stagioni della vita

“Bisogna salvare il seme. Questo è il nostro compito. È questa la salvezza, è questo quello che ha fatto Enea, è questo quello a cui siamo chiamati tutti noi”. Lo scrive don Luigi Maria Epicoco, filosofo e teologo, assistente ecclesiastico del dicastero per la comunicazione della Santa Sede, nel suo ultimo libro intitolato La scelta di Enea (Rizzoli). “Dobbiamo salvare il seme: salvando il seme salveremo il mondo che, in fondo, per chi crede, è salvare un viaggio che ci conduce a una meta che ancora nessuno di noi ha perfettamente idea di come sia e di quale sia il suo nome, il nome della fine del viaggio”. Epicoco ricorda che “neanche Enea poteva conoscere il nome e la fine del suo viaggio. La sua morte è una morte strana, la morte che non ce lo fa ritrovare. Qualcuno pensa che siano stati gli dei a rapirlo, ma forse dietro questa morte che non può essere indicata e rinchiusa dentro un sepolcro è prefigurata un’altra morte, una morte che qualcuno un giorno avrà vinto per tutti e proprio per questo non può essere più rinchiusa in nessun sepolcro. Partecipiamo così a questo tipo di risurrezione tutte le volte che partecipiamo a questo tipo di inizio”.

Il testo di Epicoco, che si prefigura di tracciare “una fenomenologia del presente”, come si legge nel sottotitolo, fotografa in modo molto efficace l’attuale panorama sociale, soprattutto dopo la pandemia. “L’uomo – scrive l’autore – è un essere imitativo, apprende la vita con gli occhi. Questo è il motivo per cui in ogni tempo e in ogni luogo ha sempre fissato lo sguardo su qualcuno per capire se stesso. Nascono così le grandi storie che hanno attraversato i secoli come l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide, ma anche testi sacri come la Bibbia o in tempi più recenti la Divina commedia, le opere di Shakespeare, o Il Signore degli anelli di Tolkien”.

Il sacerdote precisa che “qualcuno, leggendo questo accostamento di generi ed epoche diversi, potrebbe restare inorridito, ma la mia considerazione non è letteraria, filosofica, filologica, o di qualunque altro genere, è solo quella di chi è convinto che ogni uomo è immerso in un immaginario che lo guida, e che chiunque riesce a entrare in quell’immaginario e a condizionarlo ne condiziona la vita, ne diventa la variabile più decisiva”.

La fine di Troia e la conseguente fuga di Enea con il padre Anchise sulle spalle diventano così la metafora di un viaggio che Epicoco percorre attraverso le diverse stagioni della vita, soffermandosi in particolare sulla vecchiaia e il dialogo che essa deve avere con le nuove generazioni e viceversa. Nelle pagine nel volume riecheggia ovviamente la Sacra Scrittura, ma anche il magistero di Papa Francesco di cui il sacerdote è uno dei principali collaboratori, soprattutto per quello che concerne la stesura di discorsi, lettere e documenti fondamentali del pontificato.

“Dichiaro fin da subito – scrive Epicoco – che per me è inevitabile avere come punto di riferimento l’esperienza cristiana, poiché parto dalla convinzione che il messaggio del Vangelo e soprattutto la persona di Gesù siano lo sguardo più realistico e allo stesso tempo più positivo che si possa avere sul mondo e sulla vita. Si può non credere in Gesù ma non trovo ragioni più grandi delle sue. È lui, a mio parere, colui che meglio di Enea ha tenuto insieme ogni frammento e ogni sfaccettatura della realtà, del cielo e della terra, della vita dell’uomo. Ecco perché molte riflessioni contenute in queste pagine hanno come sfondo l’immaginario biblico”.

L’invito ai lettori è chiaro: “Mi auguro – scrive l’autore – che questo contributo possa essere d’aiuto in un tempo come il nostro che scarseggia di speranza e ha bisogno di guardare e di credere nella primavera in attesa sotto la neve dell’inverno che stiamo vivendo. Possano queste pagine provocare in noi quella medesima potente ‘scelta di Enea’ che alla tragedia rispose osando la vita nonostante tutto”. Più che una provocazione, è un invito di cui l’uomo contemporaneo ha sicuramente bisogno e anche per questo si deve essere grati a Epicoco.