In una nota, il gruppo di San Donato Milanese fa sapere che "dall’annuncio da parte di Eni e Plenitude dell’Intention to float (l'intenzione di aprirsi al mercato, ndr), lo scorso 9 giugno, le condizioni di mercato si sono deteriorate. Eni ha valutato che la volatilità e l’incertezza che attualmente coinvolgono i mercati richiedano un’ulteriore fase di monitoraggio", si legge. A pesare l'impennata del prezzo delle materie prime e lo spettro di una recessione mondiale
Eni rinvia la quotazione in borsa di Plenitude, la controllata creata per gestire gli investimenti sulle rinnovabili e i clienti luce&gas. Lo ha annunciato il gruppo di San Donato Milanese con una nota, nella quale spiega che “dall’annuncio da parte di Eni e Plenitude dell’Intention to float (l’intenzione di aprirsi al mercato, ndr), lo scorso 9 giugno, le condizioni di mercato si sono deteriorate. Malgrado le due società abbiano riscontrato da parte degli investitori un forte e diffuso interesse per Plenitude, nonché un significativo consenso sulla sua strategia, Eni ha valutato che la volatilità e l’incertezza che attualmente coinvolgono i mercati richiedano un’ulteriore fase di monitoraggio”, si legge. Eni e Plenitude – conclude la nota – “continueranno quindi a monitorare il mercato e a sviluppare la propria strategia di offerta di un’energia decarbonizzata a tutti i propri clienti, attraverso lo sviluppo degli investimenti nelle rinnovabili e nella mobilità elettrica”.
Sono bastati pochi – determinanti – giorni per far cambiare idea al gruppo guidato da Claudio Descalzi. Nelle due settimane trascorse dall’annuncio della quotazione, il colosso russo Gazprom ha stretto i rubinetti del gas, il prezzo della materia prima è tornato ad impennarsi, le Borse si sono trovate a fare i conti con l’allarme dei vari Paesi europei e come un macigno è piombato lo spettro sempre più concreto di una recessione mondiale. Eni aveva specificato di voler mantenere la maggioranza delle azioni (intorno all’80%) di Plenitude, valutata l’anno scorso dal mercato fra gli 8 e i 9 miliardi di euro, escludendo lo sconto naturalmente richiesto dal mercato. Descalzi non si era sbilanciato sui tempi dell’operazione, ma indiscrezioni di mercato avevano ipotizzato l’avvio entro fine giugno.