Il problema non riguarda solo le centrali ad acqua fluente. Anche per molte di quelle a bacino ci sono pesanti conseguenze: "I dati ci restituiscono un quadro sconfortante". A rischio anche il termoelettrico: nel caso in cui questi impianti siano lungo un fiume, il raffreddamento avviene grazie a una pompa che preleva acqua. Se il livello del fiume è troppo basso diventa impossibile
La siccità sta avendo conseguenze non solo su agricoltura e consumi domestici in diversi comuni del Nord Italia, ma anche sulla produzione di energia elettrica. La situazione è particolarmente critica lungo il Po, dove la centrale idroelettrica di Isola Serafini, in provincia di Piacenza, gestita da Enel Green Power, non è l’unica a essere stata spenta, in questo caso perché non si riuscivano più ad alimentare le turbine che generano elettricità. Spento è anche l’impianto di Sermide, in provincia di Mantova, gestito da A2A, una centrale termoelettrica: l’elettricità viene prodotta bruciando gas, ma c’è bisogno di acqua per il raffreddamento degli impianti. Sempre per la secca del fiume non lavorano a pieno regime le centrali termoelettriche di Ostiglia (in provincia di Mantova, gestita da EP Produzione) e di Moncalieri (vicino a Torino, del gruppo Iren): entrambe, in base a quanto riportato dalla transparency platform del sito di Entso-E, l’associazione europea dei gestori di rete, hanno fermato uno dei gruppi di generazione. Ci sono poi le centinaia di micro e mini centrali idroelettriche lungo i canali di irrigazione alimentati dal Po: “Il 90% è fermo a causa della scarsità d’acqua”, dice Marco Gardella, funzionario tecnico dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po. Si tratta di centraline, di solito gestite da piccole società o dai consorzi di bonifica, che producono potenze sotto i 250 kilowatt. Il Po in questi giorni ha pochissima acqua: “A Pontelagoscuro, sezione di chiusura dell’intero bacino padano, la portata in questo momento è di appena 177 metri cubi al secondo – spiega Gardella –. Molto meno della portata media, di 1.800 mc al secondo. Un record negativo, se pensiamo che siamo solo a giugno. Questa crisi idrica non si risolverà nel breve periodo”.
Sia le centraline lungo i canali irrigui sia la centrale idroelettrica di Isola Serafini sono centrali ad acqua fluente: “Questi impianti utilizzano la portata del corso d’acqua dalla quale viene sottratta una portata di deflusso ecologico che deve essere rilasciata a valle per garantire le funzioni vitali dell’ecosistema fluviale – spiega Marco Mancini, docente di Costruzioni idrauliche al Politecnico di Milano -. Questi impianti risentono pertanto in modo diretto della carenza idrica”. Altro tipo di impianti idroelettrici sono le centrali a bacino, cioè dotate di un serbatoio realizzato grazie a una diga: “Queste centrali – dice il professore – hanno una maggiore resilienza rispetto ai fenomeni di scarsità idrica perché possono contare sulla riserva d’acqua del lago, che sopperisce a una carenza idrica momentanea. Questa capacità di resilienza viene comunque messa in crisi dal perdurare di periodi di siccità e dall’elevata richiesta dell’utenza”. È quanto sta già succedendo nei bacini montani attorno al Po, dove ci sono diverse centrali idroelettriche con serbatoio. “I dati puntuali ci restituiscono un quadro sconfortante – dice Gardella dell’Autorità di bacino -. Sappiamo che stanno producendo ai minimi degli ultimi vent’anni ed è probabile che alcune siano spente”.
La carenza di acqua non si fa sentire solo lungo il Po. Anche dove per il momento non si è arrivati a fermare le centrali, la produzione di energia elettrica è inferiore al solito. Come in Liguria, dove Tirreno Power è il primo gestore di impianti idroelettrici, con una capacità complessiva, tra centrali ad acqua fluente e a bacino, di circa 75 MW: “La nostra produzione 2022 (gennaio-maggio) è pari a circa il 24% della media decennale – dicono dalla società -. Nell’ambito della regione, le condizioni di riduzione della produzione a causa della siccità sono piuttosto variegate. Ad esempio, gli impianti sul Bormida (sub-affluente del Po in area Savona/Alessandria) hanno avuto una produzione del 10% rispetto alla media decennale mentre gli impianti del levante ligure sono circa al 40%. Considerando la produzione di questi ultimi giorni, nel mese di giugno siamo al 20-25% del livello medio riferito allo stesso periodo”. Produzione ridotta anche in Val d’Aosta, dove la Compagnia Valdostana delle Acque gestisce 32 impianti idroelettrici: “La produzione delle nostre centrali idroelettriche – fanno sapere da Cva – si attesta a valori pari a circa il 25% al di sotto del budget, soprattutto a causa delle scarse precipitazioni nevose dello scorso inverno”.
La carenza di acqua, come detto, sta creando problemi non solo alle centrali idroelettriche, ma anche a quelle termoelettriche. Nel caso in cui questi impianti siano lungo un fiume, il raffreddamento avviene grazie a una pompa che preleva acqua, la fa passare per una serpentina di raffreddamento e la scarica più a valle nel corso d’acqua. Perché le pompe possano prelevare acqua, i loro imbocchi devono essere immersi. Se il livello del fiume è troppo basso, il rischio è che non si riesca a pescare l’acqua necessaria per il raffreddamento. È quello che è successo a Sermide e, in parte, a Ostiglia e Moncalieri.