Il cardinale presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, lo aveva annunciato al termine dell’assemblea generale dei vescovi italiani durante la quale era stato nominato come successore di Gualtiero Bassetti. L'indagine riguarderà gli abusi avvenuti dopo il 2000: “Perché da quell'anno - scrive la Cei - abbiamo dati sicuri, quelli del Dicastero della dottrina della fede. Dati oggettivi, non proiezioni statistiche"
Al via il primo Report nazionale sulla pedofilia del clero italiano. Il cardinale presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, lo aveva annunciato al termine dell’assemblea generale dei vescovi italiani durante la quale era stato nominato come successore di Gualtiero Bassetti. L’episcopato della Penisola ha deciso di pubblicare, entro il 18 novembre 2022, un primo Report nazionale sulle attività di prevenzione e sui casi di abuso segnalati o denunciati alla rete dei Servizi diocesani e interdiocesani negli ultimi due anni e di avviare un’analisi sui dati di delitti presunti o accertati perpetrati da chierici in Italia nel periodo 2000-2021, custoditi dal Dicastero per la dottrina della fede.
Indagine non meramente statistica – Per quanto riguarda il Report, la Cei ha spiegato che “scopo di questa indagine, non meramente statistica, è delineare la realtà dei Servizi diocesani e dei Centri di ascolto, la loro diffusione e strutturazione, l’operatività ed efficacia nell’azione pastorale di formazione, prevenzione e accoglienza. Nella ricerca saranno coinvolti 16 coordinatori per i Servizi regionali, 226 referenti per quelli diocesani e 96 responsabili dei Centri di ascolto: saranno somministrati questionari specifici per ciascun ambito da compilare on line, garantendo la massima riservatezza. I dati raccolti verranno esaminati da ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, specializzati in economia, statistica, sociologia con esperienza specifica in analisi di policy children safeguarding, cioè in politiche di tutela dei minori, che sono richieste a livello europeo a tutte le organizzazioni operanti con minori ai fini di garantire loro ambienti sicuri in termini di prevenzione, contrasto e protocolli di segnalazione abusi, e che rappresentano il quadro delle Linee guida della Chiesa che è in Italia del 2019”.
Suggerimenti e indicazioni – Sempre la Cei ha, inoltre, evidenziato che “gli esperti avranno il compito non solo di presentare una radiografia dell’esistente, ma di trarre suggerimenti e indicazioni per implementare l’adeguatezza dell’azione preventiva e formativa delle Chiese che sono in Italia. La scelta dell’Università Cattolica si è fondata sul suo coinvolgimento come soggetto valutatore del progetto ‘SAFE – Educare e accogliere in ambienti sicuri’ che ha interessato per due anni, dal 2019 al 2021, la Comunità Papa Giovanni XXIII, il Centro sportivo italiano, l’Azione cattolica italiana e il Centro interdisciplinare di ricerca sulla vittimologia e sulla sicurezza-Dipartimento di sociologia e diritto dell’economia dell’Alma Mater Studiorum di Bologna”. Per quanto riguarda, invece, l’analisi dei delitti presunti o accertati di pedofilia del clero italiano negli ultimi ventuno anni, la Cei ha spiegato che “grazie a un nuovo spazio di collaborazione aperto negli ultimi mesi con il Dicastero per la dottrina della fede, sarà possibile poi conoscere e analizzare, in modo quantitativo e qualitativo, i dati custoditi presso il medesimo Dicastero, garantendo la dovuta riservatezza. Tali dati fanno riferimento a presunti o accertati delitti perpetrati da chierici in Italia nel periodo 2000-2021. L’analisi verrà condotta in collaborazione con Istituti di ricerca indipendenti, che garantiranno profili scientifici e morali di alto livello, e consentirà di pervenire a una conoscenza più approfondita e oggettiva del fenomeno. Ciò permetterà di migliorare le misure di prevenzione e contrasto, di accompagnare con più consapevolezza le vittime e i sopravvissuti e di affinare i criteri per altre ricerche”.
Periodo 2000-2021 – Il cardinale Zuppi ha spiegato la decisione di fare una ricerca sugli abusi soltanto sugli ultimi ventuno anni: “Perché dal 2000 abbiamo dati sicuri, quelli del Dicastero della dottrina della fede. Dati oggettivi, non proiezioni statistiche. Sulla ricerca in Francia mi hanno mandato tre inchieste di universitari che demoliscono il lavoro della commissione. Qualitativo significa distinguere i numeri grezzi, capire le differenze. Facciamo una cosa seria che ci fa più male perché riguarda noi adesso. Aiuterà anche nella prevenzione e a capire il fenomeno più vasto nella società, se non c’è pregiudizio”. Accanto a queste due importanti e inedite iniziative, i vescovi della Penisola hanno deciso anche di potenziare la rete dei referenti diocesani e dei relativi Servizi per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Già costituita a partire dal 2019 in tutte le 226 diocesi italiane, questa realtà verrà ora sostenuta con percorsi formativi rivolti agli operatori pastorali (sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti, educatori e insegnanti di religione) e a chi è chiamato a occuparsi degli aspetti giuridici. “Con questa azione, – precisa la Cei – si intende infatti promuovere, ancora più capillarmente, una cultura del rispetto e della dignità dei minori e delle persone vulnerabili”. I presuli hanno, inoltre, ribadito l’impegno di implementare la costituzione dei Centri di ascolto, che attualmente coprono il 70% delle diocesi italiane, per accogliere e ascoltare quanti vogliono segnalare abusi recenti o passati e indirizzare a chi di competenza secondo l’esigenza espressa dalle persone: un medico, uno psicologo, un avvocato, la magistratura, le forze dell’ordine, un accompagnatore spirituale o un consulente di coppia.
La replica: “Rischio immagine falsata” – Immediata la replica del Coordinamento contro gli abusi nella Chiesa cattolica – ItalyChurchToo che “ritiene inutile un Report annuale basato sui soli dati raccolti dai Servizi diocesani, destinati a risultare gravemente lacunosi e parziali e, pertanto, a fornire un’immagine falsata del fenomeno. La collaborazione con un Centro accademico di ricerca in fase di analisi dei dati non costituisce quella garanzia di indipendenza necessaria a raggiungere la conoscenza più ampia possibile del fenomeno, che può essere ottenuta soltanto grazie all’accessibilità di tutti gli archivi ecclesiali, messi a disposizione di un ente o una commissione super partes dotata di altissima competenza interdisciplinare”. Inoltre, “il Coordinamento ritiene insufficiente il ricorso ai dati in possesso del Dicastero per la dottrina della fede, che notoriamente costituiscono solo il dato emerso e giunto a definizione processuale canonica. Ritiene, inoltre, discriminatorio l’arco temporale preso in esame, in quanto escludente le vittime emerse in tempi precedenti, ma anche quelle non emerse in quanto non ancora giunte a maturazione della consapevolezza dell’abuso subìto, il cui tempo è stato attestato, anche in sede scientifica, fino a 30, persino 40 anni; tale arco temporale risulta inoltre insufficiente a determinare sia contesti in cui l’abuso sia stato sistemico, sia dinamiche strutturali più profonde, che solo possono essere individuati esaminando un periodo più ampio. Inoltre, non sono state pronunciate parole chiare in merito al tema dei risarcimenti morali ed economici, passaggi essenziali per dare concretezza alla ricerca di verità e all’offerta di giustizia”.
Il dialogo con il governo – Intervistato da alcuni quotidiani italiani, il presidente della Cei ha affrontato i temi chiave della sua agenda a iniziare dal dialogo con il governo di Mario Draghi: “Cercheremo un’interlocuzione con il presidente del Consiglio. Credo sia un momento decisivo per tutti, il Paese e l’Europa. Abbiamo perso il futuro anteriore, spesso ragioniamo solo sul presente. La pandemia e la guerra rivelano la fragilità di tanti equilibri che si credevano scontati e ci chiedono di guardare al futuro. Sarà un ottobre caldo, le crisi possono diventare pericolose. A un convegno sentivo: come facciamo un piano di cinque anni con alle spalle decenni di corruzione, evasione, burocrazia. C’è bisogno di grande compattezza, consapevolezza e sforzo trasversale per il bene comune. La sfida di tutti è ricostruire la comunità, parlare tra diversi”. Zuppi guarda anche al voto per il rinnovo del Parlamento nel 2023: “Speriamo non ci sia un anno di campagna elettorale e che le giuste differenze di visione tengano insieme conto della necessità di un impegno unitario. È necessario uno sforzo italiano ed europeo di andare oltre il contingente. Questa è la vera richiesta di chi vive in sofferenza e povertà, sei milioni di persone, uno su dieci, una situazione aggravata da fragilità e solitudine. L’Europa deve mostrare la ricchezza della sua tradizione umanistica a un mondo che talvolta non riesce a capire. La bellezza della democrazia non è scontata.
La posizione sulla guerra – Per il cardinale nessuna preclusione se Giorgia Meloni dovesse diventare la prima donna premier: “La Chiesa non ne ha, la volontà del popolo è sovrana. Qualunque sia l’interlocutore, la Chiesa starà attenta a difendere le sue priorità, il bene delle persone, la persona umana al centro. Senza nessuna preclusione, con molto rispetto delle differenze di ruolo e per questo dicendo sempre con laicità e chiarezza ciò che la preoccupa”. E sulla spaccatura tra sinistra e destra aggiunge: “Certe toponomastiche mentali sono vecchie di sessant’anni fa, senza più riferimenti ideologici. Anche nella Chiesa. Nei paesini scopro di quale parte è il sindaco alla fine. Se si tratta di difendere la persona, dobbiamo farlo tutti insieme. Fra le parti ci sono spesso intolleranze ingiustificate, un clima elettrico e dannoso. Il punto è trovare risposte per tutti”. Ultimo tema affrontato il conflitto in Ucraina: “Il Papa non ha mai confuso aggressore e aggredito e ha parlato subito di guerra. Ma tutte le guerre finiscono con un negoziato, anche se c’è un vincitore. Bisogna tenere aperti tutti i canali pur di interrompere il massacro. Siamo in una guerra di trincea, come nel ’14-18, ma con una tecnologia ultramoderna”. E sull’invio di armi: “Bisogna pensare a un impegno vero sul disarmo. Certo, c’è la necessità della legittima difesa, purché proporzionata. Ma dobbiamo investire il doppio nella ricerca della pace senza armi”.