di Luigi Manfra *
Russia e Ucraina sono due tra i principali paesi esportatori di grano sul mercato mondiale. La Russia produce quasi il doppio dell’Ucraina, ed entrambi hanno come maggiori acquirenti i paesi africani.
L’Ucraina produce 26 milioni di tonnellate di grano all’anno, cioè meno del 4% del totale mondiale che è pari a 750 milioni di tonnellate. Cina, India e Russia sono, invece, paesi leader nella produzione e rappresentano insieme circa il 42% della produzione mondiale di grano. I principali esportatori oltre la Russia e l’Ucraina sono gli Stati Uniti, l’Australia, e il Canada. I primi 5 paesi importatori sono l’Egitto con 12 milioni di tonnellate, l’Indonesia con 10,4, l’Algeria (7,9), il Brasile (7,2) e il Bangladesh (5,9).
Dal grano ucraino e russo dipendono moltissimi Paesi, ma il problema della fame nei paesi poveri non è determinato soltanto dalla guerra in Ucraina o dal blocco del porto di Odessa.
Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Ue per gli Affari Esteri, ha dichiarato che la guerra “sta avendo un impatto dannoso, non solo sull’Ucraina, ma anche sull’economia mondiale, attraverso i rincari dei prezzi alimentari e dell’energia. La responsabilità è della Russia che sta bloccando l’export dall’Ucraina, distruggendo i porti, gli stock alimentari, le infrastrutture di trasporto, innescando una crisi alimentare mondiale, con 20 milioni di tonnellate di cereali bloccate nei magazzini ucraini”.
Questa descrizione appare però troppo unilaterale, e non tiene conto del quadro complessivo e delle eventuali alternative che potrebbero portare alla risoluzione del problema alimentare dei paesi poveri.
Il raccolto di grano della Russia del 2022 sarà di 130 milioni di tonnellate, contro i 121 dell’anno precedente, mentre le esportazioni raggiungeranno i 50 milioni di tonnellate, anch’esse in forte aumento rispetto all’anno in corso. Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nel suo ultimo report, conferma queste stime, dovute soprattutto ad un raccolto abbondante e alla forte domanda di grano a prezzi accessibili. Quello russo, infatti, risulta essere il più economico, costando 399 dollari a tonnellata contro gli oltre 500 dollari a tonnellata di quello statunitense.
Di contro, per l’anno in corso, le esportazioni del grano ucraino dovrebbero diminuire di 9 milioni di tonnellate rispetto alle 19 della precedente stagione. Il raccolto, meno abbondante del solito, il blocco operativo dei porti e le difficoltà di distribuzione delle forniture alimentari, sono la causa di questa crisi dell’offerta.
Il capo dell’Unione Africana (UA) e presidente del Senegal, Macky Sall, ha esortato di recente a rimuovere le restrizioni che impediscono l’esportazione di grano e fertilizzanti russi. In un incontro con il presidente russo Vladimir Putin a Sochi, il leader senegalese ha osservato che le sanzioni contro la Russia hanno interrotto l’accesso dei paesi africani al grano, in particolare al grano russo e, soprattutto, ai fertilizzanti.
“Ci sono due problemi principali: la crisi alimentare e le sanzioni. Dobbiamo lavorare per risolvere questi due problemi e quindi eliminare le sanzioni sui prodotti alimentari, in particolare cereali e fertilizzanti”, ha affermato Sall. Ma quando il sistema Swift viene interrotto, ha aggiunto il presidente dell’Unione africana, significa che anche se i prodotti esistono, il pagamento diventa complicato, se non impossibile.
Il risultato è che decine di paesi a basso reddito, soprattutto nella regione mediterranea, dell’Africa subsahariana e del corno d’Africa, sono in difficoltà nel reperire gli alimenti base della loro dieta. La guerra produce anche una serie di conseguenze indirette sul mercato dell’alimentazione, a cominciare dall’aumento dei prezzi. Da inizio anno, il prezzo del grano è salito del 65% e quello del mais del 32%.
Una recente analisi della Coldiretti del 22 maggio 2022 ha esaminato l’andamento dei prezzi alla borsa merci di Chicago, che rappresenta il punto di riferimento mondiale del commercio delle materie prime agricole. Un andamento che dimostra l’accresciuto interesse della speculazione sul mercato delle materie prime agricole, per cui gli alti valori raggiunti consentono di realizzare profitti crescenti.
I grandi fondi speculativi che operano nella borsa delle materie prime si spostano di continuo dai mercati finanziari ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto.
La crisi alimentare dei paesi del sud del mondo, per evitare una catastrofe annunciata, va risolta rapidamente cercando una soluzione concordata a livello mondiale sotto l’egida dell’Onu.
*Già docente di Politica economica presso l’Università Sapienza di Roma, si occupa di economia internazionale, soprattutto in relazione al Mediterraneo