Cultura

Pompei, dopo 2mila anni ritrovata una tartaruga con il suo uovo (mai deposto). E uno studio fa slittare la data dell’eruzione a ottobre

Il ritrovamento è avvenuto durante una campagna di scavo e di ricerca sulle terme Stabiane. Intanto è stata rivista la data sul sisma che inizialmente si pensava si fosse verificato tra il 24 e il 25 agosto

di F. Q.

Dopo 2mila anni sono stati trovati i resti di una testuggine, con il suo fragile uovo custodito nel carapace, all’interno di una bottega di via dell’Abbondanza a Pompei. Il ritrovamento è avvenuto durante una campagna di scavo e di ricerca sulle terme Stabiane, organizzata dalla Freie Universität di Berlino e dall’università L’Orientale di Napoli in collaborazione con l’università di Oxford e con il parco archeologico di Pompei. L’obiettivo era indagare sullo sviluppo urbano del quartiere abitativo della città, prima della costruzione delle terme. I resti della tartaruga di terra e del suo uovo custodito nel carapace costituiscono una testimonianza del vasto ecosistema di Pompei e consentono di “riflettere sul periodo tra il terremoto che colpì la zona nel 62 d.C. e l’eruzione del 79 d.C.”. A dirlo è Gabriel Zuchtriegel, il direttore del parco archeologico. Dopo il terremoto, infatti, “tutta la città era un cantiere quindi molti spazi di terra erano poco utilizzati ed era così possibile per gli animali camminare liberamente in spazi ampi”.

A proposito del terremoto che distrusse la città di Pompei, inizialmente era stata ipotizzata una data con riferimento alla lettera che Plinio il Giovane inviò a Tacito: tutto sarebbe accaduto tra il 24 e 25 agosto del 79 d.C.. A distanza di 2mila anni dall’episodio, un gruppo internazionale di ricercatori, che ha visto la collaborazione tra gli altri di italiani con francesi e inglesi, ha analizzato nuovamente l’evento per offrire uno studio più esaustivo dello stato dell’arte dell’eruzione, a partire dalla data in cui si verificò. La data vera si è rivelata un’altra: 24 e 25 ottobre. Così l’integrazione tra studio sul campo, analisi in laboratorio e rilettura delle fonti storiche ha infatti consentito di seguire temporalmente tutte le fasi dell’eruzione, dalla camera magmatica fino alla deposizione della cenere in aree lontanissime dal Vesuvio, fino in Grecia.

Alberto Angela, in riferimento allo studio e all’aggiornamento della data da parte dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia si dice non meravigliato. “Ne ho parlato nel mio libro molti anni fa, non è stata una sorpresa per me, ma ora ci sono le prove” così ha commentato il divulgatore scientifico e conduttore televisivo. Dopo venti anni di riprese nel sito archeologico, ha avuto modo di farsi un’idea di quello che era successo e fin da subito gli era parsa anomala la data in piena estate: nella città infatti sono stati trovati “frutti tipicamente autunnali come piccole pere e pigne, ma anche bracieri all’interno delle case e vestiti di lana invernali”. La prova definitiva dell’inesattezza della data è però un’altra: “Un’iscrizione in carboncino sul muro di un edificio di Pompei che tradotta cita ‘Il sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, si abbandonava al cibo in modo smodato’, indicando che l’eruzione avvenne certamente dopo il 17 ottobre” ha dichiarato Biagio Giaccio, ricercatore dell’Igag-Cnr.

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