Palazzo Chigi vorrebbe discutere un isstema per non pagare alla Russia più di 80 euro al megawatt/ora il gas ma un piano preciso ancora non esiste. Germania fredda sull'ipotesi, aperture da Francia, Belgio e Spagna. Intanto pur mantenendosi in stato di semplice pre-allerta, il governo italiano si porta avanti alla chetichella sull'uso del carbone, il più inquinante dei combustibili fossili .
“Sui prezzi dell’energia i Paesi sono molto esitanti ad agire, ho chiesto Consiglio straordinario sull’energia a luglio ma mi è stato fatto notare che non abbiamo ancora uno studio sul quale discutere. Ecco, ora nella risoluzione finale il Consiglio invita la Commissione a produrre questo studio entro settembre, per poi discuterne nel Consiglio di ottobre”. Lo ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi in conferenza stampa a Bruxelles. “Si è parlato di energia, di cosa fare per i prezzi così alti. L’Italia, per gli stoccaggi, sta andando molto bene (attualmente al 55% di riempimento, in linea con il resto d’Europa) e la dipendenza dal gas russo, che era il 40% l’anno scorso, oggi sta al 25%: le misure che abbiamo messo in campo iniziano a dare risultati”, ha aggiunto il presidente del Consiglio.
Ieri palazzo Chigi aveva inviato una richiesta a Bruxelles per convocare un vertice straordinario già a metà luglio. Stamattina però la proposta ha raccolto repliche piuttosto scettiche. “Spetta al presidente del Consiglio Ue Charles Michel vedere cosa sia necessario, ma se avremo un incontro in più dovremo essere in grado di prendere un qualche tipo di decisione, altrimenti penso che forse non è il modo più produttivo di usare il nostro tempo”, ha affermato la premier svedese, Magdalena Andersson. “Non penso che un vertice abbia senso in questo momento”, ha rincarato il capo del governo olandese Mark Rutte spiegando di non essere ancora convinto, “anche se ideologicamente non contrario”, e chiedendo a Draghi di portargli delle prove che il price cap funzioni “perché tutte le prove che visto finora mi dicono che non funziona”. Draghi ha comunque affermato di non essere deluso dal risultato dell’incontro odierno: “Le cose si stanno muovendo, anche se magari non avvengono rapidamente come uno vorrebbe”.
A luglio verrà invece presentato il piano della Commissione europea per affrontare l’emergenza energetica attraverso la riduzione della domanda. Lo ha annunciato la presidente della Commissione Ue Ursua von der Leyen al termine del vertice Ue. “Lavoreremo con i Paesi per evitare frammentazioni – ha detto la presidente – e il ritorno ai combustibili fossili”. La Commissione europea sta lavorando “su diversi modelli” per intervenire sul caro energia, compresa una “riforma del mercato elettrico” con il “disaccoppiamento di gas ed elettricità per la formazione dei prezzi di mercato”, ha aggiunto von der Leyen concludendo che “Abbiamo concordato che ne discuteremo in occasione del consueto Consiglio europeo di ottobre, verso la fine dell’estate dovremmo essere in grado di presentare le proposte alternative su cui i leader potranno confrontarsi”.
Alcune indiscrezioni sul progetto italiano parlano di un meccanismo per cui il gas non potrebbe essere scambiato ad oltre 80 euro al megawatt/ora (a fronte di una quotazione attuale di 128 euro) sui mercati europei. Questo, alla fine, farebbe sì che anche Mosca non riceverebbe pagamenti che vanno oltre questo livello. Un po’ fumoso il motivo per cui ciò dovrebbe accadere anche se è vero che l’Unione europea, muovendosi compatta e rappresentando nel suo insieme il primo importatore energetico da Mosca con una quota del 61%, disporrebbe di una qualche capacità di pressione negoziale. La presidenza ceca, che entrerà in carica a luglio, non è contraria al summit straordinario ma a patto che si parli anche di inflazione. Più favorevoli alla proposta italiana sembrano invece Francia, Spagna, Belgio e Grecia mentre la Germania non si pronuncia. Il timore, a Berlino e nelle capitali più dipendenti dal gas di Mosca, è che come ritorsione Vladimir Putin chiuda i rubinetti definitivamente. Ieri la Germania ha attivato l’allarme nel piano di emergenza sul gas e dato il via alla rimessa in funzione delle centrali a carbone.
Viceversa l’Italia si mantiene per ora in stato di pre-allarme ma, un po’ alla chetichella si porta avanti sull’uso del carbone, il più inquinante dei combustibili fossili . Il governo ha infatti disposto l’acquisto di quantità supplementari di carbone e, in un’intervista rilasciata oggi a Il Sole 24 Ore il presidente dell’Enel Michele Crisostomo spiega “La produzione di energia elettrica da carbone è già significativamente aumentata. Nel 2021 abbiamo usato 4 milioni di tonnellate, nel 2022 ragioniamo su 8 milioni”. E poi, continua il presidente dell’Enel, “Da febbraio è già partita la misura si sicurezza del sistema per ridurre al minimo l’uso del gas. Il meccanismo è gestito dal Gse (Gestore servizi elettrici, ndr): la priorità di generazione è data alle fonti rinnovabili. In precedenza quando la produzione green diventava insufficiente prima subentravano le centrali a gas e solo in via residuale, perché meno convenienti, quelle a carbone. Ora, invece, entrano in funzione subito le centrali a carbone e quelle a gas in via residuale”. “Il governo dovrebbe prevedere un piano di emergenza di razionalizzazione del gas, che magari poi non verrà messo in funzione, ma meglio avere un piano che ritrovarsi a dicembre o a gennaio senza gas”, ha dichiarato oggi il presidente del Cda di Acciaierie d’Italia Spa (l’ex Ilva), Franco Bernabè, durante le audizioni in commissioni Bilancio e Industria del Consiglio regionale pugliese.