Da qualche settimana è in libreria Contro la sinistra neoliberale (Fazi) di Sahra Wagenknecht – leader dei parlamentari del Die Linke dal 2015 al 2019 – di cui spesso si ricorda che è politica, economista, saggista. Bisogna aggiungere che ha pubblicato nel ‘97 la tesi su Marx interprete di Hegel. Non è un fatto secondario e dice della sua formazione culturale. Il filosofo tedesco critica il misticismo logico di Hegel perché insiste sulle contrapposizioni concettuali, anziché su quelle reali. Marx guarda la realtà com’è – i dati materiali ed economici – non come vorremmo che fosse deducendola da categorie astratte.
E dunque? Dunque, ecco che questa ristretta élite, che spopola sui media, orienta la sua attenzione su globalismo, europeismo, ambientalismo… Temi importanti, per carità. Ma se difendi ciecamente la natura, senza curarti dei posti di lavoro di una moltitudine di persone penalizzate dall’ambientalismo radicale, il risultato è che metti la classe operaia in fuga verso destra. È un fatto.
“Il pacchetto sul clima – scrive Wagenknecht – formulato dal governo tedesco… colpisce in maniera sproporzionata i poveri e chi vive nelle regioni rurali.” Ergo: “Tale maggioranza ritiene… che non valga la pena sostenere l’impegno di Greta Thunberg” (pp. 261-262). È solo un esempio di come questa sinistra – ambientalista e attenta solo ai diritti civili – abbia perso di vista i problemi più urgenti dei cittadini (economia, lavoro, occupazione). Perdendo anche i loro voti. Perché questo è il punto: i neoliberali di sinistra non pongono al centro della loro azione “problemi sociali ed economici, bensì domande riguardanti lo stile di vita” alla moda tra l’élite borghese. Addio lotta di classe!
Ecco spiegata la crisi elettorale in Germania di una sinistra che non fa più la sinistra e non capisce quanto e fino a che punto l’esperienza di milioni di persone, oggi, “non sia più l’ascesa professionale, ma la caduta sociale o la paura che ciò accada” (p. 93). Ecco perché i presunti leader italiani (da Letta a Renzi a Calenda, a Di Maio che ormai fa parte del gruppo), non godono del consenso della classe operaia e del ceto più umile: semplicemente perché non lo rappresentano più. Si occupano d’altro.
Il libro poteva (doveva) essere approfondito nella parte costruttiva in cui si abbozza il programma “per la comunità, la coesione, il benessere”. Di sicuro sarà fatto in un’altra occasione. Qui contava demolire l’ipocrisia e “la malafede – per dirla con Sartre – di certa borghesia piena di sé” e demistificare la demagogia della loro narrazione: quel parlare di “società aperta”, mentre costruiscono muri tra le classi (pp. 163-177); quel parlare di democrazia mentre creano un’oligarchia (pp. 322-352); quel predicare la giustizia, mentre negano l’equità sociale e sono subalterni alla finanza.
Contro la sinistra neoliberale parla soprattutto della Germania, ma dice anche della sinistra liberale italiana, verso cui guarda, con “Insieme per il futuro”, Luigi Di Maio, che ho sempre difeso sul Fatto (cfr. “Dieci argomenti per Di Maio vicepremier”, il Fatto Quotidiano, 31-8-19), ma che oggi non capisco più. Ha rinnegato sé stesso, e la pietra tombale sulla sua personalità l’ha posta Berlusconi lodandolo: “Quel ragazzo è proprio bravo”. Fine di una carriera politica. Come direbbe Wagenknecht: Di Maio non è liberale, non è di sinistra, ha rinnegato i suoi ideali, dunque cos’è? La crisi della ragione produce mostri, guerrafondai, e scissioni: c’è davvero bisogno di “uno specialista in disturbi della personalità multipli” (Travaglio).
Contro la sinistra neoliberale va letto perché racconta una storia (d’ipocrisie, inganni, interessi) che dice molto anche dell’incoerenza e del trasformismo di tanti politici italiani.