Giampaolo Stopazzolo, dopo il caso sollevato dai sindacati e l'avvio di un accertamento della Corte dei Conti, ha deciso di lasciare l'incarico. In Veneto quattro direttori sanitari, che si trovavano in una situazione simile, in attesa che si chiarisca se il doppio emolumento sia regolare, hanno preferito rinunciare allo stipendio, pur continuando a lavorare
A Potenza il direttore sanitario dell’Uls Lucana, che percepiva contemporaneamente pensione e stipendio, si è dimesso dall’incarico. In Veneto quattro direttori sanitari di altrettante Ulss, che si trovavano in una situazione simile, in attesa che si chiarisca se il doppio emolumento sia regolare, hanno preferito rinunciare allo stipendio, pur continuando a lavorare.
La grana dei maxi guadagni nella sanità è scoppiata in Basilicata dove il vicentino Giampaolo Stopazzolo, già direttore dei Servizi socio-sanitari dell’Ulss 8 Berica, a gennaio era stato nominato direttore generale dell’Azienda sanitaria di Potenza, con durata del contratto fino al 31 dicembre 2023. Un mese e mezzo dopo era andato in pensione e quindi aveva cominciato a percepire l’assegno, che si riferiva alla sua carriera svolta nelle strutture sanitarie della Regione Veneto. Contemporaneamente, però, incassava lo stipendio per il nuovo incarico. Sono stati i sindacati lucani a sollevare la questione, gli articoli dei giornali sono stati letti anche dai magistrati della Corte dei Conti che hanno avviato un accertamento, per verificare se vi sia stato un danno erariale, ovvero se il cumulo sia vietato alla luce della legge Madia che aveva disciplinato la materia per i pubblici dipendenti. Sul divieto di cumulo si è espresso in passato il Consiglio di Stato.
Nel frattempo Stopazzolo ha preferito dimettersi. L’annuncio è stato dato dal presidente della Regione, Vito Bardi: “Lo ringrazio per la sua enorme professionalità, il suo spirito di sacrificio, la sua dedizione per la causa della sanità territoriale lucana e anche per il suo gesto. L’istituto delle dimissioni è sconosciuto ai più e lui invece ha anteposto il bene comune a ogni cosa. Ho accolto la sua richiesta con grande dispiacere, data anche la direzione che stava dando all’azienda sanitaria, in vista delle tante sfide che la sanità lucana ha dinnanzi a sé”.
In Veneto ci sono quattro direttori generali delle Usl che possono trovarsi nella stessa situazione. Si tratta di Giuseppe Dal Ben dell’Azienda ospedaliera di Padova, Francesco Benazzi dell’Ulss 2 Marca Trevigiana, di Edgardo Contato dell’Ulss 3 Serenissima di Venezia e Maria Giuseppina Bonavina dell’Ulss 8 Berica. A nominarli, nel febbraio 2021, è stato il governatore Luca Zaia. In un caso l’interessato era a pochissimi giorni dalla quiescenza. Ovviamente del fatto che fossero andati in pensione erano al corrente le strutture amministrative delle Ulss. E quelle amministrative e politiche della Regione? Le notizie rimbalzate dalla Basilicata hanno colto di sorpresa i responsabili sanitari. Il direttore generale dell’Area Sanità del Veneto, Luciano Flor, ha diffuso un comunicato: “È stata conclusa una verifica formale da cui è emerso che quattro dg, regolarmente nominati mentre erano in servizio, sono andati nel frattempo in quiescenza. Gli stessi dg hanno anticipato un parere legale ‘pro veritate’ concernente approfondimenti in merito alla loro posizione”. Quindi esiste un parere, anche se di parte. Flor continua: “In virtù di queste informazioni e della peculiarità del caso, mi riservo un confronto con i ministeri competenti, alle cui risultanze si darà puntuale seguito. I direttori generali interessati hanno inoltre comunicato che, in attesa della verifica, si autosospendono dalla percezione dello stipendio. Preciso, infine, che il sottoscritto non è coinvolto personalmente dalla questione in esame in quanto non in quiescenza”.
La questione non è di poco conto, visto che i quattro dirigenti percepiscono uno stipendio annuo di 154.937 euro e la cifra è suscettibile di aumento fino al 20 per cento. Un super stipendio che si aggiunge, probabilmente, a una sostanziosa pensione, visto che tutti hanno una lunga carriera nella sanità pubblica. Gli interessati sostengono che tutto è in regola e che il cumulo è possibile fino a 240 mila euro lordi all’anno. Dello stesso parere non è Maria Teresa Turetta, segretaria regionale della Confederazione Unitaria di Base (Cub). “Il cumulo è vietato dalla legge: la Cub presenta un esposto alla magistratura puntando il dito contro i vertici della Regione Veneto. La legge Madia 124/2014 ha posto un esplicito divieto alle pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi direttivi, dirigenziali, di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. In particolare le amministrazioni devono evitare comportamenti elusivi della norma, ovvero l’affidamento degli incarichi di direzione a chi è prossimo alla pensione”. Gli esposti sono stati inviati alla guardia di Finanza di Venezia e alle Procure del Veneto.