Tutto merito del “campo largo“? Dov’è che il centrosinistra ha trovato la competitività nelle sfide dei ballottaggi, da Verona a Catanzaro, passando per Alessandria o Parma e Piacenza? La base del successo di Pd e alleati sta soprattutto nella scarsa capacità del centrodestra di motivare i suoi elettori e farli tornare a votare anche al secondo turno. E’ il centro dell’analisi dell’istituto Cattaneo che si è concentrata in particolare su 4 città-campione (Monza, Catanzaro, Parma, Alessandria). L’istituto di ricerca rileva che in tre di queste 4 sfide, ma anche a Sesto San Giovanni, dove pure il centrodestra ha vinto, o a Piacenza, dove il centrosinistra ha incrementato il vantaggio che già aveva, “il candidato di centrodestra ha visto diminuire i suoi voti (in valore assoluto)” e questo “rende plausibile l’ipotesi che la causa sia da ricercare non solo in dinamiche di tipo locale ma nasca anche da ragioni nazionali (ultimamente, le componenti di questa coalizione non hanno dato prova di grande coesione e sintonia comunicativa) o anche da una più accentuata propensione dell’elettorato di centrodestra a disertare le urne in occasione di competizioni elettorali considerate evidentemente (dagli stessi elettori) meno rilevanti“. Il fenomeno della dispersione di voti tra primo e secondo turno è comune a tutti gli schieramenti a beneficio dell’area del non voto, ma il punto è che “la perdita risulta ovunque maggiore (a volte molto maggiore)” proprio nel centrodestra.

La premessa dell’analisi firmata da Salvatore Vassallo e Rinaldo Vignati è che “i risultati delle elezioni amministrative sono oggetto di interpretazioni stiracchiate, da una parte e dall’altra, per derivarne misure di successi e sconfitte che si presume indichino una tendenza trasponibile al livello nazionale, in vista di competizioni politiche generali. Come in altre occasioni, dobbiamo sottolineare che simili inferenze sono molto problematiche se non, spesso, destituite di fondamento empirico“. I motivi sono diversi, spiegano Vassallo e Vignati. Per esempio ci sono coalizioni di diverse fattezze, ci sono le liste civiche, il voto personale per i sindaci influenzano i risultati. E poi, aggiungono i due analisti, “è impossibile esaminare i dati” dei Comuni con meno di 15mila abitanti. Così, scrivono Vassallo e Vignati, “ci si concentra sui comuni capoluogo più grandi“, laddove “si registra una propensione più accentuata dell’elettorato, rispetto ai comuni più periferici e di dimensioni minori, a votare per partiti di centrosinistra”. E’ per tutti questi motivi che l’istituto Cattaneo ha tentato una “operazione verità” aggregando da un lato i voti ottenuti da tutte le liste riferibili al centrodestra e dall’altro quelli di liste collegabili al “campo largo”, cioè il Pd, altre liste di centrosinistra e il M5s. Un ricalcolo, precisa ancora il Cattaneo, possibile solo per 95 dei 142 Comuni cosiddetti maggiori (sono esclusi quelli di Sicilia e Friuli Venezia Giulia perché non integrati nel sistema di raccolta dati del Viminale).

Rispetto al 2019 centrodestra e centrosinistra in equilibrio
Cosa ne viene? Rispetto alle Europee del 2019 “l’equilibrio tra centrodestra e “campo largo” (complessivamente intesi) non sembra cambiato di molto, come del resto segnalano i sondaggi relativi alle intenzioni di voto per elezioni politiche generali. La ragione per la quale si ritiene che il centrodestra abbia più chance di vincere le elezioni politiche è che si presume possa trovare più facilmente un accordo al suo interno e convergere su candidati comuni nei collegi uninominali rispetto al ‘campo largo’ costituito dai molti rivoli in cui si sono divisi l’area di centrosinistra e il Movimento 5 stelle“. E viceversa “la performance del ‘campo largo’ in queste amministrative appare (nella comunicazione pubblica) sovradimensionata a causa della consueta maggiore attenzione dedicata ai centri urbani maggiori. Tali successi (più evidenti) del centrosinistra sembrano determinati dalla circostanza che in diverse città di dimensioni medio-grandi le diverse componenti di quell’area sono riuscite a convergere su candidati capaci, a loro volta, di raccogliere consensi trasversali, mentre il centrodestra si è diviso, focalizzandosi in alcuni casi su candidati troppo ‘identitari’ (come a Verona), in altri privi di una chiara identità politica (come a Catanzaro)”.

Monza, Catanzaro, Parma, Alessandria: perché il “campo largo” ha vinto
L’analisi su Monza, Catanzaro, Parma, Alessandria conferma questa tendenza, spiega l’istituto Cattaneo. Nel capoluogo della Brianza, per esempio, l’affluenza è calata di circa dieci punti percentuali (dal 46,6% al 36,8%), ma se Paolo Pilotto (centrosinistra) ha tenuto e addirittura incrementato i suoi voti assoluti (da 17.767 a 18.307), probabilmente attraendo anche voti dai candidati esclusi dal ballottaggio, dall’altra parte il sindaco uscente Dario Allevi – che al primo turno era in vantaggio – in 15 giorni ha perso per strada oltre 3mila voti (da 20.891 a 17.445).

Ad Alessandria le dinamiche sono stati simili, spiega il Cattaneo. Calo dell’affluenza di una decina di punti (da 46,7 a 37,1%), flessione del sindaco uscente (leghista) Gianfranco Cuttica di Revigliasco tra primo e secondo turno (13.805 diventati 12.225), incremento dell’avversario – poi eletto sindaco – Giorgio Abonante che è passato da 13.214 a 14.590 voti, anche grazie a voti arrivati dagli esclusi (in questo caso il consistente “civico” battezzato da Azione Giovanni Barosini che aveva preso quasi il 15 per cento al primo turno).

A Parma sia Michele Guerra (centrosinistra) sia Pietro Vignali (centrodestra senza Fratelli d’Italia) hanno ampliato le propri basi elettorali del primo turno nonostante il crollo della partecipazione al voto (oltre 12 punti percentuali in meno): il candidato poi eletto sindaco è passato da 32.567 a 37.319, l’ex primo cittadino tornato alla politica da 15.666 a 19.062. “Vignali – spiega l’istituto Cattaneo nella sua analisi – avrebbe incamerato una quota consistente (il 62%) dei voti del candidato di Fratelli d’Italia, ma questo non è stato sufficiente a consentire nessuna rimonta, poiché sugli elettori dei candidati minori (quelli che nella tabella sono indicati come “altri” e che, complessivamente costituivano una riserva significativa di voti) Guerra si è dimostrato molto più attrattivo”.

Infine Catanzaro, dove pure l’affluenza ha registrato un tracollo tra il primo e il secondo turno (-23%). Eppure il sindaco neoeletto Nicola Fiorita (centrosinistra) ha aumentato i suoi voti, da poco meno di 15mila a quasi 18mila, mentre Valerio Donato ha lasciato sul campo la bellezza di 8mila preferenze (dai 20.768 del primo turno a 12.778). Quei voti sono andati soprattutto nell’astensione, nonostante il bacino elettorale proveniente da Wanda Ferro (candidata di Fratelli d’Italia che al primo turno correva da sola) sia stato “fedele” alla coalizione.

“Il centrodestra perde di più del centrosinistra verso il non-voto”
Nella elaborazione dei dati sui flussi di voto, rispetto alle Europee del 2019, il Cattaneo fissa alcune dinamiche principali. La prima è che l’elettorato di centrodestra subisce perdite verso il non-voto più consistenti di quelle del centrosinistra. La seconda è che una parte notevole di chi nel 2019 aveva votato M5s si disperde nell’astensione. La terza: i passaggi di elettori da centrodestra a centrosinistra (o viceversa) sono abbastanza limitati (e perlopiù equivalenti) nelle città del Nord (Alessandria, Monza, Parma) mentre sono molto consistenti in quella del Sud (Catanzaro). “È chiaro – concludono Vassallo e Vignati – che quattro città non sono un campione sufficiente per poter trarre conclusioni generali, ma questa osservazione si accorda col fatto che al Sud, come è noto da una lunga tradizione di studi storici e politologici, i fattori ‘personali’ e ‘particolaristici’ hanno sulla politica un peso ben superiore che non al Nord (e, di conseguenza, nelle città del Sud minore è la forza identificante dei simboli di partito e degli schieramenti)”.

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