Alla vigilia del vertice di Madrid, il segretario generale ha illustrato i cardini della nuova "dottrina", di fatto mirata a potenziare l'Alleanza contro Russia e Cina: più uomini più soldi, più collaborazione con l'area indopacifica e il tentativo estremo di convincere la Turchia in vista dell'allargamento a Svezia e Finlandia
La Nato si dà appuntamento a Madrid per il summit più importante dalla fine della Guerra Fredda. E nella conferenza stampa di presentazione il segretario generale Jens Stoltenberg è stato inequivocabile nel prevedere un rafforzamento del fianco est, in subbuglio dopo l’invasione dell’Ucraina decisa da Mosca. Per il numero uno della Nato, l’Alleanza dovrà presto superare le 300mila unità per le forze d’intervento rapido a disposizione del comando supremo (nome in codice: Saceur). Vale a dire un aumento di sette volte rispetto allo stato attuale. Ma a contare non sono solo i numeri, bensì la modifica dell’intera postura di difesa e deterrenza. Cioè come la Nato intende usare uomini e mezzi per garantire la sicurezza degli alleati.
Al summit di Madrid tornerà sul tavolo anche la questione delle spese: il bilancio della Nato dovrebbe quasi raddoppiare. Poi c’è la questione delle promesse dei singoli alleati per quanto riguarda i propri budget di Difesa: stanno aumentando ma, come ha sottolineato Stoltenberg, il 2% del Pil deve essere visto sempre più come “un punto di partenza” e non come un “punto di arrivo”.
Stando agli ultimi dati (provvisori) diffusi dalla Nato, l’Italia nel 2022 dovrebbe arrivare all’1,54% del Pil, in aumento sensibile dall’1,14% del 2014 – quando tutti gli alleati si sono impegnati a fare di più – ma la meta appare ancora lontana. A sintetizzare è sempre Stoltenberg. “Nove alleati hanno raggiunto o superato l’obiettivo del 2%, diciannove hanno piani chiari al 2024 e altri cinque si sono impegnati concretamente a rispettarlo in seguito”. Berlino è nella stessa categoria dell’Italia (anzi, peggio) con il suo 1,44% del Pil previsto per il 2022 – ma la Germania ha da poco annunciato un piano ambizioso di riarmo e questo dovrebbe fare la differenza. L’Italia è invece “promossa”, nella logica del numero uno della Alleanza atlantica, almeno nella categoria “spese in equipaggiamenti” calcolata in base al budget generale. Le linee guida Nato chiedono “almeno il 20%” e per il 2022 Roma dovrebbe salire al 22,7% (più di Germania, Polonia, Belgio e Canada). Anche se l’Italia spicca più per l’alta percentuale di spesa per il personale militare (che assorbe il 62,4% della torta), seconda solo al Portogallo.
C’è poi la questione di come questi soldi dovranno essere spesi: la nuova dottrina, ha spiegato Stoltenberg, prevede al contempo “più equipaggiamenti pre-posizionati e scorte di forniture militari; più capacità avanzate, come la difesa aerea; centri di comando rafforzati; piani di difesa aggiornati, con forze pre-assegnate alla difesa di specifici alleati”. Senza contare l’atteggiamento nei confronti di Pechino e Mosca. La prima non sarà indicata come “minaccia diretta” – definizione che lo stesso Stoltenberg ha riservato alla Russia durante la conferenza stampa – ma non ci saranno dubbi sulla mutata natura del rapporto tra gli alleati e la potenza asiatica. Non a caso, per la prima volta, a Madrid ci saranno anche i leader di Australia, Nuova Zelanda, Sud Corea e Giappone. La Nato non si amplierà nell’indopacifico (lo statuto prevede solo Paesi europei e nordamericani) ma di certo farà di più in quell’area, sempre più cruciale per le sorti del mondo. Di allargamento si parlerà invece per quanto riguarda la irrisolta situazione di Svezia e Finlandia. Il segretario generale tenterà una mediazione per sciogliere il veto di Erdogan – è possibile che anche Joe Biden incontri il presidente – e trasformare Madrid nel vertice dove ufficialmente la Nato darà il via libera alle procedure di ratifica dei due nuovi membri: un accordo tripartito è in lavorazione e si farà il possibile per chiudere in tempo.
Stoltenberg ha poi annunciato un pacchetto di aiuti “strutturato e di lungo periodo” per Kiev: quasi una scelta “benaugurante” in funzione di una vittoria dell’Ucraina sulla Russia a cui seguirebbe la necessità di armi moderne e capacità occidentali. Nuove misure di sostegno sono infine previste per Georgia, Bosnia-Erzegovina, Moldavia, Mauritania e Tunisia.