A Verona è ancora tempo di festeggiamenti, ma già molti tirano le somme di una campagna elettorale che ha consegnato all'ex calciatore un risultato che politicamente è bene decifrare. Perché lo stesso protagonista lo definisce "un segnale per la politica nazionale" e perché - lo dice il senatore dem Vincenzo D’Arienzo - in una roccaforte della destra ha dimostrato l'appartenenza non è tutto
“Si va / si va / tutti in piazza Bra”, cantano i ragazzi con le magliette gialle, diventate da settimane il simbolo di un’altra-Verona che cresceva nei quartieri, un laboratorio di politica e di impegno civile. Davanti all’Arena, tra le scenografie della stagione operistica, prima timide, poi sempre più forti, si alzano le note di “Bella Ciao”. Un fatto impensabile fino a qualche mese fa, in una città che ha conquistato le pagine per polemiche legate ai convegni tradizionalisti sulla famiglia, alla cittadinanza onoraria revocata dal consiglio comunale a Roberto Saviano, agli anatemi contro i transgender o i gay, alle riflessioni pubbliche sulla purezza razziale, alla chiamata (elettorale) alle armi per contrastare l’avanzata comunista e una supposta libanizzazione civile. È una notte di festa in piazza Bra. E’ cominciata nel quartier generale della Rete!, il movimento civico del nuovo sindaco Damiano Tommasi, quando poco prima della mezzanotte i dati si sono cristallizzati.
Una vittoria al ballottaggio netta, mai messa in discussione nonostante gli appelli di Federico Sboarina a tutto il centrodestra di votare compatto per fermare l’avanzata dell’ex calciatore, inaspettatamente balzato in testa al primo turno. Così il risultato finale dice che Tommasi ha vinto con 50.118 voti, pari al 53,40 per cento, mentre l’avvocato di Fratelli d’Italia ha dovuto accontentarsi di 43.730 voti, pari al 46,60 per cento. La partita di ritorno, come Tommasi l’aveva definita, si è conclusa allo stesso modo di quella dell’andata. Sboarina ha preso 8mila voti in più, Tommasi 7mila, e quindi il distacco tra i due è rimasto pressochè invariato. Lo zampino ce l’ha messo sicuramente Flavio Tosi (con Forza Italia), che non ha mosso un dito per convincere i suoi elettori ad andare a votare, visto che il sindaco uscente aveva rifiutato un apparentamento formale, previsto dalla legge elettorale. Niente accordo, niente voti. E così Sboarina è franato piuttosto fragorosamente.
L’”onda gialla” è straripante nella notte. Tommasi abbraccia la moglie e i sei figli, poi esce per raggiungere la piazza da dove, poco prima delle due, entra in Municipio tenendo in mano una bandiera dell’Europa. Ma prima dell’ingresso nella sala degli Arazzi, una foto oceanica sulla gradinata, tutti con le braccia alzate. Pacato risponde a tutti, sempre un po’ alle stesse domande. “Abbiamo girato pagina, Verona ha girato pagina. Non era un passaggio facile, né scontato. Adesso dobbiamo cominciare a scrivere quelle nuove”. Cosa significa questa vittoria? “E’ una vittoria storica per Verona. Il primo significato è dato dalla sensazione che è cominciata una fase nuova, attorno a me ho visto tanti giovani, ho visto crescere energie nuove, tante belle persone. Questo è il primo segnale”. Il secondo? “Che si può fare una campagna elettorale e vincerla anche senza attaccare l’avversario, senza provocarlo, senza insultarlo e senza cadere nelle provocazioni. Noi abbiamo parlato con la gente, proposto progetti, indicato cosa fare”. Un’osservazione ulteriore. “Abbiamo smosso tante energie al di là delle appartenenze e anche questo mi sembra un segnale nuovo”. È un segnale per la politica nazionale? “Sicuramente, ma ho sempre detto che io sono impegnato in questa partita a Verona, in sede locale”. Le opposizioni? “Ringrazio gli altri candidati, perché anche grazie a loro è nato un dibattito attorno ai problemi di Verona come non accadeva da anni”.
Ogni persona un abbraccio. Così Tommasi saluta i suoi elettori, centinaia di persone, tantissimi giovani che l’hanno accompagnato in quella che sembrava un’impresa impossibile, far eleggere un sindaco non di centrodestra, a distanza di vent’anni dal 2002 quando a vincere era stato l’avvocato Paolo Zanotto, protagonista di una stagione che non si era ripetuta. Nel 2007 era sorta la stella di Flavio Tosi, che per dieci anni ha governato la città, prima da leghista, successivamente in conto proprio, dopo l’espulsione dalla Lega, di cui era segretario regionale, avvenuta nel 2015. Nel 2017 ecco spuntare Federico Sboarina, con il movimento Battiti, già consigliere di Alleanza Nazionale, poi assessore dello stesso Tosi. In corso d’opera, un anno fa, il sindaco aveva preso la tessera di Fratelli d’Italia, lasciando con un palmo di naso Matteo Salvini.
C’è stato un errore di prospettiva politica, da parte di Sboarina. Lo spiega Italo Sandrini, avvocato, della lista Tommasi Sindaco, nonché componente dell’ufficio di presidenza nazionale delle Acli. “Non ha capito che Verona è cambiata, che i tempi del sindaco Zanotto, ad esempio, appartengono ormai alla preistoria. Le giovani generazioni non sono assenti, anche in loro nasce la passione per la politica. Basta saperli ascoltare. E questa è una dote di Tommasi”. Vincenzo D’Arienzo, senatore del Pd: “Tommasi ha vinto perché ha dimostrato di saper andare oltre gli steccati di appartenenza, mentre chi ha amministrato la città ha cavalcato squallide divisioni”.