In Germania il Tribunale di Neuruppin nel Brandeburgo ha condannato a cinque anni di reclusione un 101 enne ex guardiano del lager nazista di Sachsenhausen, Josef Schütz, per concorso in omicidio in 3.518 casi tra il 1942 ed il 1945. L’accusa riguardava casi di fucilazioni di prigionieri di guerra sovietici, gassazione di deportati, così come anche i decessi per le condizioni disumane di detenzione. Non ci sono prove che l’uomo abbia ucciso in prima persona, ma con la sua attività ha reso possibile che il lager funzionasse e l’omicidio nell’ordinamento tedesco non cade in prescrizione.
Con la condanna pronunciata alla trentaquattresima udienza (il caso è protocollato Az.: 11 Ks 4/21) i giudici hanno accolto le richieste del procuratore. Anche il legale di parte civile, Thomas Walther, aveva richiesto una condanna ad una pena detentiva di non oltre 5 anni. Il difensore, Stefan Waterkamp, aveva invece perorato per un’assoluzione per mancanza di prove di colpevolezza diretta ed ha già dichiarato che procederà ad appello. La sentenza rispecchia tuttavia la pronuncia del processo a John Iwan Demjanjuk del 2011 che per prima ha aperto i giudizi anche ai ranghi inferiori nella gerarchia nazista escludendo la necessità di provare la partecipazione personale a uccisioni specifiche. Giurisprudenza poi ribadita con il caso di Oskar Gröning sia dal tribunale di Lüneburg nel 2015, che anche dai giudici di Karlsruhe nel 2016: l’essere rimasto scientemente a servizio di una fabbrica di morte giustifica la condanna in correo.
Josef Schütz è il più anziano ex guardiano nazista che abbia finora dovuto rispondere in un’aula di giustizia ed il processo ha dovuto più volte essere interrotto per le sue condizioni di salute. Pur comparendo alla fine in sedia a rotelle al dibattimento svolto vicino dove ancora vive, a Brandeburgo/Havel, ha dimostrato però un fisico robusto e buone capacità di recupero superando sia un’infezione da Covid, che un’operazione per una larga ferita ad un piede per cui aveva cercato invano di farsi dichiarare incapace di proseguire il giudizio.
Per tutto il processo ha negato di aver partecipato ai crimini ascrittigli e di essere stato soldato unicamente in Lituania, e col passaggio nel Reich tedesco meramente operaio e contadino a Pasewalk (Meclemburgo-Pomerania). Ma le prove di tre anni in servizio nel lager nazista sono apparse evidenti ed uno psichiatra geriatrico ha escluso che fosse affetto da demenza. Poco prima dei 21 anni, nel 1941, aveva aderito alle SS e numerosi documenti hanno confermato che fino al febbraio 1945 è stato guardiano a Sachsenhausen, per poi essere spedito al fronte finendo quindi in prigionia sovietica fino al 1947. Stabilitosi quindi in Brandeburgo, ha lavorato in una cooperativa agricola. Nella Ddr non ha però mai dovuto rispondere del suo passato anche se la Stasi dalla fine degli anni Settanta ne era a conoscenza, e neppure nella Repubblica Federale Tedesca fino al processo appena conclusosi. Non dovrà comunque probabilmente mai effettivamente andare in carcere, passati almeno otto mesi perché si svolga l’appello.
In effetti nessuno dei condannati per reati analoghi dal 2011 ha dovuto farlo, ma ciò non toglie l’efficacia morale e riparatoria dell’azione penale per i sopravvissuti ed i familiari delle vittime. John Demjanjuk fu rimesso in libertà, apolide, ed affidato ad un ospizio; Oskar Gröning, pur dovendo andare in carcere, morì tre mesi prima; morì senza dover scontare la pena di 5 anni anche l’ex guardiano di Auschwitz, Reinhold Hanning; mentre Bruno Dietz è stato condannato secondo il diritto giovanile ed ha goduto della sospensione condizionale; Johann Rehbogen infine, accusato di aver fatto il guardiano a Stutthof a 19 anni, si ammalò durante il processo e fu giudicato inidoneo a sottostare al giudizio.
Attualmente è ancora in corso a Itzehoe (Amburgo) il processo alla novantaseienne Irmgard Fûrchner che a 18 anni fu segretaria di Paul Werner Hoppe, l’ex capo del lager di Stutthof vicino a Danzica. Hoppe stesso nel dopoguerra fu condannato a 9 anni e ne scontò 7. Il procuratore capo dell’autorità centrale investigativa per i crimini nazionalsocialisti Thomas Will ha dichiarato che la sua unità sta verificando altri tre casi ed ha già trasmesso altri sei fascicoli a diverse procure tedesche. In particolare, figurano tra essi quelli di due uomini di 97 e 98 anni che sono stati guardiani a Sachenhausen e di una donna di 99 anni in servizio a 19 anni a Ravensbrück, in corso di esame della procura di Neuruppin.