Di questi giorni è la notizia del sindaco di Moncalieri – la quinta città del Piemonte per numero di abitanti – che ha patteggiato una pena di 10 mesi di reclusione riconoscendosi colpevole dei tre reati che gli erano contestati, tutti collegati alla mancata corretta esecuzione della pena sostitutiva che aveva chiesto a fronte di una possibile condanna. Ha ingannato il giudice che aveva accettato di concedergli la “messa alla prova” – una pena alternativa per reati lievi che consiste nella trasformazione della pena detentiva in volontariato presso associazioni e enti benemeriti – facendo tutt’altro, beccato a barare sulle misure alternative che aveva chiesto e ottenuto.
Montagna era stato indagato la prima volta per accesso abusivo all’archivio informatico delle forze dell’ordine, avvenuto nel 2017. Aveva chiesto a una funzionaria del comune di Torino di controllare i precedenti penali di un soggetto di cui si stava occupando. Questa aveva chiesto aiuto a un funzionario di polizia, così erano finiti tutti e due sotto inchiesta a causa del favore reso a Montagna, complici in un reato che prevede pene fino a 5 anni. Per tamponare il disastro l’avvocato di Montagna aveva chiesto – e ottenuto – dal magistrato la “messa in prova”: 160 ore di volontariato da svolgere presso il servizio di Protezione Civile della sua città (altroché conflitto di interessi!) e presso un’associazione che segue i degenti psichiatrici dell’ospedale Molinette di Torino, così da estinguere il reato e bloccare il processo.
Le ore di “messa alla prova” sono state regolarmente certificate, solo che, mentre risultava dedito all’accudimento dei malati e/o impegnato in mirabolanti imprese di protezione civile nel comune in cui è sindaco, in alcuni casi lui era altrove. Lo hanno verificato gli inquirenti tracciandogli il telefono (ma non imparano proprio mai, questi impuniti?): dal dentista, in riunioni in comune, a presiedere la giunta. Così ha finito per inguaiare chi l’aveva coperto, a cominciare dalla direttrice della protezione civile di Moncalieri (ha patteggiato un anno e due mesi) per finire con la vicedirettrice dell’associazione Amici del Malato (5 mesi e 10 giorni).
L’epilogo qualche giorno fa: il sindaco, a questo punto a processo oltre che per l’accesso abusivo al sistema informatico delle forze di polizia anche per i due falsi ideologici, patteggia la condanna a 10 mesi con la condizionale. Così evita anche la decadenza dalla carica come da Legge Severino. Dunque “tutto bene, madama la marchesa?”. Non proprio.
Montagna è un esponente di spicco del Pd piemontese, sindaco rieletto al primo turno nel 2020 con oltre il 65% dei voti validi. Non uno qualunque. Per questo leggere dei suoi comportamenti, in larga parte già raccontati dai media prima delle elezioni di due anni fa, dovrebbe suscitare un moto di sdegno nei suoi compagni di partito e nei suoi concittadini: come avere fiducia in un sindaco che tiene un comportamento così delinquenziale, approfittando smaccatamente della sua posizione e intrecciando vicende personali, politiche e istituzionali con questa disinvoltura? Possibile che il suo partito e il suo Comune non abbiano niente da dire e che, magari, gioiscano con lui perché con il patteggiamento ha evitato la decadenza da sindaco, come se il problema si risolvesse in questo?
La città di Moncalieri è socia di “Avviso Pubblico – Enti locali e Regioni contro mafie e corruzione”, dunque i suoi amministratori dovrebbero essere in prima fila a dare l’esempio e a provare seriamente a mettere in pratica i principi che l’associazione – finanziata con quote versate dai comuni soci che le prelevano dei loro bilanci, vale a dire dalle tasche dei cittadini – sbandiera come inderogabili per risollevare il paese e portarlo fuori dalle secche dell’illegalità diffusa. Non risulta finora che gli organismi dell’associazione siano intervenuti a censurare il comportamento di Montagna e a prendere le distanze dalla disinvoltura con cui esercita la sua carica. Non risulta neanche che nel suo comune lo sdegno stia producendo chissà quale reazione, ma non è ancora il tempo dei giudizi.
Per adesso conviene limitarsi a constatare ciò che è già evidente e pressoché incontrovertibile: il mondo politico di Moncalieri deve proprio essere un covo di vipere, visto che tutte le inchieste che riguardano la gestione della città partono da esposti partiti da quel mondo lì (sappiano i lettori che sono in gestazione altre inchieste, sempre sulle azioni del sindaco Montagna e di alcuni suoi sodali). Anche per questo stupisce che il sindaco Montagna, nel farsi i fatti suoi, non sia stato più accorto: in pratica ha utilizzato il telefono come un privato cittadino al quale non importa nulla di essere ascoltato e tracciato, semplicemente perché non ha niente da nascondere.
Come altri suoi colleghi coinvolti in faccende simili, forse è stato traviato dall’idea che agli eletti è permesso un po’ di più che ai comuni elettori. Tanto che, un anno fa, commentando l’indagine, dichiarava: “Ma so e sapete bene chi sono e quali siano i miei e i nostri valori di riferimento. Per questa ragione, pur nella grande amarezza, sono sereno e sono certo che le indagini della magistratura, di cui come sempre sono a disposizione, sapranno accertare la verità, una verità che io già conosco”. Ecco perché ha patteggiato invece che andare a processo.