Continua l’Onda Pride per questo “giugno arcobaleno” che prosegue non proprio all’insegna della leggerezza. Dopo la morte di Cloe Bianco, che molto ha segnato l’intera comunità Lgbt+ italiana, e dopo i tragici fatti di Oslo si va in piazza con la consapevolezza che la libertà di manifestare è qualcosa non data una volta per tutte. Qualcosa da conquistarci e difendere ancora.

L’attentato alla comunità Lgbt+ della capitale norvegese ha cancellato, infatti, la possibilità di marciare sabato scorso. Ragioni di sicurezza, hanno addotto le forze dell’ordine. Il semplice diritto di scendere in strada e rivendicare ciò che siamo è ancora oggi a rischio e basta o l’azione politica di qualche governo ostile, o l’azione di un criminale che si mette a sparare tra la folla.

Per tutte queste ragioni, fare i pride è necessario. E oggi che è il 28 giugno, anniversario dei moti di Stonewall, più che mai. Ma in campo non c’è solo la questione Lgbt+. La recente sentenza della Corte Suprema degli Usa, che ha cancellato il diritto all’interruzione di gravidanza, è la riprova che i diritti civili sono sotto assedio. E lo sono da parte di una destra reazionaria e antidemocratica che ha, tra i suoi obiettivi, la limitazione della libertà individuale di donne e persone Lgbt+. Per questo l’alleanza tra queste due categorie è più che mai necessaria, con buona pace di certo pseudo-femminismo che lotta contro le istanze della comunità arcobaleno.

Per queste ragioni, dunque, sabato 2 luglio in ben cinque le città si accenderanno dei colori dell’arcobaleno: Bari, Catania, Napoli, Milano e Sassari. E domenica 3 luglio è invece il turno di Padova. Centinaia di migliaia di appartenenti alla società civile marceranno per ricordare a quelle destre illiberali, dentro e fuori il nostro Paese, che il tentativo di cancellare diritti civili e dignità individuale non troveranno una popolazione inerme e pronta a chinare il capo. Tutt’altro.

E proprio da Catania – perdonerete il momento campanilista, ma è la realtà che conosco meglio – è previsto, a partire da oggi, il primo Pride Village della città, in cui si incontreranno personaggi del mondo della cultura per parlare di visibilità e diritto al coming out (Franco Buffoni, oggi alle 19:00, con il suo libro Vite negate), linguaggio inclusivo (con l’intervento di Manuela Manera che ha scritto La lingua che cambia), l’incontro con i Papà per scelta, che oltre a presentare la loro ultima fatica letteraria – Quattro uomini e una stella – racconteranno la loro storia di omogenitorialità. E, infine, un urgente dibattito sullo statuto dell’eterosessualità.

Proprio su questo ultimo punto vorrei concentrare l’attenzione di chi legge, partendo dal titolo all’incontro: L’eterosessualità è “naturale”? Sguardi critici e orientamento dominante. Dialogheranno Giuseppe Burgio – pedagogista all’Università Kore di Enna – e il filosofo Lorenzo Gasparrini, insieme a Luisa Chiarandà, insegnante, e all’attivista Elvira Adamo, tra le animatrici del recente Ragusa Pride (il primo nel capoluogo siciliano e, nonostante ciò, molto partecipato).

“Da sempre l’omosessualità è sotto i riflettori” si legge nel comunicato dell’evento, che si terrà venerdì 1° luglio alle Ciminiere di Catania, “per capirne le cause che la determinano, il suo status nel disegno della natura. Di contro, l’eterosessualità è un fenomeno mai problematizzato, definito “secondo natura”. Eppure gli orientamenti tutti sono il risultato di una cultura che li determina, li narra, li classifica. E tale narrazione può fare la differenza”. Così come non esiste un’omosessualità “contro natura”, non esiste nemmeno un’eterosessualità come unica nota dominante nello spettro delle identità sessuali. Eppure è così che viene, tuttora, raccontata.

“La domanda da cui partiamo è dunque la seguente: l’eterosessualità è naturale? O è il frutto di una cultura che va rivista integralmente?”.

Partendo da tale messa in discussione, lo spettro rivendicativo del Catania Pride quest’anno può essere visto – insieme ad altre manifestazioni dell’Onda, naturalmente – come cartina al tornasole di quanto c’è ancora da fare in questa nostra società per rendere il nostro paese qualcosa di quanto più lontano possibile da certe democrature dell’est europeo e di quanto più vicino alle moderne e avanzate democrazie del pianeta, di vecchia e nuova generazione: diritto alla visibilità, libera autodeterminazione nelle scelte procreative (Gpa compresa) e in quelle di fine vita, matrimonio egualitario, diritti alla salute per le persone transgender e rispetto dell’identità, critica alla guerra e all’impianto eteronormativo. Tutti temi che interrogano la nostra società su cosa vuole essere. Se un residuo primo-novecentesco connotato da fascismi più o meno striscianti, o un insieme di soggetti pensanti e consapevoli che scelgono di essere persone autentiche.

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