In una lunga intervista al Corriere della Sera l’autore di Lezioni di sogni (Mondadori), da oggi nelle librerie, esplora aspetti e dettagli di un passato discusso e sopra le righe
L’amore per un manichino, i testi divulgativi “per le lavandaie”, il coma e le apparizioni tv che gli hanno rovinato la carriera. Paolo Crepet si racconta al Corriere della Sera. In una lunga intervista l’autore di Lezioni di sogni (Mondadori), da oggi nelle librerie, esplora aspetti e dettagli di un passato discusso e sopra le righe a partire dalle prime apparizioni nei talk alla Porta a porta come “esperto” a commentare efferati delitti italiani come quello di Novi Ligure e Cogne. “Non dobbiamo avere paura di farci capire. E di capire, a nostra volta, chi fa cose diverse da noi. Si chiama apertura mentale, curiosità (…) Ho pagato molto caro la mia presenza assidua a trasmissioni come “Porta a Porta”. Certi ambienti accademici mi hanno chiuso i cancelli. Ma io non mi pento di aver fatto una buona divulgazione”, ha spiegato il 71enne Crepet, due lauree (medicina e chirurgia, sociologia e specializzazione in psichiatria). “Una volta un famoso psicoanalista, per criticare un mio testo, disse che io “scrivo per le lavandaie”. Mi ferì, certo, eppure trovai quella frase conforme a ciò che tentavo di fare nel mio lavoro. Divulgare non significa volgarizzare, ma trovare un lessico capace di parlare a chiunque”. Crepet ricorda le difficoltà relazionali col padre (“mai un bravo nonostante le lauree”), quando si addormentò durante la diretta di Miss Italia o l’apparizione a Sanremo, il folgorante amore per un manichino in un laboratorio artigiano di Napoli, i tre incidenti in moto che lo fecero finire in coma tre volte, l’aver sfiorato di pochi metri i detriti della bomba alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 (“dovevo cambiare treno… un boato e poi un odore di morte e polvere”), il rapporto con Franco Basaglia, l’incontro con Martin Luther King o i numerosi viaggi di formazione in gioventù: “Non tutti sanno che io sono stato in India a studiare i costumi delle comunità rurali. A Toronto con venti gradi sotto zero, a Chandigarh arsa dal sole alle pendici dell’Himalaya, in periferie londinesi sporche e nebbiose o in quelle ancor più pericolose di Rio de Janeiro”. Infine l’oramai classico cruccio crepetiano: le generazioni future e il rapporto genitori figli: “Penso che molti genitori che in gioventù hanno scelto di contestare i genitori poi abbiano finito per diventare servi dei propri figli. Il permissivismo non è educazione, così come non lo è l’assurda scelta di installare sul loro cellulare una app per geolocalizzarli: quello per me è un mettersi l’animo in pace”.