I risultati dei ballottaggi segnano, in tutta Italia, una schiacciante vittoria del centrosinistra con un chiaro baricentro nel Partito democratico.
Ogni elezione fa storia a sé e proiettare questo dato sul voto alle Politiche può essere fuorviante. Si è votato per la guida di piccole e medie città, non per il governo del Paese. Non vi è alcun dubbio, però, che i motivi di incoraggiamento e di riflessione per il centrosinistra vi siano ed anche rilevanti.
Intanto, il dato sull’astensione ci dice che, questa, è ancora numericamente troppo consistente. Poi, l’affermarsi di figure civiche o comunque al di là degli angusti steccati di partito. Verona in particolare.
Ma il punto politico più significativo è la concreta possibilità di battere il centrodestra in ogni parte d’Italia.
Se la legge elettorale rimanesse questa, per il voto nazionale risulta chiaro che nessuna forza democratica può – ne deve – chiamarsi fuori dalla responsabilità prioritaria di evitare di consegnare il Paese ad una destra priva di capacità di governo e di coerenza. È possibile individuare alcune priorità programmatiche, proporre nei collegi candidature innovative sulle quali far convergere un ampio schieramento anche civico.
Chi solleva presunte incompatibilità tra riformisti e, per esempio, i cinque stelle oggettivamente facilita la vittoria di un centrodestra a guida Meloni. Occorre un lavoro paziente di inclusione che Enrico Letta sta dimostrando di saper fare egregiamente.
Appaiono assai strampalate le teorie di un terzo polo per tenere l’attuale Presidente del Consiglio a Palazzo Chigi, dopo il voto. L’autorevolezza e capacità di Draghi sono elementi autonomi e distinti dal confronto tra due nette e diverse opzioni politiche.
Dal voto di ieri è emersa chiara la strada da seguire se si vuole vincere. È tempo che ognuno si assuma, di fronte al Paese, le proprie responsabilità.