Lobby

Salvini vuole un’altra pace fiscale. Ecco com’è andata le altre volte: con rottamazioni e saldo e stralcio recuperato solo un terzo del previsto

I dati dell'Agenzia delle Entrate Riscossione raccolti dalla Corte dei Conti descrivono il flop delle misure varate da tutti i governi negli ultimi sette anni. Dalla prima rottamazione (2016) erano attesi 17,7 miliardi e ne sono arrivati solo 8, la seconda (2017) ha portato all'erario 2,6 miliardi a fronte di 8,4 attesi, la terza (2018) 6,2 su 26,3. Con il generoso Saldo e stralcio riservato alle persone in difficoltà economica incassati solo 670 milioni: l'obiettivo era il doppio. In più, avvertono i magistrati contabili, ogni nuova "definizione agevolata" indebolisce l'azione di controllo dell'ente della Riscossione. Secondo il leader leghista serve una nuova tornata

Urge la pace fiscale. Una nuova rottamazione, un’altra rateizzazione delle cartelle sotto una certa cifra. Parola di Matteo Salvini, secondo cui va fatta subito: “Ci sono 140 milioni di cartelle esattoriali dell’Agenzia delle Entrate pronte a partire e sarebbe una strage”. E per di più a fronte di 1000 miliardi di arretrato si possono recuperare, sostiene il leader della Lega, “mal contati 30 miliardi” da utilizzare per “adeguare salari e pensioni al costo della vita” o aumentare lo sconto sulla benzina. Ma davvero basterebbe così poco per far contenti i contribuenti e rimpinguare le casse dello Stato? I risultati dei numerosi interventi di “definizione agevolata” dei debiti a ruolo messi in campo da vari governi negli ultimi sette anni dicono il contrario. Stando a dati dell’Agenzia delle Entrate Riscossione raccolti dalla Corte dei Conti, ogni volta che la politica ha chiesto al fisco di tendere la mano a chi aveva delle pendenze, abbuonandogli una parte del dovuto, l’incasso finale è ammontato solo a una minima parte dell’introito previsto. In tutto un terzo. Quanto alla possibilità di svuotare in quel modo il “magazzino” delle cartelle, è inesistente: quasi il 90% è irrecuperabile o già oggetto di azioni esecutive parzialmente fallite.

La prima rottamazione: riscosso meno di metà del previsto – La situazione è ben nota ai magistrati contabili, che da anni avvertono come queste continue offerte di “pace” indeboliscano l’azione di controllo dell’ente della Riscossione – trasformato in una specie di finanziaria che fa credito ai contribuenti – e scoraggino dal pagare il dovuto nei tempi previsti: perché preoccuparsi per una multa o una cartella esattoriale, se presto o tardi arriverà un’altra rottamazione? Il risultato è come sempre descritto con dovizia di particolari nell’ultima Relazione sul rendiconto generale dello Stato, presentata il 24 giugno. Partiamo dalla prima rottamazione, varata nel 2016 dal governo Renzi. Chi aderiva poteva mettersi in regola rispetto a carichi risalenti agli ultimi 16 anni saldando in un massimo di cinque rate solo il debito originario, senza sanzioni e interessi di mora che generalmente ammontano a circa un terzo dell’importo. Hanno aderito 1,4 milioni di persone (non molte considerato che ad oggi sono 19 milioni i contribuenti con cartelle non pagate) per una cifra lorda di 31,2 miliardi. Avrebbero dovuto versarne 17,7 ma l’importo riscosso nei termini si è fermato a meno della metà, 8,3. Omesso versamento pari a 9,5 miliardi, annota la Corte dei Conti.

Rottamazione bis e ter: manca due terzi dell’introito atteso – A fine 2017 (governo Gentiloni) nella speranza di fare più cassa la definizione agevolata è stata riaperta, consentendo di chiudere i conti sulle cartelle non ammesse alla precedente tornata e sui nuovi debiti accumulati nel frattempo. Stavolta hanno partecipato in poco più di 810mila, con debiti lordi per 14,1 miliardi. Introito previsto: 8,4 miliardi. Il fisco ne ha visti finora solo 2,6. Avanti veloce: nell’autunno 2018 il governo Conte 1 ci ha riprovato con la Rottamazione ter. Ammettendo anche chi avesse aderito alle due precedenti edizioni e fosse in regola con i pagamenti. Il terzo tentativo, spiegava la relazione tecnica, avrebbe avuto più “appeal” grazie al maggior numero di rate e alla possibilità di spalmarle su 5 anni. E in effetti anche in questo caso a cogliere la chance sono stati 1,4 milioni di italiani, ma per un valore lordo monstre: ben 43,5 miliardi. Introito previsto: 26,3. Com’è andata? La partita non è ancora finita, ma stando all’ultimo aggiornamento a fine 2021 erano rientrati in tutto solo 6,2 miliardi. E le rate considerate ancora “da riscuotere” nel 2022 e 2023 per i piani ancora in essere al 31 dicembre 2021 si fermano a 1,7 miliardi. Se tutto va per il meglio, insomma, alla fine ne mancheranno all’appello 18.

Il Saldo e Stralcio: recuperati solo 670 milioni – Avanti ancora: dopo aver stralciato automaticamente 123 milioni di cartelle sotto i 1000 euro di 12,5 milioni di contribuenti affidate alla Riscossione tra 2000 e 2010, con la legge di Bilancio 2019 il governo gialloverde ha fatto un passo in più riservando ai contribuenti “in grave e comprovata situazione di difficoltà economica” (Isee sotto i 20mila euro) che non avessero versato imposte dichiarate di chiudere i conti con il fisco pagando solo il 16, 20 o 35% dell’importo di debito, sanzioni e interessi. Il cosiddetto Saldo e stralcio ha totalizzato 385mila adesioni per 9,3 miliardi di debiti. Si puntava a riscuoterne 1,2, invece si sono recuperati solo 673 milioni. La pandemia ha fatto il resto, inducendo a rinviare nuovamente i termini di pagamento delle rate in scadenza. Fatte le somme, negli ultimi sette anni è stato recuperato in tutto il 32% dei 53,7 miliardi di introiti previsti.

Il nuovo condono e il flop della proroga – Il condono delle cartelle fino a 5mila euro datate 2000-2010 che è stato tra i primi atti del governo Draghi non ha certo contribuito a incoraggiare i versamenti. Lo scorso febbraio, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra ha spiegato che all’1 gennaio il 43% dei contribuenti che avevano aderito a Rottamazione ter e Saldo e stralcio aveva perso i benefici della definizione agevolata perché non aveva pagato. Per tentare di colmare l’ammanco, durante la conversione del decreto Sostegni ter è arrivata l’ennesima proroga che consente di corrispondere le ultime rate entro la fine di quest’anno. Visti i precedenti, il flop è dietro l’angolo. A metà maggio secondo Il Sole 24 Ore meno della metà degli interessati aveva deciso di approfittare della possibilità di rientro.

Salvini, al solito impermeabile alle statistiche, è convinto che un’altra “pace” sia necessaria e destinata al successo. “A sinistra dicono che rottamare le cartelle significa premiare gli evasori, ma non è vero”, assicura. “Mi dai una parte, io Stato incasso e li uso per le pensioni, per gli stipendi, per le bollette”. Che siano evasori o contribuenti che hanno dichiarato ma non vogliono o possono pagare, per l’erario cambia poco: senza una riforma della riscossione – che il governo ha rimandato a data da destinarsi – i 92 miliardi di arretrato ancora recuperabile finiranno anche quelli al macero.