L’indipendenza degli istituti di statistica europei finisce sotto attacco dopo le revisioni dei dati sul pil del primo trimestre. Al rialzo per l’Italia, al ribasso per Spagna e Francia. Lunedì Juan Rodríguez Poo, direttore dell’Istituto Nazionale di Statistica spagnolo (Ine), stando a una nota del ministero dell’Economia e della trasformazione digitale ha “espresso la volontà di lasciare l’incarico per motivi personali” al termine di un processo di riforma che porterà all’approvazione di un nuovo statuto. Ma nei giorni scorsi la ministra e vicepremier Nadia Calviño ha apertamente messo in discussione il dato sull’esplosione dei prezzi e il taglio di quello sulla crescita economica tra gennaio e marzo, rivisto al ribasso dallo 0,3 allo 0,2%. E il giornale online El Confidential ha scritto che intendeva defenestrare il numero uno. Per il leader dell’opposizione, il popolare Alberto Núñez Feijóo, il governo Sanchez ha fatto fuori Rodriguez Poo in quanto “responsabile di elaborare” dati che non corrispondono alle “ottimistiche previsioni” dell’esecutivo e sta in questo modo “mettendo in discussione l’affidabilità” dei dati statistici ufficiali spagnoli.

L’Associazione statistici superiori dello Stato (Aese) è in allarme. In un duro comunicato in cui sottolinea che negli ultimi 30 anni, da quando è in vigore l’attuale legge sulla statistica pubblica, nessun presidente dell’Ine è stato destituito senza che ci fosse un cambio di governo. E ricorda di aver sollecitato più volte la fissazione di un mandato temporale, che sottrarrebbe il ruolo dal rischio di indebite pressioni “da parte degli interessi politici, sociali ed economici”. Il problema non è il dibattito pubblico su metodologia e cifre, chiarisce l’Aese, ma la “novità senza precedenti” rappresentata dal fatto che “dal governo stesso, e in particolare dal Ministero dell’economia e della trasformazione digitale, vengono messi in discussione dati di Ine rilevanti come l’Indice dei prezzi o il pil”. Con tanto di messa a punto, a partire dallo scorso settembre, di una statistica non ufficiale fatta in casa dal ministero di Calviño e battezzata “Indicator diario de actividad“. Stando alla quale Madrid avrebbe recuperato i livelli di crescita pre Covid già a novembre, molto prima di quanto previsto da tutti gli analisti e le organizzazioni internazionali. Secondo cui la Spagna è fanalino di coda nella Ue per velocità della ripresa.

La sgrammaticatura istituzionale gravissima e confligge con i principi di indipendenza che sono alla base del Codice europeo di statistica. Se ci si aggiunge il discredito che deriva dall’uscita “forzata” del presidente, la situazione può essere interpretata come “un attacco all’indipendenza dell’istituto, motivato dal fatto che i numeri pubblicati da Ine (…) non sono in sintonia con le previsioni del governo”, si legge nella nota. La vicenda è solo all’inizio ma, con la presa di posizione dell’associazione nazionale, inizia a somigliare al caso dell’ex presidente dell’ufficio statistico greco (Elstat) Andreas Georgiou, che praticamente tutto l’arco costituzionale ellenico ha individuato come capro espiatorio per le misure di austerity imposte al Paese durante la crisi del debito facendolo finire al centro di una lunga serie di azioni giudiziarie non ancora concluse.

In Italia a prendersela con l’Istat non è stato (per fortuna) il governo, ma un’accusa fuori dalle righe – e non supportata da alcun dato – è arrivata nei giorni scorsi dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Che ha ventilato l’ipotesi che l’istituto abbia “abbellito” i numeri sul pil per fare un favore a Palazzo Chigi: “Nel silenzio più assoluto al 31 maggio di quest’anno Istat ha rivisto alcuni parametri con cui si calcola il Pil (falso, i parametri non sono stati modificati: si tratta solo della usuale revisione delle stime preliminari, ndr). Effetto per cui il quarto trimestre del 2019 è stato rivisto e guarda caso al 31 marzo 2022 magicamente siamo ritornati a livelli pre-Covid“, ha detto all’assemblea annuale di Confindustria a Cuneo. “Ecco io su questa elaborazione dei numeri starei molto attento, perché non vorrei che qualcuno iniziasse a raccontarci che sta andando tutto bene“. L’ex presidente Inps Tito Boeri e l’ex commissario alla spending review Roberto Perotti su Repubblica ricordano come Bonomi non abbia “trovato nulla da ridire” un anno fa, nonostante una correzione ben più consistente: “Forse perché in quel caso la revisione era al ribasso e dava modo al presidente di Confindustria di chiedere al governo più fondi per la sua categoria”. E sfidano il numero uno degli industriali, se ritiene che “il sistema statistico europeo segua una metodologia sbagliata“, a dire “esattamente dove sta l’errore”. Un paradosso per arrivare alla conclusione che “minare la credibilità delle statistiche economiche per il fatto stesso che un dato non piace è un esercizio pericoloso. Il problema sarà particolarmente serio ora. Quando l’inflazione aumenta, c’è sempre chi sostiene che i dati ufficiali sono sbagliati, per eccesso o per difetto. Togliere credibilità ai numeri dell’Istat significa aprire le porte ad ogni tipo di rivendicazione di questa o quella categoria”.

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