Diritti

Un cambiamento culturale resta l’unica risposta alla violenza degli uomini contro le donne

di Roberta Ravello

Secondo i dati diffusi del Viminale, una donna in Italia è uccisa ogni tre giorni e sono 56 le vittime dal primo di gennaio scorso. A ucciderle i mariti, compagni ex fidanzati, in alcuni casi persino i figli. Sono donne del sud, del nord e anche del centro. Giovani ma anche anziane, italiane e anche straniere. Rimane da capire la psicologia di questa furia criminale inflitta alle donne nel momento in cui la coppia non regge al peso del tempo, delle difficoltà, degli amori che vanno e vengono.

L’Istat riporta che le donne muoiono di morte violenta prevalentemente in famiglia, mentre gli uomini per mano di sconosciuti.

L’ultimo report su questo tema del 2019 fornisce un quadro delle caratteristiche delle vittime e degli autori degli omicidi, con un focus specifico su quelli che avvengono in famiglia e in altri contesti relazionali, grazie all’utilizzo di diverse fonti in ambito giudiziario: in particolare, sono stati utilizzati i dati del ministero dell’Interno (che hanno consentito di stimare per la prima volta il numero dei femminicidi), delle Procure della Repubblica, del Casellario Giudiziale Centrale e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. L’Istat riporta che gli omicidi in ambito familiare o affettivo sono il 27,9% del totale degli omicidi di uomini e l’83,8% di quelli che hanno come vittime le donne. Le donne sono uccise soprattutto dal compagno o ex compagno (61,3%): in particolare, 55 omicidi (49,5%) sono causati da un uomo con cui la donna era legata da relazione affettiva al momento della sua morte (marito, convivente, fidanzato), 13 (11,7%) da un ex partner.

Fra i partner, nel 70,0% dei casi l’assassino è il marito, mentre tra gli ex prevalgono gli ex conviventi e gli ex fidanzati. Questi valori sono complessivamente stabili negli ultimi anni. I dati delle forze dell’ordine e dell’Istat definiscono il fenomeno della violenza maschile contro le donne come strutturale, dunque si tratterebbe di un problema culturale, oltre che quantitativo. La fine di un amore allora, al tempo del femminicidio è un rischio mortale per le donne. I tempi moderni hanno portato ad accorciare le distanze tra i generi, uomini e donne amano oggi in modo simile e spesso non per sempre, con il beneficio di potersi separare se le cose non funzionano. Molti e molte sono dediti agli innamoramenti virtuali che tali rimangono anche quando si tenta di farli passare alla realtà, per l’incapacità di investimento affettivo a lungo termine. Sono anche gli anni dei celibi involontari e delle nubili volontarie, della sessualità libera e del cosiddetto “poliamore”, ma mentre queste nuove forme di relazione non costituiscono un rischio mortale per gli uomini, per le donne nascondono la trappola di uomini che non sono pronti ad accettare la libertà d’amare, e di smettere di amare, nella loro partner.

Questo problema probabilmente non si risolve solo con le leggi per punire chi si macchia di femminicidi. Servirà integrare nella cultura che uomini e donne possono innamorarsi e disinnamorarsi alla stessa stregua, che il rischio di rimanere delusi è di entrambi ma, in ogni caso, anche trovandosi dalla parte del deluso, o della delusa, la violenza al fine di vendetta, in qualsiasi forma si presenti è inaccettabile. Oggi c’è più libertà, ma non tutti o tutte sanno gestirla nel migliore interesse per una vita felice. L’amore, quello vero, rimane comunque l’antidoto principale alla solitudine esistenziale e non dovrebbe smettere di essere un valore, anche se oggi si può scegliere liberamente chi amare.

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