Lo stop alle quote di emissione gratuite oggi distribuite alle industrie più inquinanti? Può attendere fino al 2035. E’ la posizione dei 27 governi europei, ufficializzata martedì notte al Consiglio ambiente – per l’Italia c’era il ministro Roberto Cingolani – che ha adottato le posizioni negoziali sul pacchetto Fit for 55 proposto dalla Commissione europea. Quello che punta ad accelerare la decarbonizzazione delle economie del Vecchio continente e comprende non solo il discusso stop alle auto a benzina e diesel dal 2035 ma anche, appunto, la riforma del poco noto sistema di scambio delle quote di emissione dell’Ue (Emissions Trading System). Che sulla carta impone alle imprese ad alta intensità energetica e al settore della produzione di energia di “pagare per inquinare“. In realtà, come ilfattoquotidiano.it racconta da anni, i produttori di energia pagano, ma acciaierie, cementifici, aziende chimiche e altri comparti responsabili di gran parte delle emissioni industriali ricevono grandi quantità di permessi a costo zero. Cosa che non solo rallenta la transizione verde, ma riduce anche i proventi delle aste delle quote di Co2 che potrebbero essere usati per misure di tutela ambientale.
L’esecutivo Ue lo scorso luglio aveva proposto di eliminare progressivamente questo privilegio fino ad azzerarlo nel 2030 in parallelo con l’entrata a regime della nuova carbon tax alla frontiera (una tassa sui beni importati da Paesi con standard ambientali più permissivi). L’Europarlamento, dopo essersi spaccato a inizio giugno, ha votato una settimana fa un compromesso al ribasso che rinvia il phase out al 2032. I ministri dell’Ambiente si sono pronunciati a favore di un ulteriore depotenziamento: se passerà la loro posizione – dopo l’estate inizia il negoziato con le altre istituzioni europee – nel 2030 la riduzione delle emissioni dei settori soggetti al sistema delle quote si fermerà (rispetto ai livelli del 2005) al 61% contro il 63% concordato dagli eurodeputati. In Commissione Ambiente era stato votato un obiettivo molto più ambizioso, il 67%. Inoltre per il Consiglio le quote gratuite non solo resterebbero in vigore fino al 2035 ma sarebbero eliminate in maniera più graduale. Non basta: l’ong Carbon market watch segnala – il testo ufficiale non è ancora disponibile – che la posizione del Consiglio comprende “quote omaggio aggiuntive per il settore siderurgico”, che è stato in prima linea nel fare lobbying per rimandare l’addio ai “diritti a inquinare” gratuiti.
I ministri dell’Ambiente dei 27, poi, riesumano la proposta della Commissione di estendere le quote al trasporto su strada e agli edifici residenziali e non, punto su cui l’Europarlamento ha chiesto deroghe per i privati cittadini fino al 2029. Ma, notano gli attivisti per il clima, ridimensiona il Fondo sociale da finanziare con parte dei proventi del nuovo Ets e a cui attingere a partire dal 2027 per garantire compensazioni alle microimprese e agli automobilisti vulnerabili e integrazioni al reddito delle famiglie più fragili che rischiano altrimenti di essere messe in difficoltà dall’aumento dei costi legato alla transizione verde. L’istituzione guidata da Ursula von der Leyen aveva immaginato che potesse raggiungere nel 2032 una capienza di 72 miliardi, i ministri propongono un tetto massimo di 59 miliardi. I Paesi “frugali” avevano chiesto che la cifra fosse molto più bassa.
Debole, secondo Carbon Market Watch, anche il punto di caduta per aviazione e trasporto marittimo. I ministri propongono di eliminare le quote gratuite alle compagnie aeree gradualmente entro il 2027. In più l’Ets continuerebbe ad applicarsi solo ai voli interni alla Ue (per quelli extraeuropei resta in vigore lo schema internazionale di regolazione delle emissioni Corsia). Quanto allo shipping, l’applicazione dei permessi a pagamento dovrebbe attendere il 2026 per entrare a regime e “gli Stati cedono a una serie di interessi prevedendo molte esenzioni per imbarcazioni e viaggi che non avrebbero bisogno della cosiddetta protezione dal rischio di rilocalizzazione”. Goderebbero di eccezioni le piccole isole, le regioni periferiche ma anche Cipro e Malta.