di Simona Palone*
La previdenza complementare è espressione della previdenza privata, nata con lo scopo di integrare la previdenza pubblica, al fine di garantire alle future generazioni livelli più elevati di pensione. La previdenza pubblica, infatti, rischia di non riuscire a mantenere in chiave prospettica l’equilibrio necessario fra i contributi ricevuti e le prestazioni pensionistiche versate, a causa dei mutamenti nella popolazione degli ultimi decenni: mentre la qualità della vita è migliorata e la popolazione anziana (che percepisce la pensione) è aumentata, le nascite sono fortemente diminuite e con esse il numero di lavoratori attivi che, versando i contributi, finanziano le prestazioni previdenziali.
Proprio per i lavoratori più giovani, il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo nel sistema pensionistico pubblico, ha ridimensionato il tasso di sostituzione, cioè il rapporto tra pensione e ultima retribuzione, che, secondo le stime della Ragioneria Generale dello Stato (“Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio sanitario”, tabella 6.1 Ragioneria Generale dello Stato-Aggiornamento 2021), peggiorerà sia per i lavoratori dipendenti che per gli autonomi sino ad arrivare, nel 2050, rispettivamente al 68,5% per i primi e al 49,3% per i secondi.
Inoltre, il metodo di calcolo contributivo della pensione è tutt’altro che vantaggioso per chi, come molti giovani oggi, si trova a collezionare carriere intermittenti e lavori precari. È in questo quadro che è stata valutata l’importanza di rendere le pensioni adeguate e sostenibili nel lungo termine, sia tramite l’innalzamento dell’età pensionabile con la Riforma Fornero del 2011, che ripensando, in una logica di integrazione e sussidiarietà, il ruolo della previdenza complementare all’interno del sistema previdenziale nel suo complesso.
Sebbene nel nostro ordinamento la disciplina codicistica (artt. 2113 e 2117 c.c.) già avesse previsto la possibilità di costituire fondi speciali di previdenza privata, è solo con l’approvazione del D. Lgs. n. 124/1993 che la previdenza complementare è stata istituzionalmente finalizzata a “concorrere, in collegamento con quella obbligatoria, alla realizzazione degli scopi enunciati dall’art. 38, secondo comma, della Costituzione” (come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza 28.07.2000, n. 393), per la creazione di un sistema di welfare integrato tra sistema pubblico e privato. Questa finalità è stata ulteriormente rafforzata con il D. Lgs. 5 dicembre 2005 n. 252 che, con l’obiettivo dichiarato dalla legge delega n. 243/2004 di “incrementare l’entità dei flussi di finanziamento alle forme pensionistiche complementari” ha confermato il Tfr come forma di finanziamento di tutte le tipologie di fondi pensione (negoziali, aperti e pip), valorizzando ulteriormente la libertà di adesione individuale e i meccanismi di scelta, a beneficio dell’effettivo, concreto, rilancio del secondo pilastro pensionistico.
La relazione annuale presentata dalla commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) il 10 giugno 2022 ha messo in evidenza che, a fine 2021, il totale degli iscritti alla previdenza complementare è di 8,8 milioni, in crescita del 3,9% rispetto all’anno precedente, di cui 3,4 nei fondi negoziali, 1,7 nei fondi aperti e 3,4 milioni ai Pip nuovi. Anche la gestione finanziaria dei fondi pensione ha prodotto risultati nel complesso positivi, tenuto conto che, considerando gli ultimi 10 anni, il rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali è stato del 4,1 per cento, quello dei fondi pensione aperti il 4,6 per cento e quello dei Pip “nuovi” di ramo III il 5 per cento, a fronte di una rivalutazione media annua del Tfr non conferito ai fondi pensione dell’1,9 per cento.
Peraltro, il sistema dei fondi pensione ha sopportato bene il periodo pandemico e ha continuato a mostrare una resilienza di fondo anche a fronte dell’evento bellico in corso. Tuttavia, questi dati, letti nel contesto complessivo, ci dicono che gli aderenti ai fondi pensione sono, ad oggi, solo il 34,7% sul totale della forza-lavoro. E la situazione è destinata a non migliorare, almeno nel breve periodo, stanti le conseguenze determinate dalla pandemia.
Si conferma inoltre il divario di genere nel tasso di partecipazione, con il 61,8% degli iscritti di sesso maschile (che arrivano al 73% nei fondi negoziali) e generazionali, dal momento che il 50,3% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni e il 31,9% ha almeno 55 anni. Le fasce meno attente risultano essere quelle degli over 65, ormai prossimi al pensionamento, e quella dei più giovani, ossia degli under 25. Restano ancora troppe differenze territoriali, considerato che i dati evidenziano che il 57% degli iscritti risiede nel Nord Italia, mentre nell’Italia meridionale e insulare è minore il ricorso al sostegno di secondo pilastro.
Questi dati riflettono le differenze, anche territoriali, presenti nel mercato del lavoro, caratterizzato, soprattutto per le donne da una carriera lavorativa con andamento precario, con minori tassi di occupazione, più frequenti interruzioni di carriera, profili retributivi più bassi e meno dinamici, maggiore ricorso al part-time e ai rapporti di lavoro a tempo determinato. E’ necessario un segnale di attenzione a questo problema.
Va da sé che, per un verso, si impone l’adozione di misure a favore dell’occupazione, specie delle categorie più deboli, tra cui il superamento del gender gap retributivo; misure adeguate per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; agevolazione dei servizi di cura familiare. E in questo senso, una grande opportunità potrà venire dall’attuazione delle misure del Pnrr oltre a ridurre i divari di genere, così come quelli territoriali e generazionali, tra i giovani, le donne e i territori del sud, considerati una priorità strategica e trasversale del piano, con ritorni auspicabilmente positivi anche sul livello di inclusione previdenziale.
Per altro verso, un ruolo significativo dovrebbe essere svolto da una mirata informazione sull’educazione finanziaria e previdenziale e sull’importanza del risparmio previdenziale, ancora scarsamente percepita specie tra i giovani, le donne, gli individui che percepiscono redditi bassi, per porre tutti nelle condizioni di compiere scelte previdenziali e finanziarie consapevoli. Avere riguardo anche delle ulteriori possibilità che offre la previdenza complementare di attingere alla posizione accumulata presso il fondo pensione, tramite anticipazioni e riscatti e di poter fruire di strumenti di tutela in caso di perdita del posto di lavoro, quando si è ancora lontani dalla pensione.
*Avvocato giuslavorista, esperto di previdenza complementare