In aula un gruppo di rappresentati leghisti ha gridato "Assassini!". La decisione si è basata sul rispetto della vita privata e familiare e sul rispetto del giudizio di contumacia, previsto dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, a sostegno della sua decisione, ha spiegato il presidente
La Francia conferma la “dottrina Mitterrand” e nega l’estradizione, richiesta dall’Italia, dei 10 terroristi rossi presenti sul territorio francese. La decisione è stata presa dalla Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi. I 10 italiani condannati e fuggiti in Francia, tra cui l’ex militante di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani (nella foto), erano stati arrestati nell’aprile dei 2021 (e poco dopo scarcerati) nell’ambito dell’operazione “Ombre rosse“. La decisione della Chambre de l’Instruction si è basata sul rispetto della vita privata e familiare e sul rispetto del giudizio di contumacia, previsto dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, a sostegno della sua decisione, ha spiegato il presidente. “Rispetto le decisioni della magistratura francese, che agisce in piena indipendenza”, ha commentato la ministra della giustizia Marta Cartabia: “Aspetto di conoscere le motivazioni di una sentenza che nega indistintamente tutte le estradizioni. Si tratta – ha aggiunto – di una sentenza a lungo attesa dalle vittime e dall’intero Paese, che riguarda una pagina drammatica e tuttora dolorosa della nostra storia”.
Alla lettura della sentenza nel tribunale di Parigi, un gruppo di italiani guidato dal deputato della Lega Daniele Belotti, ha gridato “Assassini!’. Del gruppo, che aveva srotolato uno striscione di protesta davanti al palazzo di Giustizia prima dell’udienza, fanno parte anche il sindaco di Telgate, in provincia di Bergamo, comune di origine di uno degli ex terroristi, Narciso Manenti, e il presidente e vicepresidente dell’associazione carabinieri di Bergamo intitolata a Giuseppe Gurrieri, l’appuntato ucciso nel 1979 da Manenti davanti al figlio di 11 anni. Adesso l’Italia non potrà impugnare la decisione della Chambre de l’Instruction: l’unico che può farlo è infatti il procuratore generale della Corte d’Appello di Parigi, che può decidere se presentare o meno ricorso. Allo stesso tempo, però, la procura generale di Milano sta valutando l’esistenza nell’ordinamento francese di una impugnazione come quella prevista dall’art. 706 cpp. Per Irène Terrel, storica legale dei terroristi rossi italiani rifugiati in Francia, nella sentenza “sono stati applicati i principi superiori del diritto”, con riferimento al rispetto della vita personale, privata e della salute degli imputati e alle controverse norme del processo in contumacia. Per l’ex brigatista Francesco Piccioni la sentenza è “in linea con quello che ci si deve aspettare da uno Stato serio. La Francia è uno Stato di diritto dove la legge viene presa sul serio e non si fa carne di porco come in Italia”, ha dichiarato all’Adnkronos. “Sarebbe bene che anche l’Italia si ponesse il problema di chi si trova ancora oggi in galera per fatti commessi in un periodo di storia ben preciso quale è stato il ventennio ’60 e ’70 del Novecento in larga parte del mondo e che altrove hanno saputo far diventare storia e non perenne cronaca giudiziaria”, ha dichiarato Davide Steccanella, avvocato difensore dell’ex membro dei Pac Cesare Battisti.
Niente estradizione pertanto per Pietrostefani, unico non presente in aula durante la lettura della sentenza: 78 anni e da tempo malato, è stato uno dei fondatori di Lotta Continua, condannato in Italia a 22 di anni di carcere per essere stato uno dei mandanti dell’omicidio del commissario Calabresi. Decisione che riguarda anche altri nove terroristi rossi: Enzo Calvitti, 67 anni, ex psicoterapeuta oggi in pensione ed ex Br condannato in contumacia a 18 anni di carcere per associazione a scopi terroristici e banda armata. Narciso Manenti, 64 anni, 40 dei quali trascorsi in Francia, arredatore e gestore di una società di comunicazione. Ex membro dei Nuclei armati per il contropotere territoriale, fu condannato nel 1983 all’ergastolo per l’omicidio dell’appuntato Giuseppe Gurrieri. Giovanni Alimonti, 66 anni, faceva invece parte delle Brigate rosse ed è stato condannato nel 1992 a 19 anni di carcere per il tentato omicidio di un poliziotto nel 1982, Nicola Simone. Roberta Cappelli, 66 anni, è stata condannata all’ergastolo di isolamento per tre omicidi avvenuti a Roma: quello del generale dei carabinieri Enrico Galvaligi, dell’agente di polizia Michele Granato e del vice questore Sebastiano Vinci. Marina Petrella, 67 anni, ex Br come la Cappelli, condannata come lei per l’omicidio del generale Galvaligi, del sequestro del giudice Giovanni D’Urso e dell’assessore regionale della Democrazia Cristiana Ciro Cirillo, nel quale furono uccisi due membri della scorta, per l’attentato al vice questore Nicola Simone (insieme a Cappelli e Alimonti). L’ex brigatista Sergio Tornaghi, 63 anni, anche lui condannato all’ergastolo anche per l’omicidio di Renato Briano, direttore generale della “Ercole Marelli”. Maurizio Di Marzio, 60 anni, sfuggito alla retata dell’aprile 2021 e arrestato in seguito, è al centro di una diatriba sulla prescrizione. Dovrebbe scontare in Italia un residuo di pena a 5 anni e 9 mesi di carcere per banda armata, associazione sovversiva, sequestro di persona e rapina. Raffaele Ventura, 70 anni, ex Formazioni Comuniste Combattenti, dovrebbe scontare 20 anni di carcere in Italia dopo essere stato condannato per concorso morale nell’omicidio del vicebrigadiere Antonio Custra durante una manifestazione della sinistra extraparlamentare a Milano. Luigi Bergamin, 72 anni, ex militante dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo), è anche lui al centro di una battaglia legale per la prescrizione. Deve scontare una pena a 16 anni e 11 mesi di reclusione come ideatore dell’omicidio del maresciallo Antonio Santoro, capo degli agenti di polizia penitenziaria ucciso a Udine il 6 giugno 1978 da Cesare Battisti.