Con l'ong Para Ti, aveva promosso iniziative e attività educative nelle zone più difficili di Rio de Janeiro. Attirava volontari e turisti che volessero condividere una forma sostenibile e "spirituale" di accoglienza. Era blogger de ilfattoquotidiano.it dal 2015
Nel nostro ultimo scambio, si preoccupava del perché mancassero commenti al suo post. Ci teneva che i lettori interagissero con lui, che lo pungolassero e magari gli facessero cambiare idea. Succedeva raramente – c’è da dire – perché Mauro Villone, giornalista, cooperante e blogger de ilfattoquotidiano.it, morto improvvisamente all’età di 54 anni, aveva delle idee molto chiare su certe storture della società occidentale, lui che – dopo aver scritto per diverse testate in Italia – aveva deciso di trasferirsi in Brasile per lavorare in una ong che aiutasse i bambini e i bisognosi nelle favelas.
Ci era riuscito: con Para Ti – questo il nome della ong che dirigeva – aveva promosso iniziative e attività educative, di ricerca sociale e culturali, aveva fatto crowdfunding, promosso una forma sostenibile e “spirituale” di turismo, di cui aveva parlato anche sul blog. Qualche anno fa, ad esempio, i volontari di Para Ti avevano ridipinto insieme ai bambini le case delle favelas di Rio de Janeiro, Villone aveva spiegato quanto questo fosse un gesto rivoluzionario: “L’obiettivo è quello di dare colore, condivisione, entusiasmo, sostegno e fiducia a comunità che hanno estremo bisogno di sostegno soprattutto sul piano umano”.
Conosceva molto bene anche le popolazioni indigene con cui era entrato in contatto: “La loro concezione del mondo – spiega in un video su Youtube – è molto diversa dalla nostra: quando li ascoltiamo, ci lasciamo trasportare dal loro flusso; sono spesso giovani per età ma hanno anime molto antiche. La loro visione cerimoniale e sacra della vita ci ha enormemente coinvolto. Passare degli anni con queste persone mi ha rivoltato il cuore, facendomi guarire da tante cose. Tutte le vicende che succedono in Occidente – spiegava – le guardo con leggerezza”.
Il suo ultimo post – pubblicato sul blog appena una settimana fa – parlava proprio della morte di uno di loro, Sabino, grande sciamano Huni Kuin, dell’Amazzonia meridionale, che Villone definiva “uno dei più grandi Maestri”. Del suo brutale omicidio il mondo occidentale non era nemmeno a conoscenza. Ci aveva promesso che ne avrebbe scritto ancora, non ha potuto.
A ricordare Mauro Villone con un post su Facebook è il papà Domenico: “Il rapporto che avevo con Mauro, più che fra padre e figlio, sembrava un rapporto fra due amici che si facevano matte risate insieme e si scambiavano, bonariamente, suggerimenti e critiche”. “Adesso – continua – spero di ricevere da lui insegnamenti. Umanamente sarebbe stato più giusto che me ne andassi prima io a 95 anni, ma accettiamo in silenzio il mistero, per non impazzire”. Alla famiglia va la vicinanza della redazione de ilfattoquotidiano.it.