La recentissima emissione di un nuovo Btp Italia è stata bersaglio di critiche infondate da parte di bancari e sedicenti consulenti finanziari. Rifilando i loro pessimi prodotti, raschiano infatti via molti più soldi del modesto compenso riconosciutogli per il collocamento dei titoli di stato. Facilmente dieci o venti volte tanto. Ma in questa occasione non si sono limitati a critiche pretestuose e informazioni tendenziose. Sono ricorsi anche a falsità belle e buone.
In particolare hanno messo in giro la tesi strampalata che il Btp Italia 1,6% 2022-30 non funzioni per lo scopo per cui è stato emesso e pubblicizzato, cioè proteggere i risparmi degli italiani dall’inflazione. Oltretutto l’interesse reale, cioè sopra l’inflazione stessa, è dell’1,6% annuo, ben maggior di quanto si pensava sino a pochi giorni prima per la salita dei tassi d’interesse. Per cui il titolo offre una buona copertura anche considerando le imposte; ed è pure disponibile un quiz sui limiti di tale copertura, che fornisce e spiega la risposta esatta.
Cosa si sono inventati allora per denigrarlo e sbolognare invece ai loro clienti polizze, fondi, piani di accumulo di capitale e altra roba simile?
L’ho scoperto da richieste di chiarimenti arrivatemi per e-mail, ma anche pubblicamente tramite Twitter o Facebook. Ne riporto una in particolare dell’Unione Nazionale Consumatori di Molfetta-Bisceglie: “In banca hanno detto a molti risparmiatori che in caso di deflazione verrà pagato soltanto l’1,6% intendendosi per deflazione qualsiasi riduzione del tasso attuale di inflazione. Se l’inflazione cala dello 0,1% verrebbe riconosciuto soltanto l’interesse annuo all’1,6 %. È così?”. Analoghe le domande di vari risparmiatori; e ciò che avviene in Puglia capita anche nelle altre regioni.
In realtà è tutto falso. La deflazione o inflazione negativa c’è con una riduzione dei prezzi, non con una riduzione della percentuale di aumento. Questa è solo un calo dell’inflazione, comunque positiva. Le formule possono poi apparire più o meno complesse, ma la sostanza è semplice e non c’è nessun imbroglio da parte del Tesoro. I Btp Italia, l’ultimo come i precedenti, corrispondono l’aumento del costo della vita in Italia nei singoli semestri nella forma di cedole d’interessi. C’è solo una sfasatura temporale per la rilevazione dei prezzi del paniere di beni e servizi delle famiglie di operai e impiegati (Foi). Sfasatura costante per le tutte le cedole e di per sé né svantaggiosa né vantaggiosa.
Solo se in un determinato semestre i prezzi sono scesi, i Btp Italia pagano unicamente la cedola minima garantita. Se l’inflazione è scesa ma non si è azzerata, attestandosi per esempio al 5%, il tasso di riferimento sarà dato dalla somma dell’inflazione più 1,6% nel caso dell’ultima emissione. Quindi nell’esempio sarà il 6,6% e non l’1,6%.
In tutti questa vicenda, cioè nella frottola che viene ripetutamente raccontata ai risparmiatori, c’è grave malafede nel caso peggiore e più probabile. Nel caso migliore l’ignoranza crassa di chi confonde salita o discesa dell’inflazione con salita o discesa dei prezzi. Se l’inflazione diminuisce senza azzerarsi, allora il Btp Italia la corrisponde in pieno. Se invece scende a zero o sotto, è logico che dia solo il minimo.