Un centinaio tra i circa 1.400 dottorandi, assegnisti e ricercatori dell'Istituto italiano di tecnlogia denunciano come “la carriera interna sia preclusa d’ufficio” mentre quella esterna è “gravemente ostacolata perché i contratti che usa Iit non figurano nelle procedure concorsuali”. E attaccano: "Riteniamo inaccettabile che l’elevato patrimonio tecnologico e scientifico generato con il finanziamento pubblico continui a essere disperso in una fuga di cervelli"
L’Istituto italiano di tecnologia “basa la produzione scientifica sul lavoro precario di personale ad altissima formazione, non offre loro alcuna prospettiva di carriera in Italia e riteniamo inaccettabile che l’elevato patrimonio tecnologico e scientifico generato con il finanziamento pubblico continui a essere disperso in una fuga di cervelli”. Con queste parole, in una lettera aperta indirizzata al presidente del consiglio Mario Draghi e ai ministri competenti, per la prima volta nella storia dell’Istituto di ricerca – fondato nel 2003 e di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze – il “Comitato ricercatrici e ricercatori precari Iit” esterna pubblicamente il proprio “disagio” rispetto a un “futuro di precarietà”. I firmatari della lettera aperta, un centinaio tra i circa 1.400 dottorandi, assegnisti e ricercatori Iit, rimarcano come nell’istituto “la carriera interna sia preclusa d’ufficio, indipendentemente dai risultati e dall’anzianità” mentre “la carriera esterna, per esempio in università o negli enti pubblici” è “gravemente ostacolata perché i contratti che usa Iit non figurano nelle procedure concorsuali”.
La pubblicazione della lettera, spiegano alcuni firmatari raggiunti da ilfattoquotidiano.it, vuole stimolare una risposta ufficiale da parte della direzione. Finora, però, i sottoscrittori preferiscono restare anonimi. Al direttore scientifico Giorgio Metta, succeduto nel 2020 all’attuale ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, i precari avanzano quattro richieste precise: che “Iit assuma il personale scientifico con contratti di lavoro conformi al contratto nazionale di ricerca; che “i precari storici (oltre tre anni) possano beneficiare di provvedimenti di stabilizzazione analoghi a quelli implementati presso gli enti pubblici di ricerca”; che “gli anni in Iit siano equiparati agli anni di ricerca presso le Università e gli Enti pubblici di ricerca sia per l’accesso ai concorsi sia per le progressioni di carriera e si attivi un tavolo negoziale, analogo a quello per il personale amministrativo, anche per il personale scientifico precario”. Il riferimento agli amministrativi si collega a un’altra battaglia portata avanti nei mesi scorsi dalla Flc Cgil, che in un comunicato dello scorso luglio definiva l’Iit tanto “scientificamente all’avanguardia” quanto “sindacalmente arretrato”. Ma se fino all’anno scorso, in effetti, non esisteva “un rapporto reale e una relazione sindacale degna”, sul fronte del personale tecnico-amministrativo in questi mesi sono stati alcuni fatti passi avanti verso l’adeguamento al contratto nazionale del settore ricerca. Ed è anche questo inizio di sindacalizzazione ad aver motivato molti dei ricercatori che hanno scelto di firmare la lettera aperta, tenendo comunque aperte in parallelo altre forme di dialogo.
In una precedente lettera, interna, lo scorso autunno duecento ricercatori avevano chiesto che la direzione rispondesse sugli stessi punti oggetto della denuncia di queste ore. Per il comitato dei precari però la risposta arrivata “non è stata in alcun modo soddisfacente”, anche se alcuni incontri tra un gruppo di ricercatori e il direttore Metta ci sono già stati. A quanto trapela, proprio durante uno di questi confronti – nella sede principale di Genova – alcuni ricercatori sarebbero stati invitati ad andare all’estero se non disposti ad accettare quelle che, di fatto, sembrano leggi non scritte di precarietà a vita che regolano la ricerca in Italia (non solo all’Iit).
Sulla polemica, per ora, l’istituto preferisce non rilasciare dichiarazioni. Si intuisce però un certo spaesamento, dal momento che, fin dalla sua fondazione, l’Iit ha cercato di differenziarsi dal sistema universitario, favorendo altre logiche rispetto alla stabilità dei ricercatori: anche attravero regole specifiche, come quella in base alla quale nessun dottorando può proseguire una ricerca sotto la direzione di uno stesso responsabile, che riducono notevolmente le prospettive di carriera interna allo scopo di prevenire le logiche di nepotismo, fissando altri criteri per privilegiare qualità della ricerca e del personale. Anche a questo proposito, la lettera esce in concomitanza con l’imminente approvazione del disegno di legge sul reclutamento nelle Università, che dovrebbe superare il contratto di assegno di ricerca (para-subordinato) con un contratto di ricerca di tipo subordinato: “Questo cambiamento di scenario – scrive il Comitato dei ricercatori precari – ci porta ad esprimere con forza la nostra convinzione che i ricercatori di Iit debbano godere di pari diritti rispetto ai colleghi impiegati in università o negli enti pubblici di ricerca”.