Più si avvicina la fine della legislatura e più cresce la voglia di modificare la legge elettorale. Una consuetudine che si ripete anche a questo giro, visto che i vari leader hanno cominciato a toccare l’argomento già da mesi. Il primo è stato Enrico Letta, già dopo il voto che aveva rieletto al Quirinale Sergio Mattarella. Il segretario del Pd è sempre sembrato un fan del maggioritario, tanto che nei mesi scorsi si era addirittura parlato di un asse con Giorgia Meloni. Adesso, però, alla fine della legislatura inzia a mancare meno di un anno. E l’inquilino del Nazareno è ritornato sull’argomento legge elettorale, partendo da uno dei suoi cavalli di battaglia: il ritorno delle preferenze.
“Bisogna restituire agli elettori il potere di scegliere i parlamentari. Da vent’anni sono i partiti e non sono i cittadini a eleggere i parlamentari e questo crea un’assenza di rappresentanza e partecipazione”, ha detto Letta alla tavola rotonda organizzata dalla Cgil. Il segretario non ha parlato esplicitamente di superamento della parte maggioritaria contenuta nel Rosatellum (il 36% dei seggi) e che spinge a coalizioni definite prima del voto. Ma è un fatto che da tempo quasi tutte le correnti (Base riformista, AreaDem, la sinistra di Andrea Orlando e i Giovani turchi di Matteo Orfini) hanno sostenuto il proporzionale: il segretario si è dichiarato pronto al confronto. Che non dovrà riguardare solo il fronte interno ai dem, ma anche esterno: a cominciare dai 5 stelle di Giuseppe Conte. Nelle ultime ore ufficialmente Letta non ha commentato le tensioni tra Mario Draghi e l’ex premier, ma ha spiegato che se davvero i 5 stelle dovessero uscire dalla maggioranza a quel punto la legislatura sarebbe finita. Non certo una frase di chi è sicuro di affrontare una campagna elettorale da alleato. Anche perché negli ultimi tempi il rapporto tra Letta e Conte è sembrato abbastanza distante.
E anche se oggi il segretario dem è tornato a parlare di centrosinistra che “unito vince le prossime elezioni”, l’ipotesi che questo Campo largo alla fine possa essere stretto se non strettissimo non è da scartare. Ecco perché pure oggi Conte ha parlato di legge elettorale in chiave proporzionale: “Il tasso di democraticità del nostro sistema sta scendendo sempre più in basso, è un fenomeno che riguarda la rappresentanza politica” ma anche “la rappresentanza sindacale. I cittadini non partecipano perché ritengono di non poter incidere nelle scelte… E’ un problema che si sta acuendo. La politica ha grandi responsabilità e la crisi della rappresentanza è collegata con quella della rappresentatività”, ha detto il leader del M5s all’evento organizzato dal sindacato di Maurizio Landini. Poi ha calato sul tavolo la carta del proporzionale: “C’è il rischio che qualcosa bisogna fare e sicuramente una legge proporzionale anche in vista della prossima legislatura, quando entrerà in vigore il taglio dei parlamentari, potrebbe essere una soluzione ma certo non la panacea di un problema complessivo”. Allo stesso evento c’era anche Roberto Speranza, secondo il quale c’è “bisogno di una nuova legge elettorale, che sia molto diversa” dall’attuale “ma non è con questa che si risolve il rapporto fra cittadini e politica”.
Insomma i leader dei tre partiti che compongono l’alleanza di centrosinistra sono essenzialmente d’accordo: bisogna mettere mano al Rosatellum. Per i freddi numeri va sottolineato che ad oggi Conte, Letta e Speranza potrebbero contare in Parlamento su 107 voti al Senato (62 i 5 stelle, 39 il Pd e 7 Leu) e 212 alla Camera (105 i 5 stelle, 97 il Pd, 10 Leu). C’è però da considerare che una nuova legge elettorale in chiave proporzionale potrebbe prendere i voti i 51 voti di Insieme per il Futuro a Montecitorio e i 10 a Palazzo Madama. E poi, ovviamente, vanno presi in considerazione i vari partitini. Per esempio: all’evento della Cgil c’era anche il renziano Ettore Rosato, padre della norma che regola attualmente il voto alle politiche. “Le regole devono essere condivise, e questa legge elettorale è stata, nella Repubblica italiana, la più votata nella storia”, dice il presidente di Italia viva, che essenzialmente non rinuncia a elogiare in pubblico la legge che porta il suo stesso nome. Nel 2017, quando venne varato il Rosatellum, però, Rosato era il capogruppo del Pd alla Camera. Oggi invece è solo presidente d’Italia viva: un partito che non ha mai ingranato alle urne e dunque non si capisce perché Matteo Renzi dovrebbe dire no al proporzionale. Ecco perché Rosato non chiude a cambiare la legge sua omonima, non risparmiando qualche provocazione ai 5 stelle: “Questa legge è migliorabile? Sì, assolutamente, ma abbiamo provato a votare il proporzionale ed è stato bocciato da chi lo propone, da chi oggi se ne fa paladino. Il Matarellum era perfetto, non credo che sia molto distante da questo”. I 15 senatori e i 31 deputati di Italia viva porterebbero a circa 300 a Montecitorio e 12o a Palazzo Madama i voti di chi sarebbe pronto a mettere mano alla legge elettorale.
Troppo pochi anche a volere contare le varie componenti dei gruppi Misti. Come Azione che con Osvaldo Napoli definisce il sistema proporzionale “quello più a lungo sperimentato e con risultati positivi sul piano della stabilità dei governi”. ll deputato di Carlo Calenda tenta di tastare il polso sull’altra sponda, cioè nella componente del centrodestra che sostiene il governo di Mario Draghi. “Io credo che una riflessione in questo senso – dice – dovrebbe farla anche chi, come Matteo Salvini, è da sempre convinto sostenitore del voto di coalizione. Salvo constatare che gli elettori hanno votato per una coalizione per poi ritrovarsi con maggioranze diverse da quella votata”. E’ fondamentale dunque che il leader della Lega sconfessi la sua storica linea perché il proporzionale vuol dire essenzialmente mandare a mare il centrodestra. Ma d’altra parte le ultime amministrative hanno mostrato a Salvini come forse il centrodestra unito potrebbe davvero vincere le elezioni. Poi però il ruolo di leader della coalizione toccherebbe poi a Giorgia Meloni. E’ per questo che anche nel Carroccio c’è chi potrebbe convertirsi al proporzionale. E volendo una conversione simile potrebbe avvenire pure in Forza Italia. Oggi Maurizio Gasparri ci ha tenuto a replicare al Pd: “”Enrico Letta vorrebbe il proporzionale per governare sempre senza vincere mai. Si rassegni. Perderà con la legge elettorale attuale che resterà in vigore”. Ma siamo sicuri che in Forza Italia – che secondo tutti i sondaggi raramente supera i dieci punti percentuali – la pensino tutti come Gasparri? La discussione è aperta. E al voto mancano circa nove mesi: abbastanza per cambiare la legge elettorale, se si trovano i voti.