Si sa che, nella neolingua che Copasir e simili si stanno sforzando di imporre a quello che resta del mondo della cultura e dell’informazione del nostro disgraziato Paese, mazzolando i dissidenti e minacciandoli di fare la fine di Julian Assange, i diritti umani possono essere violati solo dalle cosiddette potenze autoritarie, fondamentalmente Russia e Cina, cui assimilare se del caso altri Stati minori, qualora questi ultimi si mostrino eccessivamente propensi a collaborare coi cattivi e, per converso, meno inclini ad accogliere ed attuare prontamente i suggerimenti dei buoni.
Alquanto perplimente appare, in questo quadro, l’esistenza di uno Stato come il Regno del Marocco, i cui vertici politici e militari sono stati pubblicamente complimentati dal governo spagnolo per l’orrenda strage di almeno 37 migranti provenienti dall’Africa subsahariana, uccisi a bastonate qualche giorno fa dalla polizia di Mohamed VI al confine colle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla: il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha commentato al riguardo che la responsabilità della strage è stata delle mafie e che le forze dell’ordine hanno svolto un ottimo lavoro.
Particolarmente zelante e prodigo di apprezzamenti nei confronti degli autori del massacro si è mostrato anche il buon Matteo Salvini, smettendo per un attimo
i panni francescani indossati di recente per facilitare l’abortito tentativo di mediazione dilettantescamente esperito nei confronti della guerra in Ucraina. E questo ben si può comprendere perché le disumane pratiche del Marocco sono pienamente funzionali alla sacra difesa dei confini europei di fronte alle orde di disperati in fuga da conflitti, devastazioni ambientali, miseria e fame dilaganti indotte dal modello di sviluppo a trazione occidentale. Crisi migratoria più acuta che mai, i cui esiti, tanto più se violenti come nel caso in esame, danno il destro a Salvini per riprendere, mentre si approssimano le elezioni politiche in Italia, il tormentone alquanto logoro dell’invasione dei migranti, che evidentemente spera possa aiutarlo a recuperare un po’ del credito politico ed elettorale perso negli ultimi anni.
Ma il tema ovviamente trascende i calcoli di bottega di questo o di quello. E’ possibile riprendere, per applicarla al Re del Marocco, la nota frase di Mario Draghi su Erdogan, prima che quest’ultimo si guadagnasse i galloni di perno della Nato per l’abile negoziazione conclusa col sacrificio dei curdi sull’altare del disastroso ampliamento dell’Alleanza militare occidentale a Svezia e Finlandia. E cioè che si tratta sì di un dittatore ma di un dittatore utile, anzi necessario.
Personaggi del genere, a ben vedere, pullulano sulle coste meridionali ed orientali del Mediterraneo. Chiudiamo entrambi gli occhi sui loro crimini e li riempiamo di armamenti sofisticati che neanche Zelensky. Piccoli occidenti crescono, da Israele all’Arabia Saudita, dalla Turchia all’Egitto, al Marocco appunto. Con effetti spropositatamente benefici per i produttori e i mercanti di armamenti, qualche transitorio contenimento della pressione migratoria che i governanti europei sono evidentemente incapaci di affrontare con strumenti diversi da filo spinato, annegamenti in mare, riduzione in schiavitù da parte delle mafie (quelle vere) e accoppamenti, e una pessima pubblicità ai presunti valori occidentali sui quali chiediamo agli ucraini di farsi massacrare e che qualcuno ancora forse ritiene siano cosa diversa da quelli azionari. Per una società che si avvia ciecamente a grandi passi verso la guerra globale e definitiva non è che poi l’immagine conti più di tanto e non pare probabilmente del tutto casuale che la strage sia avvenuta in coincidenza col vertice Nato tenutosi proprio a Madrid.
Del resto, la riprova del fatto che bandiere come quella dell’autodeterminazione, del diritto internazionale e dei diritti umani vengano sventolate in modo del tutto strumentale da parte dei Paesi membri di quest’ultima è data proprio dal comportamento di intollerabile connivenza con personaggi come il re del Marocco, che da quasi cinquant’anni sta impedendo al popolo del Sahara occidentale di procedere all’autodeterminazione mediante il referendum previsto dall’accordo raggiunto in seno alle Nazioni Unite e continua a detenerne i leader, sottoposti a tortura per estorcerne confessioni usate per procedere alla loro condanna e reclusi da quasi dodici anni in condizioni disumane. Con tanti saluti ai diritti umani, all’autodeterminazione e alla pace.
Contano molto di più il contenimento brutale dei migranti e lo sfruttamento selvaggio delle risorse del territorio in questione che, nonostante chiare pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Commissione europea e i principali Stati membri (soprattutto Spagna e Francia) continuano a voler sfruttare come se appartenessero all’occupante marocchino. Dai massacri di Ceuta e Melilla ai crimini marocchini nel Sahara occidentale, alla repressione dello stesso popolo marocchino qualora si azzardi a chiedere a suo volta il rispetto dei suoi diritti. I supremi valori europei splendono di luce intensa e veritiera nel cielo del Marocco e altrove.