Madeleine: una data, un ricordo, un personaggio - La rubrica del venerdì de ilfattoquotidiano.it: tra cronaca e racconto, i fatti più o meno indimenticabili delle domeniche sportive degli italiani
Guidare la sua nazionale, di cui è recordman e simbolo, forse più di Eto’o, magari alla pari con Milla e Nkono, ai Mondiali del 2022: gran bel regalo che si è fatto per i suoi 46 anni Rigobert Song. Già: leone indomabile vero Song, fin da quando ragazzino, nato in una città che se la digiti su Google compare solo perché collegata a Rigobert, a petto in fuori sfidava i ragazzini più grandi. A petto in fuori e con l’innata capacità di dire ai suoi compagni cosa dovevano fare attorno a lui, e senza farsi troppi fronzoli se, anticipo fallito, bisognava entrare duro. Quel piglio gli varrà un soprannome che lo accompagna ancora oggi, ma molti anni dopo: nel 1992 a 16 anni gli vale intanto la chiamata nel Tonnerre di Yaoundè, la capitale, e subito in nazionale maggiore l’anno dopo.
Inevitabile lo notino gli osservatori europei: prima di tutti fa il Metz, dove c’è’ già il connazionale e istituzione della nazionale Jacques Songo’o in porta.
Un acquisto azzeccato: Rigobert si piazza al centro della difesa, e la squadra guidata da Joel Muller conquista le semifinali di Coppa di Francia il primo anno, mentre al secondo anno, grazie anche a un giovanissimo Robert Pires e all’ingresso di un altro camerunense, il centravanti Patrick Mboma, arriva un pirotecnico quarto posto in Ligue 1 e soprattutto la vittoria in Coppa di Francia contro il Lione. Intanto Rigobert diventa un veterano, seppur giovanissimo, anche in nazionale: partecipa al mondiale del 1994, da titolare viene espulso contro il Brasile ma la maglia dei leoni non la lascerà più. Giocherà anche contro l’Italia nel mondiale 1998, sapendo che presto in Italia ci avrebbe giocato in piante stabile.
Già, perché intanto è salita in Serie A, per la prima volta nella sua storia, l’ambiziosa Salernitana di Nello Aliberti: è proprio Rigobert Song, ormai calciatore di caratura internazionale, l’acquisto più pregiato dei granata, assieme a Rino Gattuso di rientro dai Rangers. Rigobert arriva per circa 5 miliardi di lire: a lui il compito di guidare la difesa della squadra di Delio Rossi. E alla prima Song entra nella storia del club granata: il calendario, come sovente per le squadre neopromosse, regala un battesimo di fuoco contro la Roma di Zeman, all’Olimpico. Dopo 40 minuti di equilibrio Breda scodella una punizione in area, Vittorio Tosto va a prenderla in area, defilato sulla sinistra e la mette al centro: Song è il più lesto di tutti a piazzare il tap in scivolate e a segnare il primo gol in A della Salernitana.
Nel secondo tempo però la Roma segnerà tre volte: con Paulo Sergio (doppietta) e Totti. La Salernitana perderà anche le successive contro Milan e Udinese, pareggiando poi con l’Empoli, senza Song in campo. Quando il camerunense rientrerà arriverà un’altra sconfitta, contro il Parma. Delio Rossi allora farà altre scelte, relegando sempre Song in panchina. Una condizione, quella di panchinaro a oltranza, che naturalmente porterà Song ad approfittare della finestra di gennaio per andar via subito: il Liverpool sborsa una somma simile a quella spesa da Aliberti per acquistarlo e Rigobert vola in Inghilterra.
Coi Reds gioca a intermittenza, poi passa al West Ham per sostituire Rio Ferdinand e dopo un’esperienza al Colonia torna in Francia per giocare due ottime stagioni al Lens, tra campionato Champions ed Europa League. Ma è nel biennio successivo che Song si conquista il titolo di “Big Chief”: va al Galatasaray, e vince due campionati e due coppe di Turchia in quattro anni, guidando la difesa della squadra. Chiude con un trofeo, ancora una Coppa di Turchia, la sua carriera al Trabzonspor. Una carriera impreziosita da 2 Coppe d’Africa e 137 presenze in nazionale: nessuno come lui.
E proprio perché nessuno come lui si mobilita un paese intero quando Rigobert, nel 2016, viene colpito da un ictus: lo trovano riverso in terra in casa sua, ad attirare l’attenzione il suo cane che abbaia furiosamente. Il governo col presidente Biya si accolla le spese delle cure in Francia: Song vince e torna in patria. Ma non è ancora abbastanza: Eto’o, intanto diventato presidente federale, lo chiama sempre con l’accordo di Biya, a guidare i leoni. Song, col suo carattere, guida i ragazzi al mondiale dopo l’assenza del 2018. Il compleanno è oggi: stare sulla panchina dei Leoni il prossimo dicembre il regalo che si è fatto, da solo, come sempre.