Molti nomi sono stati pubblicati dal quotidiano turco Hürriyet e nella lista compaiono ricercatori universitari, esperti di cybersicurezza, attivisti, sindaci, donne impegnate nella lotta per i diritti nonché insegnanti e giornalisti. Il ministro degli Esteri: "Helsinki e Stoccolma hanno grande cultura costituzionale dei diritti umani"
Una lista a grandezza variabile. C’è chi parla di 33, chi di oltre 70. Di certo, iniziano a comparire nomi e cognomi dei curdi che Recep Tayyip Erdogan vuole in cambio dell’ingresso di Svezia e Finlandia della Nato. Molti sono stati pubblicati dal quotidiano turco Hürriyet e nella lista ci sono ricercatori universitari, esperti di cybersicurezza, attivisti, sindaci, donne impegnate nella lotta per i diritti nonché insegnanti e giornalisti. L’accusa? Di far parte del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, e di Fetö, il movimento guidato dall’ex alleato di Erdogan, Fethullah Gülen, accusato poi di essere dissidente e organizzatore del tentativo di golpe dell’estate di sei anni fa.
“La vittoria di Madrid”, l’hanno chiamata i giornali turchi descrivendo il via libera alle 12 estradizioni dalla Finlandia e alle 33 dalla Svezia. Anche se Erdogan ha parlato addirittura di “73 terroristi” che dovrebbero tornare in Turchia da Stoccolma. I tempi e la reazione di Finlandia e Svezia alle richieste di Ankara potrebbero rivelarsi fondamentali per la positiva conclusione del processo di adesione dei Paesi scandinavi all’Alleanza atlantica. Dopo la firma dei protocolli, per l’allargamento a Helsinki e Stoccolma ci dovrà essere anche la ratifica da parte dei parlamenti dei singoli Stati membri della Nato, compreso quello turco, che vorrà vedere i risultati prima di confermare la decisione. E il memorandum – che oltre all’estradizione di sospetti terroristi chiede ai Paesi scandinavi anche la rimozione dell’embargo sulla vendita di armi alla Turchia – prevede una commissione congiunta di funzionari turchi, finlandesi e svedesi che si occuperà di supervisionare l’attuazione del patto.
Tra i nomi resi noti da Hürriyet ci sono Sezgin Cirik, Osman Yagmur e Delil Acar, accusati di aver provato ad appiccare un incendio davanti l’ambasciata turca di Helsinki. E ancora Musa Dogan, condannato nel 1993 all’ergastolo dalle autorità turche per aver preso parte ad alcune manifestazioni, oltre a Mehmet Demir, ex co-sindaco di una città dell’Anatolia poi fuggito per le sue origini curde e l’attivista per i diritti delle donne Burcu Ser. Per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, tuttavia, dei due Paesi scandinavi ci si può fidare: “Hanno grande cultura costituzionale dei diritti umani, quindi non credo che l’accordo di Madrid con Ankara abbia ripercussioni sul popolo curdo”, ha assicurato sabato.