Il ministro in due interviste parallele a Corriere e a Repubblica non fa mai il nome di Conte e non risponde alle domande sul presunto ruolo del premier nella decisione di rompere con il Movimento
Nel suo progetto Insieme per il futuro ovviamente “non c’è spazio per sovranismi, populismi ed estremismi“. La crisi di governo per un eventuale strappo dei 5 Stelle, dopo le polemiche per le rivelazioni sulle conversazioni tra Mario Draghi e Beppe Grillo, va evitata a tutti i costi perché in caso di voto anticipato “non so a quali livelli può schizzare lo spread“. Luigi Di Maio, in due interviste parallele a Corriere e a Repubblica, non fa mai il nome di Giuseppe Conte e non risponde alle domande sul presunto ruolo del premier nella scissione con cui due settimane fa ha spaccato il Movimento. In compenso invoca “in tutti i leader di partito responsabilità, serietà e senso delle istituzioni“. E dice di temere che “qualcuno stia solo cercando il pretesto per generare l’incidente di percorso“, cosa che equivarrebbe a “non comprendere che siamo davanti a una situazione emergenziale“.
I gruppi di Ipf, la sua nuova formazione di centro, saranno “garanti della stabilità dell’esecutivo”. Poco importa se secondo l’ultimo sondaggio di Pagnoncelli la formazione prenderebbe solo il 2,3%: “È solo la base di partenza di un percorso lungo e ambizioso” e hanno sposato il progetto “persone nuove che trovano coerenza nella nostra scelta e nelle nostre idee”. La coerenza è ovviamente questione di punti di vista: per il ministro che all’epoca del primo mandato parlamentare proponeva di “andare oltre la Nato“ e ora rivendica l’atlantismo (e il “partner imprescindibile” Erdogan), che nel 2018 chiedeva l’impeachment di Sergio Mattarella e ora definisce il presidente “guida indispensabile”, che se la prendeva con i “voltagabbana” e il “mercato delle vacche” in Parlamento oggi è “coerente” quello che Grillo giudica un tradimento da “Giuda“ (“ma poi Gesù è risorto ed è diventato Gesù, mentre Giuda ha fatto la figura che ha fatto. Ecco, qui siamo alle prese con Giuda venduti per 30 bitcoin”).
Sul caso delle presunte pressioni di Draghi sul garante M5s perché esautorasse il leader Conte, il ministro degli Esteri si limita a ribadire il giudizio negativo nei confronti di chi ha “inscenato teatrini che hanno messo in imbarazzo il governo a Madrid“, riferimento al vertice Nato che il premier ha lasciato in anticipo per tornare in Italia a gestire le tensioni nella maggioranza e presiedere il consiglio dei ministri. “Beghe interne”, le derubrica Di Maio, che non avrebbero dovuto turbare la serenità del governo al lavoro “per la pace in Ucraina e i fondi del Pnrr“. “Alimentare ancora divisioni in seno al governo, addirittura evocando sms e telefonate del presidente del Consiglio, tutte presunte perché sono tutte senza riscontri, indebolisce fortemente solo il Paese”. E per quanto riguarda il merito? Secondo il ministro “hanno smentito entrambi i diretti interessati” (in realtà Grillo ha solo detto di essere stato “strumentalizzato“) per cui “la questione è chiusa”. Lunedì però è in agenda il faccia a faccia di Conte con Draghi e l’ultima parola non è ancora detta.