La categoria dei pesi massimi ha espresso in Italia solo due campioni del mondo tra i professionisti. Primo Carnera negli anni Trenta e Francesco Damiani a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta. Oggi non ci sono pugili italiani che possano ambire a qualcosa di simile tra i giganti del ring. Tra i dilettanti però sta emergendo un atleta che un giorno potrà farci sognare. Aziz Abbes Mouhiidine, nato ad Avellino nel 1998, ha conquistato l’oro agli Europei dilettanti in Armenia e ai Giochi del Mediterraneo in Algeria. Ha voglia in prospettiva di lasciare la comfort zone del dilettantismo per passare al professionismo. E se troverà un promoter di livello potrà fare cose notevoli. Del suo talento intanto se ne sono accorti anche fuori dal nostro giardino.

“Nei giorni precedenti ai Giochi del Mediterraneo sono stato a Riga, chiamato da Mairis Briedis, fino allo scorso weekend campione del mondo dei massimi leggeri, per fargli da sparring partner. È la prima volta che mi accade e all’inizio ero super emozionato”.

È tanto diverso dal dilettantismo?
“Sì, da dilettante le riprese sono tre. Do tutto ed esco stremato. Tra i pro devi saperti regolare per quanto riguarda l’intensità di lavoro. I colpi sono più incisivi, si sentono ovviamente di più anche per via dei guanti, che non hanno l’antishock ma sono vuoti all’interno”.

Con chi è volato in Lettonia?
“Con il maestro Gennaro Moffa, che è anche mio zio. La mia è una famiglia di sportivi. Mamma ha fatto atletica leggera a livello regionale. Papà è stato under 21 nella nazionale di calcio del Marocco. È venuto in Italia da studente, frequentava ingegneria. Poi con un amico è andato a Salerno per le vacanze, si è innamorato di mia madre ed è rimasto qui. Ha lasciato gli studi e aperto un’impresa edile. Ha seguito tutti i miei match fino al 2017 quando purtroppo è mancato”.

La scorsa settimana ha stravinto nella sua categoria i Giochi del Mediterraneo ad Orano.
“Sono contentissimo, perché volevo riconfermarmi dopo il titolo europeo. Non è facile ritornare in forma per una grande competizione in poco tempo. Per me è sempre un onore portare in alto l’Italia e cantare l’inno di Mameli”.

E alle sue origini marocchine è legato?
“Papà era nato a Casablanca e sentiva molto le sue radici. E un po’ anch’io. Porto il nome marocchino, ma qui non ho mai avuto problemi di razzismo né a scuola né nel mondo dello sport”.

Lei come ha iniziato con la boxe?
“A quattro anni sono entrato nella palestra di mio zio a Mercato San Severino. Ho iniziato presto a fare karate e poi kickboxing. Quindi ho conosciuto la boxe. A diciassette anni ero campione italiano delle tre discipline, l’anno dopo ho dovuto scegliere. Ho optato per la noble art perché il pugilato… è il pugilato. Ti insegna la vita. Era lo sport che faceva impazzire papà, che un giorno mi fece vedere il film su Ali e da allora è il mio idolo”.

Che rapporto ha con il suo maestro?
“Meraviglioso. Mi ha visto crescere e conosce il mio potenziale. Si è visto anche all’ultimo Europeo, dall’angolo mi guidava come avesse un joystick in mano. Lui non ha fatto boxe ma quando hai talento per allenare ce l’hai per tutti gli sport”.

Ora che obiettivo ha?
“Intanto di qualificarmi alle Olimpiadi di Parigi. A Tokyo non ce l’ho fatta anche perché a causa del covid tanti tornei sono stati annullati e io sono stato fuori per soli 20 punti. A Parigi voglio portarmi a casa una bella medaglia e poi passare al professionismo”.

Rimarrà in Polizia?
“Certo. Da qualche tempo si può rimanere nelle Fiamme Oro e fare il pugile professionista”.

In cosa dovrà migliorare pugilisticamente?
“Credo si debba farlo sempre anche quando si è campioni del mondo. Io prediligo sul ring la lunga distanza, cercando di sfruttare al meglio la scelta di tempo per anticipare l’avversario. Ora sto allenando soprattutto la corta distanza per quegli avversari che sul ring ti si avvicinano sempre”.

La mamma viene a vederla combattere?
“In Italia quando può è a bordo ring. Non ha paura del pugilato, anzi mi sprona. Il papà cercava di non mancare mai. Oggi ogni match che vinco è una dedica per lui”.

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