Società

La pizza non è pizza, tantomeno napoletana, se non costa poco! Ne sogno una ‘di cittadinanza’

“Ma come potevano gli imperatori romani godersi Napoli e la Campania senza la pizza?”. Con questo pensiero dedicato ai più potenti e più ricchi esseri umani che hanno governato la mia terra chiudevo il 7 ottobre del 2014 un simpatico ma profondo articolo pubblicato, che si intitolava “Napoli, una storia lunga 25 secoli di cui 21 senza la pizza”. La pizza, nella sua composizione, è fatta da alimenti in gran parte di provenienza ed origine non napoletana. Qual è quindi la caratteristica che rende impossibile, in tutto il mondo, pensare alla pizza senza pensare alla sua patria Napoli? Quale è il senso della napoletanità della pizza?
Soltanto la genialità tutta napoletana, di un popolo povero costretta da sempre ad “arrangiarsi” per assicurare il cibo migliore possibile al costo più basso possibile, per il maggior numero di commensali possibile poteva fare nascere la pizza! Quindi la pizza poteva nascere soltanto a Napoli!

Abbiamo creato tantissime altre rielaborazioni gastronomiche di piatti “altrui”, destinati in origine soltanto ai ricchi e potenti dominatori stranieri: esempio il ragù oggi paradigma della cucina napoletana di mamma’ (dal piatto francese provenzale raouguet, carne cucinata dai dominatori francesi). Napoli da sempre non crea, ma rimescola e rielabora generando originalità e vita: dal dna di tutte le razze al cibo di tutti i dominatori che ci hanno conquistato. Esattamente come fa Madre Natura! La gastronomia napoletana nasce per consentire la sopravvivenza e dare nutrimento, gioia e vita al numero maggiore possibile di esseri umani possibile al costo più basso possibile! Questa è la Napoletanità: mescolanza, contaminazione, convivialità , gioia di vivere perché a Napoli si condivide, sempre, tutto!

Come scrive Marino Niola ne L’arte dei pizzaiuoli napoletani la pizza è l’espressione di una cultura materiale e immateriale che unisce. Tanto che a Napoli non si dice andiamo a mangiare una pizza, ma andiamo a farci una pizza insieme. Che è tutt’altra cosa. Significa che ci si ritrova in pizzeria per assaporare il gusto della convivialità. E che la pizza non è fatta solo dal pizzaiuolo ma è idealmente coprodotta anche dai commensali. Non sottovalutiamo quindi , relegandola a mera “boutade”, le dichiarazioni di un Flavio Briatore qualunque, “Marchese” del Billionare che, dopo il “Marchese del Grillo” propone una querelle che non è assolutamente soltanto una questione di qualità od originalità culinaria ma che ha pesantissime e gravissime implicazioni di carattere innanzitutto sociale.

La pizza non è pizza, tantomeno napoletana, se non è a basso costo! La sua prima qualità deve essere il più basso rapporto qualità/prezzo rispetto a qualunque altro alimento utile non solo per sopravvivere ma soprattutto per donare un minimo di gioia nella convivialità a chi la consuma. Viviamo oggi un periodo pericolosissimo e di gravissima confusione sociale ed economica in tutto il mondo dove, specie tra i nostri ragazzi, che sono quelli più bisognosi oggi, dopo una terribile pandemia che non accenna a finire, innanzitutto di momenti di convivialità e di gioia al prezzo più basso possibile.

Grazie ad interventi di “Marchesi del Billionare” si tenta di pubblicizzare e diffondere al massimo una salita assurda di prezzi per un cibo destinato innanzitutto alla gioia della convivialità innanzitutto dei meno abbienti e quindi innanzitutto dei più giovani. Oggi “farsi una pizza” in coppia nelle pizzerie di Napoli ha già raggiunto e superato i circa 30 euro a coppia. E’ troppo, pericolosamente troppo, per permettere ai nostri ragazzi di vivere serenamente la loro giovinezza ed i loro amori, grazie ad una bella e sana pizza rispetto ad una pericolosa bottiglia di vodka. Non possiamo permetterlo né sottovalutare le pericolosissime implicazioni sociali oltre che economiche delle pessime uscite dei Flavio Briatore di turno.

Tra le migliaia di sciocchezze che leggo ogni giorno, e che tutti stiamo subendo per la incompetenza della nostra classe politica, mi corre quindi l’obbligo morale di ricordare che avrebbe molto più concreto senso politico e sociale, nel rispetto della nostra storia e delle nostre tradizioni, proporre non un “reddito di cittadinanza” ma una ottima “pizza di cittadinanza”, ogni giorno garantita dallo stato ai poveri ad un prezzo politico mai superiore ai due euro. Lo abbiamo fatto per le tossiche ed assassine sigarette e non ci pensiamo nemmeno a farlo per la meravigliosa pizza napoletana!

Per i circa 6 milioni di cittadini (ed anche fratelli stranieri) in povertà assoluta che registriamo oggi sarebbe la garanzia certa di sopravvivenza con anche un minimo di gioia del palato: l’impegno economico sarebbe non superiore a 4 miliardi euro/anno rispetto ai circa 20 del reddito di cittadinanza. Nulla di nuovo sotto il sole: ricordiamo che era preciso impegno di tutti gli imperatori romani che assumevano il potere (senza neanche potere immaginare quanto buona sarebbe stata in futuro la pizza napoletana!) iniziare sempre come primo dovere di governo a garantire gratis non un reddito di cittadinanza ma il grano a tutto il popolo da loro governato.

E sogno che quanto prima, come sana e “napoletana” ribellione a queste offese di “cafoni arricchiti” innanzitutto sul piano sociale , nascano della associazioni di giovani “Briatbusters” napoletani che, girando per tutte le pizzerie del popolo, su internet possano valutare ogni giorno le migliori pizze in termini di qualità/prezzo certificandole sul web immediatamente per la massima pubblicità possibile. Tutte le migliori pizzerie, a Napoli e in tutta Italia, devono essere rigidamente certificate “debriatorizzate!” La pizza non si tocca: è la gioia e la sopravvivenza del popolo che qualunque imperatore deve solo umilmente accettare di imparare a donare al popolo, senza lucrarci sopra!