“Oggi è un giorno storico“. A Bruxelles, sotto l’effigie della Nato, Jens Stoltenberg stringe la mano ai ministri degli Esteri di Svezia e Finlandia, Ann Linde e Pekka Haavisto. I due Paesi hanno appena firmato il protocollo per l’ingresso nell’Alleanza atlantica. A circa 4mila chilometri di distanza Salih Muslim, a Qamishli, nell’ufficio del partito di cui è presidente, il Pyd (Partito dell’Unione democratica), ha appena finito di leggere il report di giugno sulle violazioni dei diritti umani nelle aree occupate dalla Turchia e dai propri alleati islamisti (e jihadisti) nel Nord della Siria. “Le violenze sono la normalità”, commenta. Il suo popolo, quello dei curdi, è stata la merce di scambio che ha permesso l’ingresso dei due Paesi nordici nella Nato: Recep Erdogan ha tolto il proprio veto durante il vertice dell’Alleanza atlantica di Madrid. Il motivo? I tre governi hanno firmato un memorandum tutto a vantaggio del Sultano. Svezia e Finlandia, infatti, si impegnano a collaborare “per combattere il terrorismo”, eliminano l’embargo sulla vendita di armi ad Ankara e garantiscono l’estradizione “di più di settanta terroristi” (si tratta di rifugiati curdi del Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, delle Ypg, le formazioni curdo-siriane che hanno guidato la lotta all’Isis, e di persone vicine a Fethullah Gülen). Muslim era in prima linea, da presidente del Pyd, quando i curdi combattevano sul campo lo Stato islamico per la Coalizione occidentale. E lo era sua figlio, Shravn, combattente delle Ypg, ucciso dai cecchini dell’Isis il 9 ottobre del 2013. Ora è appena stato rieletto co-presidente del Pyd: “Quella di Erdogan è una mossa per ricevere il sostegno per una nuova invasione della Siria settentrionale e orientale”.

In che senso?

La Turchia non ha mai aderito ad alcun cessate il fuoco nella Siria del Nord. Dall’occupazione di Efrîn nel 2018 non ha smesso di bombardare la regione di Shahba. Lo stesso si può dire dopo l’invasione e l’occupazione di Serekaniye e Tel Abyad nel 2019. In più, sul fronte della politica interna, sta vivendo una crisi economica senza precedenti. La strategia di Erdogan è di spostare l’attenzione oltre i propri confini, per guadagnare consensi: pensiamo al ricatto all’Europa coi profughi, all’invio di mercenari in Libia, alla violazione dello spazio aereo greco, all’intervento nel Nagorno-Karabakh. Ora Erdogan ha nuove sponde politiche nella Nato. E dal vertice di Madrid ne è uscito più forte.

A proposito, nelle ultime settimane Erdogan ha parlato per tre volte di una nuova operazione nella Siria del Nord. Alcune fonti fissano l’intervento militare a fine luglio. Siete preoccupati? Che cosa farete?

Se la Turchia ci attacca, credo che nessuno verrà in nostro aiuto. Dipendiamo da noi stessi, non abbiamo altra scelta che resistere e difenderci. La speranza è che il quadro internazionale fortemente instabile, con la guerra in Ucraina, non permetta alla Turchia di intraprendere una nuova invasione. In ogni caso, siamo preparati per una lunga guerra.

Che cosa vi aspettate?

Erdogan vuole creare quella che definisce “zona di sicurezza”, un’area di 30 chilometri che va da Kobane a Qamishli, nella quale vuole cambiare la demografia. Da parte nostra, ribadisco, resisteremo.

Torniamo alla Nato. Come avete reagito alla notizia dell’ingresso di Svezia e Finlandia all’Alleanza atlantica?

Ovviamente siamo scontenti. La decisione riflette lo stato di degrado della democrazia e della sovranità dei due Paesi nordici, che di fatto permettono alla Turchia di intervenire in questioni relative alla loro politica interna. Intendiamoci: ogni Paese ha il diritto di aderire a qualsiasi alleanza, ma ciò non deve venire a discapito dei diritti umani e civili delle persone.

Che conseguenze ci saranno per i curdi?

Il memorandum, per i dettagli che conosciamo, rafforzerebbe la guerra, già esistente, contro il popolo curdo. Dal suo ingresso nella Nato nel 1952, la Turchia ha utilizzato ogni mezzo per reprimiere chiunque si opponesse alle sue politiche discriminatorie con massicce violazione di quei diritti umani e di quei valori che la Nato dovrebbe rappresentare. E lo ha fatto nascondendosi dietro lo slogan della “lotta al terrorismo” (il Pkk, per Usa e Ue, è un’organizzazione terroristica, non lo sono le Ypg/Ypj, ndr). In tutto ciò, le potenze internazionali, pur di proteggere i propri interessi economici, sono sempre rimaste passive. Ed è esattamente ciò che sta succedendo ora.

Svezia e Finlandia hanno mai finanziato le Ypg? Garantivano supporto politico al Pyd?

No, non c’è mai stato alcun finanziamento. Come partito politico abbiamo visitato i due Paesi e abbiamo incontrato partiti politici e organizzazioni della società civile. Abbiamo anche incontrato i membri del Parlamento, ma non abbiamo mai avuto interlocuzioni coi membri dei loro governi. Tutte le riunioni hanno avuto come fine quello di presentare i nostri progetti per la costruzione della pace in Siria.

Cambierà qualcosa ora?

Svezia e Finlandia sono membri della Coalizione internazionale contro l’Isis. Credo che continueranno il loro coinvolgimento in questo quadro. E voglio aggiungere una cosa.

Prego.

Al di là dell’accordo con Erdogan, credo che non cederanno così facilmente alle richieste di estradizione. Hanno propri sistemi giudiziari indipendenti, le decisioni verranno prese secondo le loro leggi, non quelle della Turchia.

In caso di estradizione, cosa accadrebbe?

Posso solo indovinarlo. Coloro che sono già stati estradati vengono torturati per uno o due anni, poi vengono condannati all’ergastolo perché tutti i tribunali agiscono su ordine di Erdogan. Alcuni hanno subito condanne con pene di 30 anni di reclusione.

Per l’Occidente fino a pochi anni fa, quando combattevate contro Daesh, che spaventava il mondo, eravate considerati eroi. E ora?

I Paesi occidentali non stanno tenendo conto delle conseguenze del proprio sostegno al regime turco. Sanno che la Turchia ha incarcerato centinaia di giornalisti, politici e magistrati. E che ha commesso crimini di guerra in Rojava contro i curdi. Tuttavia, Usa ed Europa chiudono un occhio su tutto ciò per tutelare i propri interessi. Noi, al contrario, rappresentiamo i valori di democrazia, umanità e libertà. Se sono onesti, devono stare con noi. Questo, alla lunga, servirà per portare stabilità e progresso nel Medio Oriente.

Vi sentite abbandonati?

I curdi lo sono sempre stati. Il mondo sta vivendo una grande crisi, dai cambiamenti climatici al deterioramento della democrazia fino a nuovi conflitti. L’Ucraina è un ottimo esempio di come dobbiamo pensare a un nuovo paradigma politico, sociale ed economico per l’umanità. Un paradigma che ci obbliga ad agire in materia di ecologia, uguaglianza di genere e convivenza affinché il nostro Pianeta e la nostra stessa specie sopravvivano. Per rispondere alla sua domanda: non aspiriamo a essere al centro dell’attenzione del mondo, ma non vogliamo nemmeno essere dimenticati. Anche perché, come ho accennato prima, ciò porterebbe a conseguenze negative anche per l’Occidente.

Si riferisce all’instabilità del Medio Oriente?

Esatto. E se penso al Kurdistan, sono convinto che serva un’azione immediata per una soluzione di pace. La politica del regime autocratico di Erdogan riguarda il mondo intero. Come ho già detto, se la Turchia ci attaccherà, dovremo schierare tutte le nostre forze. E questo potrà far risollevare l’Isis, che avrà l’opportunità di riorganizzarsi. Non bisogna dimenticare che le aree occupate nella Siria nord-occidentale sono un rifugio sicuro per i gruppi islamisti radicali e per quelli jihadisti, Isis compreso. Abu Bakir al-Baghdadi è stato ucciso nell’ottobre 2019 nella provincia di Idlib controllata dalla Turchia, a quattro chilometri dal confine. È successo lo stesso con Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurashi, il secondo califfo dell’Isis, nel febbraio del 2022.

Twitter: @albmarzocchi
Mail: a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it

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