I vicini hanno raccontato di aver sentito solo "chiacchiere" e "canzoni", insomma nulla che facesse pensare a uno stupro di gruppo: ma per gli avvocati di parte civile, Giulia Bongiorno e Dario Romano, "non cambia nulla". "Mai la ragazza ha detto di avere gridato, ha detto sempre di avere perso conoscenza e di essere stordita. Si deve accertare se ha subito atti sessuali in una situazione di incapacità"
I vicini di casa della villa in Costa Smeralda di Beppe Grillo, e alcune persone di servizio di un altro residence adiacente, dicono di non avere sentito grida quella notte del luglio di tre anni fa, ma soltanto “chiacchiere” e “canzoni”. Insomma, nulla che facesse pensare a uno stupro di gruppo, il reato di cui la procura di Tempio Pausania accusa gli imputati. È la testimonianza resa nell’ultima udienza a carico di Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle, e dei suoi tre amici genovesi che erano in vacanza con lui, Francesco Corsiglia, Vittorio Lauria ed Edoardo Capitta (gli ultimi due presenti in aula).
La deposizione però “non cambia nulla” per i difensori della parte civile, la ragazza italo-norvegese di 22 anni (identificata col nome di fantasia di Silvia) presunta vittima della violenza. “Questo non è uno stupro avvenuto in messo alla strada”, spiegano all’AdnKronos gli avvocati Giulia Bongiorno e Dario Romano, “quindi non è rilevante sapere se qualcuno ha sentito le urla. Questo contesto è completamente diverso. Mai la ragazza ha detto di avere gridato, anzi al contrario ha detto sempre di avere perso conoscenza e di essere stordita. Quindi stiamo parlando di un contesto in cui si deve accertare se lei è stata oggetto di questi atti sessuali in una situazione di incapacità“.