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Giorgio Panariello: “Io sono stato adottato dai miei nonni perché mia madre se ne è fregata di me, mi ha lasciato all’ospedale”

Giorgio Panariello apre il cassetto dei ricordi e si confida a cuore aperto, dismettendo per un attimo i panni dell'attore comico. Lo ha fatto ai microfoni de I Lunatici su Rai Radio 2, a cui ha raccontato della sua infanzia, rivelando aspetti inediti della sua storia personale

di F. Q.

“Io sono stato adottato dai miei nonni perché mia madre se ne è fregata di me. Era una ragazza madre, non sapeva come gestire la cosa, mi ha lasciato all’ospedale. I miei nonni sono venuti a prendermi e mi hanno portato in Versilia con loro”. Giorgio Panariello apre il cassetto dei ricordi e si confida a cuore aperto, dismettendo per un attimo i panni dell’attore comico. Lo ha fatto ai microfoni de I Lunatici su Rai Radio 2, a cui ha raccontato della sua infanzia difficile, rivelando aspetti inediti della sua storia personale. “Poi è nato mio fratello, loro avevano già cinque figli, non potevano tenere in casa un altro ragazzino, perché mia madre aveva lasciato anche lui, non potevano adottarlo, e lo hanno messo in un collegio. Poi nel tempo ci siamo ritrovati. Vedevo questo ragazzino che veniva a casa per le feste comandate, per il suo compleanno. Pensavo fosse un amichetto. Poi col tempo ho iniziato a fare domande, e mi hanno detto che era mio fratello”.

E ancora, ha confidato: “Franco ha preso con grande dolore questo abbandono doppio, ho convissuto con la sua vicenda, che poi ho anche raccontato in un libro. Però devo essere sincero. Ho avuto un’infanzia dura, difficile, ma non infelice. I miei nonni non mi hanno fatto mancare niente. Purtroppo non hanno potuto fare la stessa cosa con mia fratello”. Quindi ha svelato qualche aneddoto: “Da piccoletto, alle elementari o alle medie, io riempivo i quaderni, i fogli, i libri e il banco con le mie firme. Firmavo in continuazione. Sembrava una prova d’autografo. A 8 anni mi chiudevo in bagno e con la spazzola di mia nonna mi intervistavo. La verve comica è venuta dopo. Io all’inizio dovevo far casino. Non tanto per il gusto di disturbare, ma perché volevo attirare l’attenzione. Dovevano guardare me, per quale motivo non lo so”.

“La cosa delle imitazioni è nata dopo – ha proseguito -. Negli anni ’80 imitavo Zucchero, Renato Zero, Benigni. Prima di fare quello, imitavo i personaggi del paese. Quelli del bar, persone reali che incontri per strada. Ho vissuto in Versilia da ragazzo, sono stato adottato dai nonni, sono cresciuto con loro. In inverno quando i turisti se ne vanno e rimane la secca dei personaggi del posto, io andavo al bar e me li studiavo. Memorizzavo questi personaggi, li interiorizzavo, li rivedevo alla mia maniera, e poi li ho ritirati fuori. Un giorno Carlo Conti mi chiese se avessi dei personaggi da proporre per uno spettacolo, non imitazioni, e io risposi che avevo il cassetto pieno”, ha concluso Giorgio Panariello.

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