Il rischio di recessione nel 2023 si fa sempre più concreto da entrambi i lati dell’Atlantico. Secondo un report di Goldman Sachs, la probabilità “è del 30% negli Stati Uniti, 40% nell’area dell’euro e 45% nel Regno Unito”. A dimostrarlo ci sono anche il calo dei prezzi del petrolio, il calo dei rendimenti dei titoli di Stato Usa e altri fattori come “la crescita del costo del lavoro per unità di prodotto e l’inflazione di fondo”, scrivono gli economisti della banca d’affari Daniel Milo e Daan Struyven. Ma i dati dipingono un “quadro contrastante. Sul versante pessimistico, la risposta della politica monetaria e fiscale potrebbe essere più limitata del solito e le tensioni energetiche sono il rischio principale in Europa. Sul fronte dell’ottimismo, le aspettative di inflazione e salari a lungo termine appaiono ancora per lo più agganciate e permangono sostanziali opportunità di miglioramento sul fronte dell’offerta”, scrivono gli analisti. Inoltre, il saldo finanziario del settore privato finanziario del settore privato “è molto più alto rispetto alla tipica recessione per tutte le economie”.
Il surriscaldamento economico sembra inoltre più evidente “negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada rispetto al Giappone e all’area euro”, dove quindi “la prossima recessione potrebbe essere un po’ meno profonda”.