Roma, 14 mar. (Adnkronos/Labitalia) - L'Italia e la sfida della space economyè al centro di uno studio dell'Eurispes in cui illustra sette proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore. La 'New space economy' rappresenta attualmente circa lo 0,35% del Pil mondiale. Secondo il World Economic Forum, la New space economy avrebbe raggiunto il valore di 630 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe raggiungere gli 1,8 trilioni di dollari entro il 2035. La space economy è del resto ormai un fornitore di applicazioni innovative e servizi avanzati che vengono utilizzati sempre più nella vita quotidiana e che, si stima, entro il 2040, porteranno il settore a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari.
L’Italia è il sesto Paese al mondo per rapporto fra investimenti nello spazio e Pil e il terzo in Europa. Un rapporto che negli ultimi anni è quasi raddoppiato, con una crescita media annua del 9,5%. Ottantotto paesi nel mondo investono in programmi spaziali, 14 dei quali hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 paesi dotati di un’agenzia spaziale, con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Il Made in Italy nel settore spaziale, nel 2023, ha prodotto esportazioni per 7,5 miliardi, in crescita del 14% rispetto al 2022. Nei primi otto mesi del 2024 il dato delle esportazioni italiane nel settore è stato di 4,3 miliardi.
Ma, soprattutto, l’Italia è anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo: dall’accesso allo spazio alla manifattura, dai servizi per i consumatori ai poli universitari e di ricerca, con un’ottima distribuzione delle attività su tutto il territorio e un mercato in cui operano all’incirca 200 aziende con un fatturato annuo di più di 2 miliardi di euro. Il comparto spaziale italiano è comunque ancora composto, per circa l’80%, da piccole e medie imprese, altamente specializzate nei diversi ambiti.
Tutto questo opera in una cornice che, dal 2016, vede l’Italia già dotata di un 'Piano strategico space economy', parzialmente confluito poi, come 'Piano a stralcio space economy', nel Piano imprese e competitività Fsc, con un investimento Paese di circa 4,7 miliardi di euro, di cui circa il 50% finanziato con risorse pubbliche aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate alle politiche spaziali. Nel periodo 2023-2027, i finanziamenti pubblici destinati all’ecosistema spaziale nazionale ammonteranno, complessivamente, ad oltre 7 miliardi di euro. Tali prospettive di attenzione e sviluppo sono peraltro in linea con la recente approvazione, il 20 giugno 2024, da parte del Consiglio dei ministri del primo disegno di legge per una normativa organica nazionale sulla space economy.
Di seguito alcune proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore della space economy. 1) Armonizzare i distretti aerospaziali e superare i limiti delle reti regionali. Sono tredici i Distretti aerospaziali italiani che mettono in contatto le grandi aziende con le medie e piccole imprese e start up, portatrici di un elevato valore aggiunto in termini di innovazione tecnologica, e con i Centri di ricerca, Università e agenzie nazionali. Tutte queste realtà, tuttavia, presentano caratteristiche differenti e non sono uniformi, né a livello statutario né giuridico. Sarebbe dunque importante superare tale limite con una maggiore armonizzazione tra di loro e con le Reti regionali. A proposito di queste ultime, accanto ai distretti e cluster, in alcune regioni italiane, esistono infatti anche le Reti regionali, le quali presentano però anch’esse diversi limiti che ne ostacolano l’efficacia, tra cui la frammentazione delle iniziative e la mancanza di integrazione con il tessuto industriale locale. Uno dei principali problemi delle reti è poi l’assenza di un coordinamento nazionale: non essendo i progetti coordinati tra loro, ci si trova spesso a lavorare su progetti simili, perdendo così l’opportunità di creare un valore aggiunto più significativo attraverso la condivisione di conoscenze e risorse.
2) Sfruttare e disciplinare le potenzialità dell’intelligenza artificiale anche in riferimento alla space economy. Nello spazio si acquisiscono oramai quantità impressionanti di dati, soprattutto immagini, che devono essere trasmesse a terra per essere elaborate. In tal caso, un primo problema è legato alla velocità della trasmissione a terra, che è oggi ancora troppo lenta; il che rende indispensabile elaborare le immagini per una prima valutazione di massima che permetta di spedire a terra solo quelle interessanti, o comunque istruire il satellite su cosa inquadrare e come prendere l’immagine successiva. L’IA potrebbe velocizzare tale processo e sarebbe anche un potente strumento per l’analisi dei dati trasmessi. Altri settori in cui l’utilizzo delle potenzialità dell’IA è fondamentale sono poi quelli della guida, della navigazione e del controllo autonomi; delle operazioni satellitari; della progettazione e collaudo dei veicoli spaziali. Sotto il profilo legale e normativo tutto questo necessita però di essere specificatamente disciplinato, garantendo che queste tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile. In un tale contesto è dunque senz’altro da apprezzare il Regolamento Europeo 2024/1689 (AI Act), in vigore dal 13 luglio 2024 e pienamente applicabile dal 2 agosto 2026, che introduce norme uniformi per la commercializzazione, l’attivazione e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale nella Ue, compresa una chiara definizione del concetto stesso di intelligenza artificiale (art. 3). Un quadro giuridico da cui partire.
3) Sfruttare la leva fiscale - esenzione Iva per la space economy e per i beni dual use. Per gli Stati Ue che partecipano ai programmi dell’Agenzia europea per la Difesa è prevista l’esenzione Iva per le spese di procurement militare. L’esenzione dall’imposta del valore aggiunto, che può essere utilizzata per qualsiasi tipo di progetto dell’Eda, crea così un interesse commerciale per tutti i programmi di cooperazione nella difesa. L’unica clausola è che l’Agenzia deve necessariamente 'portare una qualche forma di valore aggiunto al progetto in questione'. Questo “valore aggiunto” può essere, ad esempio, l’apporto di conoscenza tecnica, la messa in comune della domanda (pooling demand), la costruzione di sinergie con politiche europee più ampie. Perché dunque, con la stessa ratio e vista anche la natura ontologicamente affine, anche al fine di guadagnare competitività in ambito globale, non estendere tale esenzione anche alla space economy ed in particolare ai programmi Esa?La possibilità di considerare come beni e tecnologie duali quelli utilizzabili sia in applicazioni civili sia nella produzione, sviluppo e utilizzo di beni militari dà peraltro il quadro di quanto una tale misura possa essere in linea con la suddetta, già vigente, esenzione e comunque di quanto potrebbe valere e servire da volàno finanziario per il settore.
4) Canone di uso orbitale: anche se può sembrare una proposta per certi versi bizzarra, uno studio pubblicato nel 2020 fra i proceedings of the National academy of science proponeva un accordo internazionale che addebitasse agli operatori un canone di uso orbitale. Una sorta quindi di Imu dello spazio, a carico degli operatori satellitari, per ogni singolo satellite lanciato in orbita, anche come ristoro per la cittadinanza per i danni in termini di inquinamento e/o rischi da detriti a tale attività comunque connessi. Il tema, al di là anche della misura e dell’impatto economico che può avere, è la riflessione sulle responsabilità che abbiamo in questa corsa allo Spazio. Lo Spazio, infatti, è un bene da proteggere. Una tassa orbitale potrebbe dunque anche stimolare lo sviluppo di sistemi spaziali basati sul riciclo, o comunque di maggiori politiche di resilienza.
5) Una normativa comunitaria concorrenziale sulla falsariga del Digital market act. L’Unione europea ha delle politiche commerciali e concorrenziali molto rigide, che, in funzione strategica, andrebbero in qualche modo alleggerite per il settore spaziale. Come già accaduto in altri settori ad alto tasso tecnologico, quali l’industria energetica e il digitale, sarebbe il momento di cambiare strategia per tutelare i privati europei che si stanno inserendo in un mercato sempre più globalmente affollato, anche attraverso una normativa simile al Digital markets act.
6) Applicare i suggerimenti del Piano Draghi. Il settore spaziale europeo trarrebbe senz’altro vantaggio da regole di governance e investimento aggiornate e da un maggior coordinamento della spesa pubblica in un vero Mercato Unico per lo Spazio, come anche suggerito nel report sulla competitività europea, a firma dell’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al capitolo Spazio (capitolo 4 - Strengthening industrial capacity for defence and space), dove è dedicata un’ampia parte a dimostrazione del peso crescente dell’economia spaziale e soprattutto del ruolo che l’Europa può avere in questo settore.
7) Promozione degli investimenti e delle fonti di finanziamento per le aziende operanti nel settore spazio – fondo sovrano europeo, minibond e private equity. Lo Spazio deve diventare uno dei pilastri della strategia per rilanciare la competitività dell’Italia e dell’Europa. La promozione della competitività europea deve passare anche attraverso investimenti nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, con più risorse e strumenti finanziari adattati alle esigenze delle imprese e un approccio di finanziamento che mobiliti risorse pubbliche e private, anche attraverso un Fondo sovrano europeo. Il Giappone ha ad esempio lanciato già nel 2023 un fondo strategico decennale da 6,7 miliardi di dollari per sostenere l’innovazione, l’autonomia e la competitività internazionale nel settore spaziale. La creazione del fondo è stata inserita all’interno del Piano spaziale nazionale per permettere alla Jaxa, l’Agenzia spaziale nazionale, di supportare al meglio il settore commerciale e accademico
Una delle soluzioni più promettenti per le pmi aerospaziali potrebbe essere poi l’emissione di minibond, particolarmente utili per finanziare progetti di ricerca e sviluppo, con scadenze brevi che vanno di pari passo all’avanzamento di progetti e commesse lunghe. Il private equity è infine un’altra fonte di finanziamento che potrebbe offrire significativi benefici alle Pmi del settore. Gli investitori di private equity forniscono infatti non solo capitale, ma anche competenze manageriali e supporto strategico.
Il futuro dell’industria aerospaziale italiana dipende, in sostanza, anche dalla capacità delle aziende di accedere al capitale ed utilizzare efficacemente una gamma diversificata di strumenti finanziari. Se negli ultimi anni si è dunque molto investito nel venture capital e nei programmi di accelerazione e incubazione per le star tup, ora potrebbe assumere sempre maggiore importanza il sostegno alle Pmi attraverso strumenti di private equity. Strumenti come i corporate bond, anche di piccole dimensioni, e i basket bond di filiera – regionali o multiregionali – potrebbero rappresentare opportunità concrete per ampliare le opzioni finanziarie disponibili per le pmi. Il punto, in definitiva, consiste nel permettere alle imprese di superare le proprie limitazioni dimensionali e accedere a capitali più consistenti (magari anche per mezzo di aggregazioni attraverso consorzi, o partnership strategiche con grandi aziende). Senza un sostegno strutturale alla filiera produttiva, le imprese rischiano di perdere la capacità di rispondere alle sfide del mercato globale.
L'Eurispes affronta anche la futura 'guerra' spaziale (in realtà già in corso) che si combatterà prima di tutto sul fronte economico, e le motivazioni sono chiare se si pensa che solo dall’estrazione mineraria sugli asteroidi la Nasa stima che si possano ricavare 700 quintilioni – miliardi di miliardi – di dollari. Investire nella space economy, in definitiva, rappresenta una scommessa win to win, dato che il ritorno degli investimenti in tale settore è pari ad almeno il doppio. Ma nonostante le grandi potenzialità, le aree di miglioramento e i ritardi europei nei confronti dei principali competitor internazionali sono ancora numerosi, laddove, ad esempio, nei soli investimenti privati il gap è stimato in 10 miliardi di euro per i prossimi 5 anni. Non c’è quindi tempo per perdersi nella mera 'contemplazione' dello spazio, è il momento di mantenere e implementare la nostra capacità.
Lavoro & Precari
Il caffè che chiude “perché non trova baristi”? Chiede orari spezzati e i “1.300 euro” sono lordi e includono 13esima e 14esima
Il Caffè Terzi di Bologna ha lamentato di offrire “un regolare contratto a tempo indeterminato al V livello del Ccnl del Turismo, stipendio netto di 1300-1400 euro al mese per 6,40 ore al giorno, sei giorni a settimana, inclusi i weekend". Gli ex dipendenti raccontano però che il salario dichiarato è "gonfiato" e "spesso il sabato e/o la domenica si inizia alle 7:30 si stacca alle 12:30 per riattaccare alle 16 e finire alle 19". Non solo: "Spesso non veniva rispettato e, anzi, veniva esplicitamente richiesto già in fase di colloquio di essere disponibili per un orario di lavoro su più turni"
“Non trovo un barista per 1.300 euro netti per 6 ore al giorno”. E’ il titolo di un articolo di Repubblica Bologna che da giorni sta scatenando polemiche sui social network. Protagonista della vicenda è la Caffè Terzi, storica caffetteria bolognese costretta a chiudere uno dei propri locali perché, nonostante si sia anche rivolta al Centro per l’impiego di Bologna e offra “un regolare contratto a tempo indeterminato al V livello del Ccnl del Turismo, stipendio netto di 1300-1400 euro al mese per 6,40 ore al giorno, sei giorni a settimana, inclusi i weekend”, non trova nessun barista con esperienza disposto a lavorare per il chiosco di piazza Aldrovandi inaugurato solo un anno fa. “Decine di colloqui andati a vuoto“, la versione di domenica. Che poche ore dopo, quando la titolare è stata intervistata dall’Ansa, è però cambiata: “Personale non se ne trova, non rispondono nemmeno all’annuncio. Da quando è apparso il cartello, circa una settimana fa, abbiamo avuto solo una richiesta di appuntamento, da parte di una persona che poi non si è presentata”, come dichiarato dalla titolare all’Ansa.
La domanda sorge spontanea: che fine ha fatto il personale assunto nell’estate 2021, quando il chiosco di piazza Aldrovandi è stato aperto? Ma soprattutto, le condizioni contrattuali che Caffè Terzi racconta a Repubblica e Ansa sono effettivamente quelle proposte ai dipendenti? La risposta a entrambe le domande è: “Non è tutto oro quel che luccica”, come commenta Luca (nome di fantasia, ndr), un ex dipendente che ha deciso di raccontare a ilfattoquotidiano.it le reali condizioni contrattuali e i motivi per cui Caffè Terzi fatica a trovare personale.
Caffè Terzi offre effettivamente un V livello del contratto del Turismo, che però prevede per un full time da 40 ore settimanali uno stipendio lordo mensile da 1.412,51 euro per 14 mensilità più il trattamento di fine rapporto. Circa 1.150 euro netti al mese, cifra inferiore a quella dichiarata da Terzi alla stampa. Ma soprattutto, racconta Luca, le mensilità sono solo 12: “Nei 1.300 euro mensili sono incluse la 13esima, la 14esima e anche il Tfr per i primi sei mesi e Terzi successivamente obbliga a mettere il Tfr in un fondo pensione perché non vuole che venga lasciato in azienda. Per percepire mensilmente 13esima e 14esima, l’azienda obbliga il dipendente a firmare un foglio dove è in sostanza il lavoratore a dichiarare di volerle di riceverle in busta”. Perché questa modalità? Perché includendo gli istituti aggiuntivi nella retribuzione mensile, dunque diminuendo le mensilità annuali da 14 – come dal Ccnl del Turismo – a 12, il netto mensile si alza. A confermare l’utilizzo di questa strategia aziendale non sono solo i due ex dipendenti di Caffè Terzi che hanno deciso di parlare a ilfattoquotidiano.it ma è lo stesso Manuel Terzi, proprietario dell’azienda insieme alla moglie Elena, che in un commento su Facebook scrive: “Per quanto riguarda la retribuzione io ho detto al giornale che pagando 13esima e 14esima in busta tutti i mesi la paga si aggira tra i 1300 e i 1400 euro netti e questo è quello che mensilmente pago”. Sul quotidiano bolognese, però, questa informazione non appare mai.
A rendere però poco attrattivo il lavoro in Caffè Terzi non sono solo le condizioni contrattuali ma anche quelle lavorative: “Le ore sono effettivamente 40, sì, ma con turno spezzato. Spesso il sabato e/o la domenica si inizia alle 7:30 si stacca alle 12:30 per riattaccare alle 16 e finire alle 19. La domenica invece si inizia alle 8:30 sempre con le stesse modalità”, prosegue Luca.
Mario (nome di fantasia, ndr) ha lavorato per due locali di Terzi, sia per quello di via Oberdan che per il chiosco di piazza Aldrovandi: “Ho fatto un breve colloquio al termine del quale mi è stato prospettato un contratto di apprendistato di formazione da tre anni con il V livello di inquadramento del CCNL del Turismo e relativo stipendio tabellare”, racconta a ilfattoquotidiano.it. “Il chiosco era aperto sette giorni su sette e veniva gestito con gli stessi dipendenti che prestavano servizio sia in via Oberdan che in piazza Aldrovandi, un solo lavoratore per turno”, prosegue. Non solo: “Da contratto sarebbero 40 ore settimanali spalmate in 6 giorni lavorativi con uno di riposo. Spesso però l’orario stipulato non veniva rispettato e, anzi, veniva esplicitamente richiesto già in fase di colloquio di essere disponibili per un orario di lavoro su più turni, il classico spezzato”, spiega Mario.
Contattato per una replica da ilfattoquotidiano.it, Manuel Terzi ha spiegato: “E’ vero, noi chiediamo ai nostri collaboratori, prima di assumerli, di poter pagare loro 13esima e 14esima spalmate sui 12 mesi per nostra strategia aziendale, per stare tranquilli e “in pari” con tutti, e per farlo il consulente del lavoro sostiene che dobbiamo avere l’autorizzazione dei lavoratori. Stesso discorso vale per il TFR”. Rispetto al capitolo flessibilità e straordinari, Terzi spiega: “Non mi pare che venga richiesta disponibilità a farli, ma posso sbagliare. Potremmo averlo forse chiesto a qualcuno ma non ricordo. Però fino a ora non c’è stata necessità. E’ un lavoro su turni, sì, per forza: dobbiamo gestire due locali e solamente un ragazzo per turno lavora al chiosco. E sì, chiediamo disponibilità e flessibilità, ci servono per gestire il lavoro e i turni in modo che lo staff non sia sovra/sotto dimensionato rispetto il lavoro”.
Infine, alla domanda se non abbia mai pensato ad aumentare l’offerta retributiva per trovare personale: “Non trovo una strada ponderata assumere uno sconosciuto subito a quarto livello. Come non assumiamo mai, e mai abbiamo assunto, al sesto livello perché ci parrebbe un po’ troppo “sminuente”, altrettanto ci parrebbe un po’ avventato assumere subito quarto livello, ma comunque fanno presto ad arrivare al gradino superiore lavorando con noi”.
Foto da facebook
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Roma, 14 mar (Adnkronos) - Economia, lavoro, donne e intelligenza artificiale sono i temi al centro della giornata di dibattito voluta dalla deputata Pd Paola De Micheli domani, sabato 15 marzo, a Roma dalle 10.30 alle 14.30 all’Unahotels Decò in via Giovanni Amendola 57. ‘Prima le persone: capire il presente per costruire il futuro’ è la prospettiva del convegno promosso da Rigenerazione democratica con l’intento di approfondire nel Partito democratico e nella società una riflessione franca e aperta su imprese e lavoratori. Tra i relatori, la segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein e l’ex commissario europeo agli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni.
Dopo i saluti iniziali, i lavori entrano nel vivo alle 10.40 con la relazione del Chief Economist di Banca Intesa Gregorio De Felice a cui segue alle 11 l’intervento della segretaria del Pd Elly Schlein. Si prosegue alle 11.20 con il dibattito ‘Siamo industria o caporali?’ moderato dalla giornalista del Sole 24 Ore Sara Monaci con Maurizio Tarquini (Direttore Generale Confindustria), Alberto Pandolfo (membro X Commissione Camera dei Deputati), Dario Costantini (Presidente CNA) e l’eurodeputato Pd Giorgio Gori.
Dalle 11.50 si confronteranno sulle politiche pubbliche il senatore Antonio Misiani (responsabile nazionale Economia Pd), Andrea Bianchi (esperto di Politiche industriali), Antonella Vincenti (responsabile nazionale PMI Pd) e l’europarlamentare Pd- S&D Pierfrancesco Maran. Alle 12.20 Andrea Bignami (Sky) intervista Paolo Gentiloni, già presidente del Consiglio.
(Adnkronos) - Si continua alle 12.50 con il confronto sul ruolo delle donne che vede discutere la professoressa Lucia Valente (docente Diritto del Lavoro presso Università La Sapienza di Roma), l’on. Alessandra Moretti (Parlamentare europea), Peppe Di Cristina (Assessore Cultura e Istruzione Comune di Gela), Lucia Bongarzone (Specialista in politiche del lavoro). Si passa poi alla tavola rotonda sull’intelligenza artificiale che vedrà confrontarsi Stefano Malorgio (Segretario Generale FILT CGIL), Marco Bentivogli (Coordinatore Base Italia, AI expert Mise 2019-21), Alberto Baban (Presidente VeNetWork spa), l’On. Enza Bruno Bossio (Direzione Nazionale Pd). Conclude i lavori alle 13.50 la deputata Pd Paola De Micheli.
“Il convegno sarà il primo di una serie di appuntamenti pensati dall’associazione Rigenerazione Democratica per aiutare la circolazione di idee, progetti e prospettive nuove e moderne da offrire alla riflessione del Partito democratico e del centrosinistra - spiega De Micheli -. Un punto di vista libero e innovativo che parte dalla lettura delle mutate condizioni della società italiana ed europea”.
Roma, 14 mar. (Adnkronos/Labitalia) - L'Italia e la sfida della space economyè al centro di uno studio dell'Eurispes in cui illustra sette proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore. La 'New space economy' rappresenta attualmente circa lo 0,35% del Pil mondiale. Secondo il World Economic Forum, la New space economy avrebbe raggiunto il valore di 630 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe raggiungere gli 1,8 trilioni di dollari entro il 2035. La space economy è del resto ormai un fornitore di applicazioni innovative e servizi avanzati che vengono utilizzati sempre più nella vita quotidiana e che, si stima, entro il 2040, porteranno il settore a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari.
L’Italia è il sesto Paese al mondo per rapporto fra investimenti nello spazio e Pil e il terzo in Europa. Un rapporto che negli ultimi anni è quasi raddoppiato, con una crescita media annua del 9,5%. Ottantotto paesi nel mondo investono in programmi spaziali, 14 dei quali hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 paesi dotati di un’agenzia spaziale, con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Il Made in Italy nel settore spaziale, nel 2023, ha prodotto esportazioni per 7,5 miliardi, in crescita del 14% rispetto al 2022. Nei primi otto mesi del 2024 il dato delle esportazioni italiane nel settore è stato di 4,3 miliardi.
Ma, soprattutto, l’Italia è anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo: dall’accesso allo spazio alla manifattura, dai servizi per i consumatori ai poli universitari e di ricerca, con un’ottima distribuzione delle attività su tutto il territorio e un mercato in cui operano all’incirca 200 aziende con un fatturato annuo di più di 2 miliardi di euro. Il comparto spaziale italiano è comunque ancora composto, per circa l’80%, da piccole e medie imprese, altamente specializzate nei diversi ambiti.
Tutto questo opera in una cornice che, dal 2016, vede l’Italia già dotata di un 'Piano strategico space economy', parzialmente confluito poi, come 'Piano a stralcio space economy', nel Piano imprese e competitività Fsc, con un investimento Paese di circa 4,7 miliardi di euro, di cui circa il 50% finanziato con risorse pubbliche aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate alle politiche spaziali. Nel periodo 2023-2027, i finanziamenti pubblici destinati all’ecosistema spaziale nazionale ammonteranno, complessivamente, ad oltre 7 miliardi di euro. Tali prospettive di attenzione e sviluppo sono peraltro in linea con la recente approvazione, il 20 giugno 2024, da parte del Consiglio dei ministri del primo disegno di legge per una normativa organica nazionale sulla space economy.
Di seguito alcune proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore della space economy. 1) Armonizzare i distretti aerospaziali e superare i limiti delle reti regionali. Sono tredici i Distretti aerospaziali italiani che mettono in contatto le grandi aziende con le medie e piccole imprese e start up, portatrici di un elevato valore aggiunto in termini di innovazione tecnologica, e con i Centri di ricerca, Università e agenzie nazionali. Tutte queste realtà, tuttavia, presentano caratteristiche differenti e non sono uniformi, né a livello statutario né giuridico. Sarebbe dunque importante superare tale limite con una maggiore armonizzazione tra di loro e con le Reti regionali. A proposito di queste ultime, accanto ai distretti e cluster, in alcune regioni italiane, esistono infatti anche le Reti regionali, le quali presentano però anch’esse diversi limiti che ne ostacolano l’efficacia, tra cui la frammentazione delle iniziative e la mancanza di integrazione con il tessuto industriale locale. Uno dei principali problemi delle reti è poi l’assenza di un coordinamento nazionale: non essendo i progetti coordinati tra loro, ci si trova spesso a lavorare su progetti simili, perdendo così l’opportunità di creare un valore aggiunto più significativo attraverso la condivisione di conoscenze e risorse.
2) Sfruttare e disciplinare le potenzialità dell’intelligenza artificiale anche in riferimento alla space economy. Nello spazio si acquisiscono oramai quantità impressionanti di dati, soprattutto immagini, che devono essere trasmesse a terra per essere elaborate. In tal caso, un primo problema è legato alla velocità della trasmissione a terra, che è oggi ancora troppo lenta; il che rende indispensabile elaborare le immagini per una prima valutazione di massima che permetta di spedire a terra solo quelle interessanti, o comunque istruire il satellite su cosa inquadrare e come prendere l’immagine successiva. L’IA potrebbe velocizzare tale processo e sarebbe anche un potente strumento per l’analisi dei dati trasmessi. Altri settori in cui l’utilizzo delle potenzialità dell’IA è fondamentale sono poi quelli della guida, della navigazione e del controllo autonomi; delle operazioni satellitari; della progettazione e collaudo dei veicoli spaziali. Sotto il profilo legale e normativo tutto questo necessita però di essere specificatamente disciplinato, garantendo che queste tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile. In un tale contesto è dunque senz’altro da apprezzare il Regolamento Europeo 2024/1689 (AI Act), in vigore dal 13 luglio 2024 e pienamente applicabile dal 2 agosto 2026, che introduce norme uniformi per la commercializzazione, l’attivazione e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale nella Ue, compresa una chiara definizione del concetto stesso di intelligenza artificiale (art. 3). Un quadro giuridico da cui partire.
3) Sfruttare la leva fiscale - esenzione Iva per la space economy e per i beni dual use. Per gli Stati Ue che partecipano ai programmi dell’Agenzia europea per la Difesa è prevista l’esenzione Iva per le spese di procurement militare. L’esenzione dall’imposta del valore aggiunto, che può essere utilizzata per qualsiasi tipo di progetto dell’Eda, crea così un interesse commerciale per tutti i programmi di cooperazione nella difesa. L’unica clausola è che l’Agenzia deve necessariamente 'portare una qualche forma di valore aggiunto al progetto in questione'. Questo “valore aggiunto” può essere, ad esempio, l’apporto di conoscenza tecnica, la messa in comune della domanda (pooling demand), la costruzione di sinergie con politiche europee più ampie. Perché dunque, con la stessa ratio e vista anche la natura ontologicamente affine, anche al fine di guadagnare competitività in ambito globale, non estendere tale esenzione anche alla space economy ed in particolare ai programmi Esa?La possibilità di considerare come beni e tecnologie duali quelli utilizzabili sia in applicazioni civili sia nella produzione, sviluppo e utilizzo di beni militari dà peraltro il quadro di quanto una tale misura possa essere in linea con la suddetta, già vigente, esenzione e comunque di quanto potrebbe valere e servire da volàno finanziario per il settore.
4) Canone di uso orbitale: anche se può sembrare una proposta per certi versi bizzarra, uno studio pubblicato nel 2020 fra i proceedings of the National academy of science proponeva un accordo internazionale che addebitasse agli operatori un canone di uso orbitale. Una sorta quindi di Imu dello spazio, a carico degli operatori satellitari, per ogni singolo satellite lanciato in orbita, anche come ristoro per la cittadinanza per i danni in termini di inquinamento e/o rischi da detriti a tale attività comunque connessi. Il tema, al di là anche della misura e dell’impatto economico che può avere, è la riflessione sulle responsabilità che abbiamo in questa corsa allo Spazio. Lo Spazio, infatti, è un bene da proteggere. Una tassa orbitale potrebbe dunque anche stimolare lo sviluppo di sistemi spaziali basati sul riciclo, o comunque di maggiori politiche di resilienza.
5) Una normativa comunitaria concorrenziale sulla falsariga del Digital market act. L’Unione europea ha delle politiche commerciali e concorrenziali molto rigide, che, in funzione strategica, andrebbero in qualche modo alleggerite per il settore spaziale. Come già accaduto in altri settori ad alto tasso tecnologico, quali l’industria energetica e il digitale, sarebbe il momento di cambiare strategia per tutelare i privati europei che si stanno inserendo in un mercato sempre più globalmente affollato, anche attraverso una normativa simile al Digital markets act.
6) Applicare i suggerimenti del Piano Draghi. Il settore spaziale europeo trarrebbe senz’altro vantaggio da regole di governance e investimento aggiornate e da un maggior coordinamento della spesa pubblica in un vero Mercato Unico per lo Spazio, come anche suggerito nel report sulla competitività europea, a firma dell’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al capitolo Spazio (capitolo 4 - Strengthening industrial capacity for defence and space), dove è dedicata un’ampia parte a dimostrazione del peso crescente dell’economia spaziale e soprattutto del ruolo che l’Europa può avere in questo settore.
7) Promozione degli investimenti e delle fonti di finanziamento per le aziende operanti nel settore spazio – fondo sovrano europeo, minibond e private equity. Lo Spazio deve diventare uno dei pilastri della strategia per rilanciare la competitività dell’Italia e dell’Europa. La promozione della competitività europea deve passare anche attraverso investimenti nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, con più risorse e strumenti finanziari adattati alle esigenze delle imprese e un approccio di finanziamento che mobiliti risorse pubbliche e private, anche attraverso un Fondo sovrano europeo. Il Giappone ha ad esempio lanciato già nel 2023 un fondo strategico decennale da 6,7 miliardi di dollari per sostenere l’innovazione, l’autonomia e la competitività internazionale nel settore spaziale. La creazione del fondo è stata inserita all’interno del Piano spaziale nazionale per permettere alla Jaxa, l’Agenzia spaziale nazionale, di supportare al meglio il settore commerciale e accademico
Una delle soluzioni più promettenti per le pmi aerospaziali potrebbe essere poi l’emissione di minibond, particolarmente utili per finanziare progetti di ricerca e sviluppo, con scadenze brevi che vanno di pari passo all’avanzamento di progetti e commesse lunghe. Il private equity è infine un’altra fonte di finanziamento che potrebbe offrire significativi benefici alle Pmi del settore. Gli investitori di private equity forniscono infatti non solo capitale, ma anche competenze manageriali e supporto strategico.
Il futuro dell’industria aerospaziale italiana dipende, in sostanza, anche dalla capacità delle aziende di accedere al capitale ed utilizzare efficacemente una gamma diversificata di strumenti finanziari. Se negli ultimi anni si è dunque molto investito nel venture capital e nei programmi di accelerazione e incubazione per le star tup, ora potrebbe assumere sempre maggiore importanza il sostegno alle Pmi attraverso strumenti di private equity. Strumenti come i corporate bond, anche di piccole dimensioni, e i basket bond di filiera – regionali o multiregionali – potrebbero rappresentare opportunità concrete per ampliare le opzioni finanziarie disponibili per le pmi. Il punto, in definitiva, consiste nel permettere alle imprese di superare le proprie limitazioni dimensionali e accedere a capitali più consistenti (magari anche per mezzo di aggregazioni attraverso consorzi, o partnership strategiche con grandi aziende). Senza un sostegno strutturale alla filiera produttiva, le imprese rischiano di perdere la capacità di rispondere alle sfide del mercato globale.
L'Eurispes affronta anche la futura 'guerra' spaziale (in realtà già in corso) che si combatterà prima di tutto sul fronte economico, e le motivazioni sono chiare se si pensa che solo dall’estrazione mineraria sugli asteroidi la Nasa stima che si possano ricavare 700 quintilioni – miliardi di miliardi – di dollari. Investire nella space economy, in definitiva, rappresenta una scommessa win to win, dato che il ritorno degli investimenti in tale settore è pari ad almeno il doppio. Ma nonostante le grandi potenzialità, le aree di miglioramento e i ritardi europei nei confronti dei principali competitor internazionali sono ancora numerosi, laddove, ad esempio, nei soli investimenti privati il gap è stimato in 10 miliardi di euro per i prossimi 5 anni. Non c’è quindi tempo per perdersi nella mera 'contemplazione' dello spazio, è il momento di mantenere e implementare la nostra capacità.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Con un'esperienza "ultraventennale in reumatologia" con l'obiettivo di "migliorare gli standard di cura e migliorare i risultati clinici per i pazienti che soffrono di queste malattie", oggi "AbbVie è impegnata a sviluppare un possibile strumento ulteriore per rispondere alle esigenze dei pazienti che soffrono di lupus eritematoso sistemico. Il Les è una malattia autoimmune estremamente complessa, caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi che possono colpire in maniera variegata ed eterogenea diversi organi e sistemi: il sistema polmonare, il muscolo-scheletrico, la cute e il sistema nervoso centrale. Chiaramente i sintomi variano a seconda del tipo di organo distretto coinvolto, ma ha un decorso cronico estremamente elevato e un'evoluzione estremamente imprevedibile". Lo ha detto Caterina Golotta, direttore medico AbbVie Italia, all'Adnkronos Salute, sottolineando che, "per rispondere ai bisogni insoddisfatti", la farmaceutica sta lavorando su un "inibitore di Jak, upadacitinib. Frutto dello sforzo in ricerca e sviluppo interno, è al momento in corso di sperimentazione clinica in questo contesto".
Si tratta di "un inibitore selettivo e reversibile della janus chinasi - spiega Golotta - ed è attualmente approvato e rimborsato in una serie di patologie immunologiche: l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l'artrite psoriasica, la colite ulcerosa e la dermatite atopica. Rimaniamo fiduciosi in attesa dei risultati della molecola nel programma di sviluppo del lupus eritematoso sistemico. Tra l'altro, l'upadacitinib è attualmente in studio anche in altre 2 patologie dell'ambito immunologico: la vitiligine e l'alopecia areata".
AbbVie, evidenzia il direttore medico, "è un'azienda fortemente votata alla ricerca e sviluppo. In Italia siamo presenti con 78 studi clinici che coinvolgono circa 400 centri sperimentali. A livello globale, l'impegno in ricerca nel 2024 è stato pari a circa 13 miliardi di dollari, che rappresenta un incremento del 66,66% rispetto all'impegno del 2023".
Marvin Vettori torna a combattere. Due anni dopo, il lottatore italiano torna a disputare un incontro di MMA domani, sabato 15 marzo, contro il georgiano Roman Dolidze all'Apex Center di Las Vegas. Vettori è stato assente dall'ottagono a causa di un grave infortunio alla spalla destra che ha interessato anche i muscoli del bicipite. Dopo un'operazione chirurgica e un lento processo di recupero e allenamento, è finalmente pronto.
Vettori ha già affrontato Dolidze nel 2023 in un match disputatosi a Londra e vinto, per verdetto unanime, proprio dall'italiano. "Pensavo che avrei combattuto contro Kopylov, invece è Dolidze", ha commentato Vettori, "ma era tanta la voglia di tornare che non mi interessava contro chi". L’ultima apparizione di Vettori sull’ottagono è stata sempre nel 2023, quando ha subito una dura sconfitta dall’allora numero 4 dei ranking Jared Cannonier.
Il match sarà molto importante per il proseguo della carriera di Vettori, che a 31 anni e dopo due fermo non può più permettersi pause. Al momento è ottavo nel ranking Ufc, posizione ottenuta due anni fa e mantenuta anche nel periodo di stop. L'incontro con Dolidze potrebbe rilanciare le speranze del trentino di guadagnarsi una sfida per il titolo pesi medi, oppure potrebbe affondarlo.
Il match tra Marvin Vettori e Roman Dolidze è in programma sabato 15 marzo alle 22 ora italiana. L'incontro sarà trasmesso in diretta televisiva sui canali Eurosport e sarà visibile anche in streaming sull'app SkyGo, sulla piattaforma Eurosport, su Discovery+ e Dazn.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Accade che le richieste di connessione alla rete di progetti di impianti rinnovabili dopo 4-5 anni non vengono realizzati, creando una congestione virtuale della rete stessa e tenendo fuori nuovi entranti, magari più performanti. Si dovrà "capire la credibilità di 350 gigawatt di richieste di connessione", anche se sono stati "fatti passi avanti su trasparenza e visibilità". Lo afferma il presidente Arera, Stefano Besseghini, intervenendo alla presentazione del piano di sviluppo 2025 di Terna.
In questo contesto, spiega Besseghini, "tenere Terna costantemente agganciata a questi processi autorizzativi è il modo migliore perché il sistema evolva coerentemente nella capacità di programmazione e essere sempre proattivo" perchè ''qualunque disallineamento temporale tra capacità di programmazione e capacità di realizzazione diventa da qualche parte uno stranded cost che ci portiamo dietro''.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Lo sviluppo delle infrastrutture, previsto dal piano 2025 di Terna ''costituisce un elemento fondamentale del nostro progetto''. La struttura della società ''sta accompagnando la trasformazione del nostro paese''. Lo afferma il ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto, intervenendo alla presentazione del piano di Terna. Il sistema industriale sta vivendo ''un cambiamento di pelle'' verso l'elettrificazione che ''diventa cruciale per lo sviluppo nei prossimi anni e già attualmente'', sottolinea. Quanto è accaduto, le tensioni sui prezzi del gas, l'automatico ribaltamento sul prezzo dell'energia, ''ha messo anche alla prova quella che è la nostra capacità di dare sicurezza e, naturalmente, di lavorare su quello che è un obiettivo che dobbiamo avere di indipendenza e di governo di quelle che sono le tensioni anche sui prezzi''.
I 23 miliardi di investimenti, annunciati da Terna, "sono una cosa importante perché questa e' l'ossatura dell'energia nazionale, e se non abbiamo l'ossatura della rete non possiamo rispondere alla domanda di cittadini e imprese". "L'obiettivo è creare un mix di produzione che riesca a soddisfare la domanda di energia che sta crescendo in modo vertiginoso ed oggi ne abbiamo avuto la dimostrazione dai dati di Terna di quanto cresca la domanda ed automaticamente debbano crescere le rinnovabili in ottica di neutralità e decarbonizzazione", aggiunge Pichetto.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Il piano di sviluppo 2025 è "il più importante mai realizzato da Terna nella sua storia ed è un piano che credo sottolinei tre elementi in questa mia veloce introduzione che voglio portare sul tavolo oggi". Lo afferma il presidente di Terna, Igor De Biasio, nel corso della presentazione del piano.
"E' un piano che migliora il Paese perché attraverso quegli investimenti riusciamo a essere abilitatori verso la transizione energetica, verso la decarbonizzazione, consentendo allacciamenti alle nuove forme di produzione green ma soprattutto anche unendo, connettendo e integrando i territori quindi aiutando tutte le comunità italiane verso lo sviluppo della transizione energetica", sottolinea il presidente.
Il piano, aggiunge De Biasio, ''porta con sé una serie di investimenti che aumenteranno la sicurezza, la resilienza, l'efficacia della rete che è un elemento competitivo nella trazione degli investimenti internazionali. Prima il video citava il caso dei data center, non è un caso che tantissimi investitori italiani e stranieri oggi puntino sull'Italia per la realizzazione di data center e non in Francia, non in Germania. E non più in Inghilterra. E grazie alla qualità della rete che oggi Terna gestisce e amministra e quindi è un fattore straordinario per la trazione e la competitività dell'Italia''.
Terzo elemento, prosegue il presidente, è che ''questo patrimonio di conoscenze e esperienze che Terna ha è un'opportunità nelle relazioni internazionali e nella costruzione di partnership con altri Paesi, essendo oggi l'energia un elemento qualificante e strategico proprio in ambito geopolitico''.