L’Invalsi, istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo, ha presentato i risultati delle prove 2022. Lo ha fatto a Roma, nell’aula magna dell’Università La Sapienza, alla presenza del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Per la prima volta da quando vengono somministrati i test, la sentenza che arriva dal nuovo presidente Roberto Ricci è pesantissima: “Le differenze vengono da molto lontano, ben prima della pandemia. Attraverso i dati delle rilevazioni internazionali, è possibile verificare che alcune delle maggiori criticità riscontrate negli esiti di quest’anno si ritrovano già nei risultati di dieci – vent’anni fa”. Alla secondaria di primo grado, pur rimanendo sotto la media dei Paesi Timss (Trends in International Mathematics and Science Study), i risultati in matematica sono migliorati fino al 2011 ma da dodici anni il trend positivo si è interrotto. Il grafico è eloquente: se nel 1999 maschi e femmine si attestavano attorno ad un punteggio pari a 480, nel 2011 arriva a 504 per i primi e a 493 per le seconde ma da quel momento è rimasto tutto stabile.
Alle superiori non cambiano le cose. In matematica gli studenti 15enni conseguono risultati sotto la media Ocse e dal 2015 pare essersi interrotto il trend di crescita iniziato nel 2006. Infine, per quanto riguarda la comprensione della lettura gli studenti 15enni si ritrovano al di sotto della media Ocse da oltre vent’anni e i risultati sono in calo dal 2012. Il resto del rapporto illustrato racconta di un Paese spaccato tra Nord e Sud, di una scuola che fa fatica ad attenuare l’impatto del contesto di provenienza degli alunni; di eccellenze presenti in Trentino Alto Adige; di una primaria che regge anche se lancia Sos e di una secondaria di primo e secondo grado che in matematica e italiano continuano a peggiorare. A salvarsi è solo l’inglese. Si allargano ulteriormente i divari territoriali osservati al termine del secondo ciclo d’istruzione. Gli allievi che non raggiungono il livello base in Italiano superano la soglia del 60% in Campania, Calabria e Sicilia. In matematica i ragazzi che sono sotto il livello tre (ovvero base) arrivano al 70% in quattro regioni (Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna).
Per quanto riguarda le “elementari”, i risultati sono abbastanza simili in tutte le regioni del Paese e difficilmente le differenze sono significative in senso statistico. Emergono, tuttavia, alcune indicazioni importanti che danno una spiegazione dei grossi divari che si evidenziano nella scuola secondaria, di primo e di secondo grado. In italiano, in inglese e ancora di più in matematica si riscontra una differenza dei risultati tra scuole e tra classi più accentuata nelle regioni meridionali. Ciò significa che la scuola primaria nel Mezzogiorno fatica maggiormente a garantire uguali opportunità a tutti, con evidenti effetti negativi sui gradi scolastici successivi. Da segnalare la Sicilia che ha dei dati “significativamente” sotto la media e la Calabria dove lo svantaggio alla secondaria di primo e secondo grado trova giustificazione già nei numeri della quinta della primaria.
E le medie? A livello nazionale gli studenti che raggiungono risultati almeno adeguati sono il 61% in italiano e il 56% in matematica. Va meglio in inglese dove addirittura, rispetto all’anno precedente, sale di due punti in percentuale il dato finale: per il reading il 78% arriva al traguardo e per il listening il 62%. Ricci non dimentica un’osservazione: “In tutte le materie le perdite maggiori di apprendimento si registrano tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli. Inoltre, tra questi ultimi diminuisce la quota di studenti con risultati più elevati”. In alcune regioni del Mezzogiorno – Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna – c’è un maggior numero di ragazzi con livelli di risultato molto bassi, che si attesta attorno al 50% della popolazione scolastica in Italiano, al 55-60% in Matematica, il 35-40% in Inglese-reading e il 55-60% in Inglese-listening”.
Un’ultima osservazione riguarda la dispersione “implicita” che si attesta al 9,7% con una inversione di tendenza sia a livello nazionale sia a livello regionale. Entrando nel merito si vede che nel 2019 la dispersione scolastica implicita si attestava al 7,5%1, per salire al 9,8% nel 2021, molto probabilmente a causa di lunghi periodi di sospensione delle lezioni in presenza. Il calo si registra in Puglia (-4,3 punti percentuali) e in Calabria (-3,8 punti percentuali). Tuttavia, le differenze assolute a livello territoriale rimangano molto elevate: Campania (19,8%), Sardegna (18,7%), Calabria (18,0%), Sicilia (16,0%), Basilicata (12,8%), Puglia (12,2%), Abruzzo (10,8%), Lazio (10,7%).