Mafie

Locri, blitz contro le nuove leve della cosca Cordì. Gli inquirenti: “Cittadini chiedevano giustizia privata a loro”

Alcuni imprenditori locali invece hanno denunciato e così 29 arresti sono stati eseguiti dai carabinieri a Locri

Cittadini che chiedono “giustizia privata” alla ‘ndrangheta e imprenditori locali che denunciano le nuove leve della cosca Cordì di Locri: 29 arresti sono stati eseguiti stamattina dai carabinieri a Locri. Con l’operazione “New Generation-Riscatto II” la Dda di Reggio Calabria ha ricostruito il nuovo assetto gerarchico della famiglia di ‘ndrangheta protagonista, in passato, di una sanguinosa faida contro la cosca Cataldo. L’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dell’aggiunto Giuseppe Lombardo. Il blitz dell’Arma è scattato all’alba nella Locride, ma anche nelle province di Pavia, Udine, Terni e Catanzaro.

I 29 indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanza stupefacente, detenzione di armi e munizioni, danneggiamento, estorsione pluriaggravata, traffico e spaccio di banconote false. Le indagini hanno fotografato l’ascesa criminale delle nuove generazioni di ‘ndranghetisti, impegnati in danneggiamenti, minacce ed estorsioni. L’obiettivo è sempre lo stesso: assicurarsi il controllo del territorio (grazie anche alla disponibilità di un numero indeterminato di armi) e scalare le gerarchie interne del sodalizio la cui entrata principale e più remunerativa è il traffico di cocaina e marijuana.

Per i pm gli arrestati non avevano scrupoli. Non solo si avvalevano della collaborazione di soggetti minorenni, affascinati dalle figure che rappresentano la cosca, ma hanno ceduto droga anche ragazzi che ancora non hanno compiuto 18 anni. Un aspetto inquietante emerso nell’inchiesta è che alcuni cittadini di Locri si sarebbero rivolti alla cosca Cordì, e non alle istituzioni, per ottenere “giustizia privata”. In sostanza, gli indagati avrebbero svolto degli interventi in favore di presunte vittime di reato o di altre ingiustizie, rilevate nei territori controllati dalla cosca. Facendolo si sono di fatto sostituiti alle forze dell’ordine e alla magistratura. In alcuni casi, il cittadino piuttosto che denunciare i fatti di cui è vittima alle competenti autorità, si è rivolto agli esponenti del clan per ottenere una giustizia privata, ritenuta più immediata. Così facendo, per gli inquirenti, non si è reso conto “di rimanere coinvolto in dinamiche criminale da cui sarà poi difficile affrancarsi”.

L’inchiesta è il seguito dell’operazione “Riscatto” che, nell’agosto 2019, aveva portato a diversi arresti per mafia. Dopo quelle misure cautelari, alcuni imprenditori locali hanno avuto il coraggio di denunciare le estorsioni subite offrendo uno spunto investigativo che oggi si è concluso con gli arresti delle nuove leve dei Cordì. Queste, stando alle indagini, costringevano le vittime a vivere in un perdurante stato di oppressione, timore e ansia che si ripercuoteva inevitabilmente su tutto il nucleo familiare. Un atteggiamento che ha consentito agli indagati di mantenere attiva la propria rete di controllo su diversi settori economici e sociali della città di Locri.