L'associazione ambientalista intenzionata a presentare una richiesta formale alla Commissione Ue di revisione interna e in caso di esito negativo porterà la causa alla Corte di Giustizia europea. Francesca Bellisai, analista delle Politiche Europee del think tank: "Mettere sullo stesso piano gas e nucleare con le energie rinnovabili mina la capacità di raggiungere obiettivi sulla neutralità climatica"
Tempo di calcoli, tempo di reazioni forti. Ed è quello che ha scatenato il voto di Strasburgo, con cui il Parlamento europeo non ha posto il suo veto all’atto delegato sulla tassonomia verde che include gas e nucleare tra le tecnologie sostenibili. Così, mentre Greenpeace annuncia un’azione legale contro la Commissione Ue, nel caso non accetti di rivedere l’atto delegato, il think tank Ecco avverte: “Molti investitori che scelgono di investire in un pacchetto ‘verde’ potrebbero avere i loro risparmi investiti in queste tecnologie anche a loro insaputa”, ma “il nostro paese trarrà poco beneficio da questa nuova norma europea”. E Legambiente chiede al governo italiano di sostenere il ricorso alla Corte di Giustizia annunciato da Austria e Lussemburgo contro la proposta della Commissione.
L’analisi del think tank Ecco – “Oggi abbiamo perso un’occasione chiave. Una tassonomia senza gas e nucleare – spiega Davide Panzeri, responsabile del Programma Europa del think tank Ecco – avrebbe accelerato l’abbattimento delle emissioni climalteranti e favorito la competitività del nostro comparto industriale, composto in buona parte da piccole e medie imprese”. La tassonomia, cioè la classificazione delle attività su cui è possibile investire per non creare danno significativo all’ambiente, rimane in vigore ed etichetta gas e nucleare come attività sostenibili. Il rischio, in pratica, è che i fondi privati, fondamentali per favorire la transizione verde, “ora vengano fagocitati da grandi gruppi industriali per sostenere il piano di rilancio del nucleare di Macron e lo sviluppo dell’infrastruttura del gas tedesca”. Quali sono le conseguenze per l’Italia? Secondo il think tank Ecco saranno pochi i benefici per l’Italia sia perché le centrali a gas previste sono principalmente autorizzate come conversione di centrali a carbone, sia perché nell’atto delegato non è compreso il GNL, né nuove infrastrutture a gas. “Considerando l’alta volatilità dei prezzi dei combustibili fossili e le conseguenze della guerra in Ucraina – commenta Ecco – prioritizzare le rinnovabili e l’efficienza energetica rispetto al gas a livello europeo, avrebbe consegnato più disponibilità di capitali e capacità di ridurre i costi e i rischi della dipendenza fossile alle piccole e medie imprese italiane”. Quali sono le conseguenze per l’Europa? “La prima conseguenza di questo voto, al di là delle motivazioni tecniche o di interesse nazionale, è la legittimazione a livello europeo del gas come sostenibile a livello di principio”. Francesca Bellisai, analista delle Politiche Europee del think tank ricorda che “il Green Deal europeo ha l’obiettivo di abbattere del 55% le emissioni nette al 2030 e raggiungere la neutralità climatica al 2050. Una tassonomia – spiega – che mette sullo stesso piano gas e nucleare con le energie rinnovabili mina la capacità di raggiungere questi obiettivi”.
Le contromosse – Il fatto che questa inclusione non sia in linea con le raccomandazioni scientifiche e che il processo usato dalla Commissione europea per introdurre l’atto delegato sia stato poco trasparente e inclusivo, potrebbe spingere alcuni Paesi membri o società civile, come sta considerando Client Earth, ad avviare un’azione legale contro la Commissione europea. In questo caso le cause legali potrebbero andare avanti per diverso tempo con la possibilità che questo provvedimento venga ritirato successivamente. Di fatto, in risposta al voto del Parlamento Ue, Ariadna Rodrigo, della campagna Finanza sostenibile di Greenpeace UE, ha annunciato che l’ong continuerà a opporsi in tribunale. Greenpeace presenterà alla Commissione europea una richiesta formale di revisione interna. In caso di esito negativo, porterà la causa alla Corte di Giustizia europea. Anche Legambiente prende posizione. “La partita non è ancora terminata. I governi di Austria e Lussemburgo – spiega Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente – hanno già annunciato la loro volontà di ricorrere contro la proposta della Commissione alla Corte di Giustizia con buone possibilità di successo secondo diversi esperti giuridici del Consiglio e del Parlamento”. Legambiente chiede al governo italiano di sostenere il ricorso di Austria e Lussemburgo.
Quel parere inascoltato – E ricorda come la proposta sia stata adottata nonostante il parere fortemente contrario della Piattaforma sulla Finanza Sostenibile (PFS), ossia del gruppo di esperti indipendenti nominati dalla stessa Commissione per il supporto scientifico necessario alla redazione questo atto delegato complementare per l’attuazione del regolamento sulla tassonomia. La PFS, nelle sue raccomandazioni, ha evidenziato che il nucleare va escluso in quanto non rispetta i criteri (previsti dall’articolo 17 del regolamento sulla tassonomia) relativi al principio sul non arrecare danni significativi all’ambiente, in particolare per quanto riguarda la gestione e lo smaltimento delle scorie radioattive. “L’esclusione del gas fossile, invece, è motivata – ricorda Legambiente – dal fatto che gli impianti a gas per poter fornire un contributo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici, come richiesto dal regolamento, devono emettere meno di 100 grammi CO2e/kWh, mentre gli impianti più efficienti a disposizione emettono non meno di 316 gr CO2e/kWh. In linea con il parere scientifico del PFS, anche l’Institutional Investors Group on Climate Change (IIGCC), oltre 370 tra i maggiori investitori internazionali con un portafoglio di 50mila miliardi di euro, chiede di escludere il gas fossile dal regolamento sulla tassonomia, in quanto “si indirizzerebbero capitali verso attività non compatibili con l’impegno UE verso la neutralità climatica entro il 2050”.