Solo due giorni fa Mario Draghi, in conferenza stampa ad Ankara, aveva detto di sperare che Mosca potesse dire sì al piano per lo sblocco dei cereali fermi nelle città del Mar Nero. Ma sono mesi che si cerca un’intesa, con la rivendicata mediazione della Turchia di Erdogan, e nulla si muove. Anzi la Russia continua a sottrarre grano per il proprio consumo e per esportarlo illegalmente. E nella notte tra mercoledì e giovedì, secondo il comando operativo Sud dell’Esercito ucraino, missili da crociera russi hanno colpito e distrutto hangar agricoli con tonnellate di cereale nella regione di Odessa. Nelle prime ore del mattino, aerei della Federazione hanno attaccato l’isola dei Serpenti, liberata dalle forze ucraine nei giorni scorsi: “L’isola è stata centrata da due missili lanciati dall’aria. Il molo è stato danneggiato in modo significativo”, afferma Kiev.

Giovedì la comunità locale di Pology su Telegram aveva denunciato che “l’esercito russo sgancia bombe al fosforo sui campi di grano lungo la linea di confine con la regione di Zaporizhzhia” e prima ancora “i militari russi avevano colpito le aree residenziali e poi hanno bruciato interi campi di grano” alla vigilia del raccolto. Kiev vede comunque il bicchiere mezzo pieno: Taras Vysotskyi, primo vice ministro ucraino delle Politiche agricole, ha fatto sapere che si prevede nel 2022 un raccolto di 50 milioni di tonnellate, al di sotto degli 85 milioni di tonnellate dell’anno scorso ma più di quanto si pensava. “Il consumo interno è inferiore a 20 milioni di tonnellate, il che significa che almeno 30 milioni di tonnellate dovranno essere esportate”. La vicina Bielorussia comunque ha reintrodotto per tre mesi il divieto di esportazione di farina di frumento e grano saraceno dal Paese per sostenere la domanda interna.

Secondo un rapporto del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, a causa dell’impennata dei prezzi del cibo e dell’energia nelle settimane successive all’invasione russa dell’Ucraina circa 71 milioni di persone sono state spinte verso condizioni di povertà. L’Undp stima che 51,6 milioni di persone in più siano cadute in povertà nei primi tre mesi dopo la guerra, vivendo con 1,90 dollari al giorno o meno. Ciò ha spinto il numero totale a livello globale a questa soglia al 9% della popolazione mondiale. Altri 20 milioni di persone sono scivolate alla soglia di povertà di 3,20 dollari al giorno.

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