Sento rabbia. Lo so, è brutto. La rabbia è degli impotenti, è inutile. Allora provo a mettere in fila i pensieri per capire che fare.

La firma digitale dei referendum sta per essere abolita.

Lo ha annunciato il ministro “dell’innovazione tecnologica e della transizione digitale” (!!!) Vittorio Colao, grande manager prestato alla politica per portare nelle istituzioni la mentalità smart del capitalismo del futuro. E invece, le parole pronunciate in Parlamento sono quelle della piccola e polverosa burocrazia:

“Il dettato normativo garantisce solo la digitalizzazione della raccolta della firme, che è il segmento iniziale del processo di promozione dell’iniziativa, ma non consente una completa digitalizzazione, estesa per esempio all’autenticazione delle firme o alla raccolta dei certificati elettorali, che sono disciplinati ancora in maniera analogica.”

Tradotto in italiano:

La piattaforma sarà del tutto inutile, perché le firme non avranno più alcun valore, non essendo né “autenticate” né “certificate”.

La questione non è semplice naturalmente.

Chi legge potrebbe anche pensare che il ministro abbia le sue buone ragioni, che ci siano insormontabili ostacoli tecnici. Però questa volta la cortina di fumo certamente alzata da un plotone di funzionari ministeriali non riesce ad eliminare un fatto fin troppo evidente, almeno per chi voglia guardare: c’è il precedente. Anzi, ce n’è quasi un milione.

Cittadine e cittadini italiani hanno già firmato per via telematica dei referendum. Lo hanno fatto 999.860 persone. La loro firma è stata già considerata legalmente valida e quei referendum legalmente depositati, prima che una sentenza eversiva della Corte Costituzionale impedisse il voto.

Per cercare di capire cosa sia successo, bisogna tornare proprio alla Corte Costituzionale.

Il Presidente Giuliano Amato, nella conferenza stampa del 16 febbraio, con la quale ha spiegato perché la “sua” Corte ha conculcato il diritto al referendum, si è anche abbandonato a considerazioni politiche contro la firma digitale:

“Tutti consideriamo che ciò che è elettronico arricchisce la democrazia, però non è detto perché la firma elettronica porta a decidere senza dialogo, su ciò che ciascuno già sa. Sui suoi giudizi ma anche sui suoi pregiudizi.”

Già, i pregiudizi. Chi non conosce Giuliano Amato avrà scambiato queste considerazioni per innocua incontinenza verbale senile da parte di un uomo d’altri tempi. Invece il tempo del potere di oggi è suo più di chiunque altro. Serviva un potere scaltro e velenoso per impedire i referendum e per cancellare la firma digitale.

Nessuno meglio di Amato sarebbe riuscito ad adempiere alla bisogna.

Credo di poter dire che Vittorio Colao sia personalmente più convinto di me dell’importanza della firma digitale.

Sembrava determinato e anche contento di poter lasciare almeno questo segno di innovazione. Ora invece a chi gli parla della questione evoca la necessità di alzare la soglia di firme necessarie per presentare un referendum, sapendo benissimo che per fare quello bisogna cambiare la Costituzione. Campa cavallo che l’astensionismo cresce, verrebbe da dire.

Da notare infine come la notizia della cancellazione di un diritto ormai entrato nel vissuto di tante persone sia stata finora quasi del tutto censurata dai media. Naturalmente non si tratta della “censura” delle dittature, applicata con precisa volontà e strategia.

In Italia siamo a un istinto del quieto vivere, un conformismo pavloviano nel considerare irrilevante tutto ciò che non è funzionale alle risse del potere e del sottopotere.

Il veleno del complottismo ha portato una conseguenza sottovalutata e devastante: a furia di sentire gridare al complotto su tutto, l’opinione pubblica è stata anestetizzata e resa incapace di distinguere fantasie complottiste da realtà antidemocratiche. I referendum popolari su eutanasia e cannabis sono stati cancellati contro la Costituzione.

La firma digitale sta per essere cancellata contro il buonsenso.

Ma la gente – specie se è gente bene informata, perbene e progressista – è ormai convinta che sia tutto garantito dalla competenza, e che dietro ogni dissenso si nasconda il disfattismo dei nemici della patria.

Si prepara la stagione nella quale ci si vorrà far credere che il nostro futuro dipende da quanti seggi conquisterà in più o in meno questo o quel partito. Nel frattempo, si è già fatto di tutto per impedire che un pezzettino di nostro futuro dipenda innanzitutto da noi stessi.

P.S. Chi si vuole ribellare, può iniziare firmando QUI

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