La denuncia dell'associazione Coscioni e di Marco Cappato dopo l'annuncio del ministro Colao. Il rischio è che, dopo la svolta di un anno fa e le raccolte di grande successo dei mesi scorsi, le sottoscrizioni digitali diventino "inutili"
“Il governo Draghi vuole azzerare la riforma storica sulla firma digitale che abbiamo conquistato grazie ai referendum Eutanasia e Cannabis”. La denuncia è di Marco Cappato e dell’Associazione Luca Coscioni che da mesi si battono perché le raccolte delle sottoscrizioni possano essere fatte online. E che, dopo il passo indietro del ministro dell’Innovazione Vittorio Colao, chiedono all’esecutivo di ripensarci: “Se non fermiamo subito questo colpo di mano, tra poco non sarà più possibile firmare i referendum con SPID, come già 999.860 cittadini avevano fatto nella scorsa estate”, scrivono nell’appello che accompagna la petizione online (firma qui). Chiediamo al governo di bloccare immediatamente la cancellazione della firma digitale per i referendum, e di attivare al più presto la piattaforma digitale gratuita per la presentazione e la sottoscrizione di iniziative popolari e di democrazia diretta”.
La svolta era arrivata proprio un anno fa: il Parlamento, andando contro il parere del governo, aveva approvato un emendamento che ha permesso l’utilizzo della firma digitale per la raccolta delle firme. Una decisione definita da i promotori “rivoluzionaria”. Il 5 luglio scorso però, il ministro, rispondendo a un’interrogazione di Riccardo Magi (+Europa) in Parlamento, ha annunciato il passo indietro: “Rispetto all’iter programmato sono sopraggiunte due novità”, ha dichiarato, “il parere del Garante della privacy, e poi anche il ministero di Giustizia ha reso alcune osservazioni tecniche. Io vorrei essere chiaro il dettato normativo garantisce solo la digitalizzazione della raccolta della firme, che è il segmento iniziale del processo di promozione dell’iniziativa, ma non consente una completa digitalizzazione, estesa per esempio all’autenticazione delle firme o alla raccolta dei certificati elettorali, che sono disciplinati ancora in maniera analogica”. Ovvero “l’abbinamento con i certificati elettorali” non sarà automatico.
Il parere del Garante della privacy risale ad aprile scorso. L’autorità parlò di “profili critici emersi dall’esame di un provvedimento che incide su istituti di democrazia diretta costituzionalmente garantiti, quali appunto i referendum”. Secondo il Garante “il testo non prevede adeguate tutele per il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini” e “il rischio rilevato è che “il trattamento dei dati dei sottoscrittori competa […] al gestore della piattaforma” al quale è demandato l’intero sviluppo dell’infrastruttura, secondo regole che lui stesso redigerà”. Ma quello che chiedeva l’autorità era una “revisione del testo”, non la cancellazione del provvedimento.
Stando a quanto annunciato da Colao invece, come annunciato dall’Associazione Coscioni, “le firme digitali perderanno ogni valore”. E per questo l’associazione ha lanciato una mobilitazione: oltre all’appello online, ci sarà un presidio quotidiano davanti al ministero e lo sciopero della fame degli attivisti a partire dalla prossima settimana. Secondo l’associazione, “le parole del ministro smentiscono sue precedenti dichiarazioni sulle funzioni della piattaforma, oltre a tradire la stessa legge in materia, secondo cui le firme digitali non sono soggette ad autenticazione per via analogica (art 344 legge n. 178 del 30/12/2020)”. Ma non solo: “Con l’entrata in funzione della piattaforma pubblica, inoltre, non sarà più possibile firmare con SPID i referendum neppure su piattaforme private, come invece avvenuto la scorsa estate con costi a carico dei comitati promotori: si va in sostanza a privare i cittadini di un loro diritto, conquistato appena un anno fa”.
Per Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, “non c’è giustificazione possibile di fronte alla cancellazione della firma digitale sui referendum”. E questo perché, ha dichiarato, “esiste un precedente che spazza via ogni pretesto. Ben 999.860 cittadine e cittadini italiani hanno già firmato per via telematica dei referendum. La loro firma è stata già considerata legalmente valida, e quei referendum legalmente depositati, prima della sentenza eversiva con la quale la Corte costituzionale ha impedito il voto su eutanasia e cannabis”. Ma non solo: “Come se non bastasse, cancellare la firma digitale ci farebbe violare anche la legalità internazionale, dopo che l’Onu ha condannato l’Italia per gli ostacoli irragionevoli alla raccolta delle firme sui referendum, nella decisione Staderini/De Lucia VS Italy. Non consentiremo al Governo di andare avanti in questo progetto di fatto eversivo della Costituzione e del diritto internazionale, e siamo pronti a denunciarlo in ogni sede”.