Eccentrica, visionaria, appassionata, indipendente, ribelle. Musa di Salvador Dalì, fotografata da Man Ray e dipinta da Picasso, amica di Marcel Duchamp e Paul Poiret; è stata l’acerrima nemica di Coco Chanel, che arrivò a dar fuoco al suo abito durante un ballo in costume nel 1939. Di chi stiamo parlando? Ma di Elsa Schiaparelli, naturalmente! La stilista italiana naturalizzata in Francia che ha fatto della moda una forma d’arte, opponendo al rigore asciutto dei tailleur neri di Madamoiselle Coco, il suo rosa “Shocking” e provocazioni come il celeberrimo “Abito aragosta”. La casa di moda che porta il suo cognome, da lei fondata nel 1927, è ora proprietà dell’imprenditore italiano fondatore di Tod’s, Diego Della Valle, che nel 2019 ha affidato la direzione creativa al texano Daniel Rosberry, che ne ha raccolto l’eredità portando a compimento in questi anni il processo di interiorizzazione dell’estetica della fondatrice. Un percorso che ora viene celebrato nell’attesissima mostra “Shocking! The Surreal World of Elsa Schiaparelli”, che ha aperto i battenti il 6 luglio 2022 al Museo di Arti Decorative di Parigi diretto Olivier Gabet, la prima monografica dedicata alla couturier italiana naturalizzata francese dalla sua morte, nel 1954. Un dialogo tra arte e moda ma non solo; il fascino dell’antichità, della natura e della musica italiana si aggiungo al fil rouge che unisce tutti gli elementi che hanno caratterizzato le opere e la vita di questa donna d’avanguardia: ci sono i celebri accessori audaci e provocatori come la “Scarpa col cappello” o il profumo “Shocking”, accostati a dipinti, sculture, ceramiche, poster e fotografie realizzati da leggendari artisti suoi cari amici.
L’idea era nell’aria già dal lontano 2006, quando la Maison Schiaparelli entrò nel portafoglio di Della Valle, ma è arrivata a compimento solo ora, dopo oltre quattro intensi anni di lavoro di ricerca, analisi e valorizzazione dell’archivio della casa di moda, diviso tra il MdA di Parigi, appunto, il Met di New York e il brand; ma composto anche di svariati pezzi sparsi per il mondo tra i collezionisti privati. La sintesi è stata fatta con appassionata dedizione e amorevole partecipazione, dalla curatrice Marie-Sophie Carron de la Carrière, che ci ha accompagnato in una visita esclusiva alla mostra, raccontandoci aneddoti e dettagli legati ad ogni pezzo lì esposto. L‘esperienza è assolutamente immersiva, sin dalla salita dello scalone che conduce agli spazi espositivi: una volta aperta la porta rosa shocking, ecco che ci si trova a camminare tra i bozzetti delle creazioni di Elsa Schiaparelli, nell’allestimento ideato da Nathalie Crinière. A catturare subito lo sguardo, c’è la maestosa cappa di lana rosa, con il volto di Medusa ricamato sulle spalle: “La cotourier era molto affascinata dall’iconografia della mitologia antica e, in particolare da Medusa, questa donna capace di pietrificare con uno sguardo”, ci spiega Marie-Sophie Carron de la Carrière. “E non a caso ha posto la sua effige sulla schiena della cappa, come a simboleggiare che il suo potere magico avrebbe “guardato le spalle” di chi l’avesse indossata. D’altra parte Elsa Schiaparelli era l’erede di una famiglia di studiosi e intellettuali, è nata e cresciuta a Roma, a Palazzo Corsini, e amava trascorrere le ore a leggere nella grande biblioteca di famiglia”, sottolinea la curatrice.
C’è poi una selezione dei suoi bozzetti: il Museo di Arti Decorative ne possiede circa 6mila, un patrimonio immenso di storia della moda che conferma la portata di questa cotourier. “Da questi disegni emerge chiaramente la sua visionarietà: non solo ci sono abiti che ancora oggi, quasi un secolo dopo, dopo attualissimi – prosegue la dottoressa Carron de la Carrière -; ma vi troviamo rimandi e spunti che poi sono stati colti in tutti questi anni da diversi altri stilisti”. L’esibizione racconta proprio anche la potente influenza che il suo lavoro e la sua eredità hanno avuto su diverse generazioni di couturier e designer: Yves Saint Laurent e alla sua giacca con ricami d’oro, Azzedine Alaïa, John Galliano con gli abiti in tessuto a stampa con i titoli dei giornali accanto al prototipo ideato da Elsa; e, ancora, Christian Lacroix, solo per citare i principali che le hanno reso omaggio con le loro creazioni. Nel percorso espositivo tutto questo emerge chiaramente, con l’accostamento tra le creazioni di ieri e di oggi che mette in risalto l’atemporalità delle idee di Schiaparelli. Concepita e realizzata come un’esplorazione a cavallo tra passato e presente, la mostra presenta infatti gli anni d’oro di una stilista visionaria, da scoprire nell’ampio contesto delle sue relazioni con i principali artisti dell’epoca, fonte di altissima ispirazione: grazie infatti alla collaborazione delle gallerie di moda Christine & Stephen A. Schwarzman, l’universo di Elsa Schiaparelli viene ricreato a 360 gradi, con un suggestivo focus culturale che comprende opere d’arte, fotografie, illustrazioni, gioielli, che mettono in luce la molteplicità di influenze che ha avuto la sua moda tra gli anni Venti e Quaranta.
Per Elsa l’intellettuale, Elsa la femminista, la moda è anche uno strumento di emancipazione, prima di tutto per se stessa e, di conseguenza, per le altre donne. Nel ridefinire il guardaroba della donna moderna, Elsa traeva ispirazione da una costellazione di talenti e amici d’avanguardia: cruciale, in tal senso, il suo sodalizio con i surrealisti, tra cui Man Ray, Jean Cocteau, Salvador Dalí e Meret Oppenheim: “Abbiamo deciso di affiancare opere d’arte e sue creazioni per mostrare al pubblico il collegamento diretto che vi è nel lavoro di Schiaparelli tra moda e arte, rendendo palese l’influenza reciproca che esercitavano tra loro la stilista i surrealisti”, ci dice ancora la curatrice della mostra. “Ma non solo, Elsa ha collaborato anche con Alberto Giacometti e Jean Schlumberger, che hanno contribuito a definire la sua estetica nel periodo della sua maturità creativa. Tutto questo si vede sopratutto nei bottoni (piccole opere d’arte, sempre uno diverso dall’altro) e nei ricami preziosissimi, dettagli che hanno fatto la differenza nei suoi capi e della definizione della sua estetica”. Le sue invenzioni si sprecano, tra cui il trompe l’oeil (iconici i suoi guanti con le unghie smaltate di rosso), i fiocchi, la stampa effetto tatuaggio, le spalline imbottite: per questo la competizione con Coco Chanel era serrata e Madamoiselle non la vedeva di buon occhio. Il loro stile è sempre stato agli antipodi.
Infine, le ultime sale sono dedicate all’evoluzione del patrimonio della Maison realizzato da Daniel Roseberry, con un un fil rouge che riecheggia in tutte le collezioni: nello scorrere delle sale, si vede chiaramente come la Maison mantenga e incarni oggi la sua eredità con perfetta coerenza. Le interpretazioni dei codici emblematici – il lucchetto, il metro, il rosa shocking, i gioielli surreali – sono proposte come modelli contemporanei audaci e desiderabili, che invitano le donne a rivelare la loro personalità e dunque a diventare la persona che desiderano essere. Anche qui, ci sono una serie di abiti-simbolo: c’è il vestito di Lady Gaga alla cerimonia di insediamento del Presidente Joe Biden, quello indossato da Beyoncé per la 63esima edizione dei Grammy Awards e, ancora, quello di Bella Hadid per il Festival di Cannes. Roseberry ha creato una nuova generazione di muse Schiaparelli, che non solo plasmano la cultura, ma ne stimolano anche la conversazione sui suoi punti di reale cambiamento. Il suo lavoro emerge come un’interpretazione e una metamorfosi delle loro visioni, che si uniscono tra loro – nella mostra e non solo – per scrivere il futuro di una Maison che allora come oggi, è stata incomparabilmente sconvolgente per il suo tempo.
Credits foto: Christophe Delliere + Dominique Maitre