Biden, parlando con i giornalisti, ha detto di non avere il potere di costringere gli Stati americani ad applicare il diritto all’aborto e per questo sta valutando la possibilità di dichiarare un’emergenza sanitaria. Ma per la Casa Bianca non sembra "un’ottima opzione"
“Continuate a protestare. Continuate a tenere il punto. È di cruciale importanza”. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden sostiene le manifestanti e le invita a portare avanti le proteste per il diritto all’aborto. Dopo la decisione della Corte Suprema che ha annulla la sentenza Roe v. Wade del 1973, infatti, migliaia di persone sono scese in piazza: l’ultima protesta è stata il sit-in di sabato fuori dalla Casa Bianca.
Biden, parlando con i giornalisti durante una sosta nel corso di un giro in bicicletta vicino alla sua casa di famiglia sulla spiaggia in Delaware, ha detto di non avere il potere di costringere gli Stati americani che hanno rigide restrizioni o divieti ad applicare l’aborto e per questo ha riferito che sta valutando la possibilità di dichiarare un’emergenza sanitaria pubblica per liberare risorse federali per promuovere l’accesso all’aborto. Il presidente Usa ha ribadito che solo il Congresso può muoversi per garantire il diritto all’aborto su scala nazionale. Per questo serve votare più parlamentari che supportano l’accesso all’aborto.
In merito alla dichiarazione dell’emergenza sanitaria, i funzionari della Casa Bianca ne hanno messo in dubbio sia la legalità che l’efficacia e hanno notato che quasi certamente dovrà affrontare sfide legali. Venerdì Jen Klein, il direttore del Consiglio per la politica di genere della Casa Bianca, aveva dichiarato che “non sembra un’ottima opzione”. “Quando abbiamo esaminato l’ipotesi dell’emergenza sanitaria pubblica – ha detto – abbiamo imparato un paio di cose: una è che non libera molte risorse”, ha detto ai giornalisti. Sempre l’otto luglio, il presidente Joe Biden aveva firmato un ordine esecutivo per proteggere l’accesso all’interruzione di gravidanza e alla contraccezione di emergenza. Un tentativo di tamponare le conseguenze del pronunciamento della Corte anche se era stato lo stesso presidente, in occasione della firma, a chiarire che “la via più rapida” per restituire alle donne il diritto perso è “l’approvazione al Congresso di una legge” in materia.